Onore al rabbino Deutsch

Otto Deutsch era rabbino della Comunità ebraica di Susak (cittadina jugoslava limitrofa a Fiume) nell’aprile 1941, ossia al momento dell’invasione e della successiva annessione italiana. Nato nel 1911 in Croazia, coniugato e padre di un figlio nato nel 1934, Deutsch morì il 25 novembre 1943 nella cittadina campana di Nocera Inferiore, ove era stato trasferito dalla località calabrese di Ferramonti di Tarsia. Che itinerario strano! Già; dapprima, nel settembre 1941, Deutsch era stato assoggettato all’internamento nel campo di Ferramonti per motivi persecutori; successivamente, all’inizio di agosto 1943, era stato trasferito da lì al manicomio di Nocera per motivi sanitari. Quest’ultimo trasferimento, avvenuto subito dopo lo sbarco nella vicina Sicilia degli Alleati liberatori e durante i primi “quarantacinque giorni” dell’incerto governo Badoglio, risulta motivato dal fatto che il rabbino aveva avuto due non meglio precisate “crisi maniacali” ed era stato giudicato “pericoloso per sé e per gli altri”. Fu, quest’ultimo trasferimento, persecutorio o comunque punitivo? Nessun elemento lo attesta o lo suggerisce. Senza qui entrare nel merito della diagnosi (che potrebbe essere stata erronea, allarmistica, o tardiva) e dei metodi di cura di tali “crisi”, e senza quindi volere negare a priori qualsiasi collegamento tra il ricovero in manicomio e la sua morte, resta il fatto che non si può assolutamente affermare che l’uno fosse in qualsiasi modo “finalizzato” all’altra. Quindi, il rabbino Otto Deutsch non fu una vittima della Shoah? Beh, potrebbe anche esserlo stato. Come “potrebbe”? Eh, dipende da ciò che riusciremo ad accertare intorno agli eventuali legami tra le sue “crisi” e il suo primo trasferimento, quello a Ferramonti.

Già; perché vi fu trasferito? Il suo internamento fu proposto il 13 agosto 1941 dal commissario capo di Pubblica Sicurezza di Susak al questore di Fiume con la seguente motivazione: “l’ebreo in oggetto è un noto anglofilo, di accesi sentimenti antitaliani e antifascisti”. Quattro giorni dopo il prefetto di Fiume trasmise la proposta agli uffici romani del Ministero dell’Interno. Il 28 agosto il prefetto informò ulteriormente quest’ultimo di avere (il 23) arrestato il rabbino: “egli da qualche tempo aveva richiamato l’attenzione dei nostri servizi per l’attività svolta nei confronti di ebrei provenienti dalla Croazia agevolandoli con qualsiasi mezzo per eludere la vigilanza ed i provvedimenti dell’Autorità”. Il richiamo a “da qualche tempo” segnala la connessione tra le due affermazioni: rav Deutsch era anglofilo, antitaliano e antifascista perché “agevolava” gli ebrei suoi concittadini a “eludere” la “vigilanza” e i “provvedimenti” del Ministero dell’Interno. Ma cosa diavolo faceva il rabbino? Mercato nero? Speculazione sulla lira? Falso in bilancio? Un primo elemento di chiarezza è contenuto in una istanza indirizzata il 1º settembre 1941 dal rabbino prigioniero al Ministero dell’Interno:

Come delegato della Delegazione assistenza emigranti [Delasem], Genova piazza Vittoria 14, a Sussak via Vittorio Veneto 3, avevo presa la cura dei profughi di razza e religione ebrea a Sussak provenienti da Croazia. Questa mia funzione fu assolutamente di carattere caritativo. Bisogna accentuare e sottolineare che io sono rabbino.

Cura e carità qui significano assistenza, assistenza nei confronti di ebrei croati profughi a Susak che avrebbero dovuto invece essere vigilati e assoggettati a provvedimenti. Cosa stava accadendo? Stava accadendo che, annientata la Jugoslavia, gli ebrei trovatisi sotto gli ustascia antisemiti e assassini avevano iniziato a fuggire in tutte le direzioni, comprese Fiume e Susak. Qui essi o venivano fermati dalla polizia italiana e respinti (sic) in Croazia, o riuscivano a inoltrarsi clandestinamente in Italia, o rimanevano nascosti nella zona. Questi ultimi si mettevano spesso in contatto con le Comunità ebraiche di Susak e di Fiume, che prestavano loro sostegno e aiuto. Ebbene, come ha ricostruito Klaus Voigt, in agosto la questura “riuscì a intercettare e a interrogare una delle persone incaricate di portare i soldi per i sussidi. La polizia arrestò quindi il rabbino di Sussak. […] Di conseguenza l’attività assistenziale dovette essere interrotta”. Insomma, Otto Deutsch non era classificato antitaliano in quanto jugoslavo e/o filoinglese; era classificato antitaliano perché aiutava i suoi fratelli a sfuggire agli ustascia, alleati dei fascisti, e perché contribuiva ad accrescere il numero degli ebrei presenti in Italia. E la “vigilanza” e i “provvedimenti” che egli aiutava a “eludere” erano nient’altro che gli arresti e i conseguenti respingimenti voluti e attuati dalla Prefettura e dalla Polizia di Stato dell’Italia di allora. Per questo venne arrestato. Per questo venne internato a Ferramonti.

Ho capito; ma mi pare che tutto questo riguardi la morte nella Shoah degli ebrei respinti dall’Italia in Croazia, non quella di Otto Deutsch. Già; ma tutto ciò (l’interruzione della propria opera di assistenza, il respingimento degli assistiti in Croazia, l’allontanamento improvviso dalla propria famiglia e dalla propria missione, l’incarceramento, l’internamento, ecc.) potrebbe anche essere stato la causa o la concausa delle “crisi” mortali del rabbino trentaduenne. Non lo si può affermare, ma non lo si può negare. Lo si deve invece verificare; si deve riuscire a risolvere in un senso o nell’altro quel “potrebbe”.

E, già che ci siamo, si deve finalmente accertare quali furono i dirigenti della prefettura e della questura di Fiume (e del commissariato di Susak) che ebbero la responsabilità o la corresponsabilità dei respingimenti in Croazia di circa metà di quei 1.300–1.400 ebrei che erano fuggiti in Italia per salvarsi dalla Shoah lì già iniziata. Chi stabilì i “provvedimenti”? Chi “vigilò”? Quale ruolo svolsero il prefetto, il questore, i responsabili dei vari uffici? Solo recuperando la verità potremo onorare il rabbino Otto Deutsch, soccorritore stroncato, meritevole di memoria.

Fonti: fascicoli di Otto Deutsch conservati presso l’Archivio Statale di Fiume e l’Archivio Centrale dello Stato di Roma; Francesco Folino, Ebrei destinazione Calabria (1940–1943), Palermo 1988; Klaus Voigt, Il rifugio precario, vol. II, Firenze 1996.

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