L’evacuazione nel 1943 da Salonicco degli ultimi ebrei italiani e degli ebrei italiani ‘provvisori’: contesto, questioni e numeri

Nella seconda metà del XIX secolo l’influenza sociale degli ebrei italiani residenti nel vivace centro portuale di Salonicco, specie di quelli giunti negli ultimi tempi, «superava di gran lunga la loro importanza numerica».1 Tanto questo recente flusso migratorio, quanto quello sviluppatosi nei secoli precedenti, provenivano per lo più dalla comunità ebraica di Livorno e in minor misura da quelle delle città adriatiche.2 Gli ebrei italiani e di altri Paesi europei nella Macedonia ottomana godevano di uno status privilegiato (le «capitolazioni») rispetto agli ebrei locali e talora agli stessi turchi. I privilegi concernevano sia la persona, sia le attività commerciali, sia le proprietà; per quanto concerne l’Italia erano stati sanciti in trattati stipulati dall’Impero con gli Stati preunitari e poi – nel 1861 – con il Regno d’Italia.3 Pur appartenendo pienamente all’universo sefardita, quegli ebrei «costituirono nel loro insieme un elemento cosmopolita, inassimilato sia al resto della popolazione ebraica che a quello gentile, e mantennero aspirazioni di vita culturale e forme di vita sociale di un tenore nettamente occidentale».4

Alle soglie del Novecento il gruppo ebraico italiano di Salonicco, pur se comprendente anche persone di ceti bassi e medio-bassi, era caratterizzato quindi da un’ampia presenza di appartenenti all’élite cittadina: commercianti, banchieri, industriali, professionisti. Nel 1892 il console italiano riferiva che essi occupavano «nella importanza economica e nella considerazione del paese un posto cospicuo e ben meritato».5 Cinquanta anni dopo, mentre avvenivano le vicende narrate in questo studio, i suoi successori scrissero: «Quasi tutto quello che qui abbiamo è in mani di cittadini ebrei e il loro allontanamento significherebbe la perdita irrimediabile di posizioni, che sono il frutto di lunghi anni di lotta»6 e «Prima della presente guerra, la bandiera mercantile italiana aveva a Salonicco il secondo posto, subito dopo quella greca. Il traffico marittimo era in gran parte provocato dai commerci e dalle industrie degli ebrei italiani di Salonicco».7

Nel primo decennio del XX secolo gli ebrei italiani erano forse il 5 per cento della popolazione ebraica della città, ovvero tra le 3000 e le 3500 persone; per due terzi «vecchi» residenti e per un terzo arrivati più recentemente.8 Nel trentennio seguente il loro numero diminuì considerevolmente, per via di emigrazioni e rinunce alla cittadinanza italiana, stimolate o determinate da eventi riguardanti il loro specifico gruppo o l’insieme degli ebrei di Salonicco: dalla guerra italo-turca del 1911-1912, durante la quale si trovarono a essere cittadini del paese nemico,9 al vasto incendio del quartiere ebraico nel 1917, ai riflessi economici e di spostamenti di popolazione generati dal lungo scontro greco-turco nell’intera area Salonicco-Costantinopoli-Smirne, alla politica statale di ‘grecizzazione’ della città, al crescere dell’antisemitismo, alla guerra italo-greca del 1940-1941, che rinnovò la loro condizione di ‘nemici’ (in occasione di quest’ultima, gli ebrei di cittadinanza greca parteciparono ampiamente alla mobilitazione nazionale militare e civile contro l’aggressore fascista).

Il conflitto si concluse nell’aprile 1941 con l’intervento armato del Terzo Reich, che determinò la sconfitta della Grecia e la sua divisione in tre zone di occupazione: italiana (con Atene), bulgara, tedesca (con Salonicco). La persecuzione antisemita nazista e il suo differenziale con quella fascista determinarono il trasferimento e poi l’evacuazione completa nel luglio 1943 degli ebrei italiani ad Atene. Nel maggio 1942, quando il flusso volontario probabilmente non aveva ancora assunto consistenza, secondo il segretario cittadino del Partito nazionale fascista la «collettività italiana» di Salonicco era composta da 276 «israeliti», 435 «ariani» e 532 albanesi; i primi due gruppi erano divisi in parti pressoché uguali tra «abbienti» e «sussidiati».10 A quella data quindi la florida colonia israelitica italiana di inizio secolo aveva perduto il novanta per cento della sua consistenza sotto i colpi dei processi e delle crisi del primo Novecento.


Il consolato italiano di Salonicco osservava con attenzione tutto ciò che concerneva la comunità ebraica. Nell’aprile 1937, quattro anni dopo l’ascesa al potere di Hitler e un anno prima dell’avvio della legislazione antisemita italiana, il console Michelangelo Zimolo commentava: «E` naturale che abbiano una profonda avversione per la Germania attuale in quanto essa ha realizzato una politica di compressione e di eliminazione verso gli ebrei. Ed è quindi naturale la loro simpatia verso il Fascismo italiano sapendo essi che gli israeliti in Italia non sono oggetto della ostilità della quale sono oggetto gli ebrei in Germania. [...] Per quanto riguarda l’Italia ed il Fascismo, la Comunità Israelitica di Salonicco non ci è ostile, anzi negli elementi di maggior cultura, non manca una certa simpatia».11

Il processo di introduzione dell’antisemitismo di Stato in Italia produsse effetti anche nelle collettività di emigrati e tra i rappresentanti diplomatici. Nel marzo 1938 Zimolo riferì a Roma che un «gruppetto» della «parte cattolica» della colonia «pretenderebbe qui un console apertamente antisemita e che allontanasse gli israeliti da ogni carica finora ricoperta», mentre «sono indubbiamente gli israeliti i maggiori sostenitori delle nostre opere assistenziali». E aggiunse: «Chi conosce il mio passato sa che in Italia io ho svolto un’attività in perfetto accordo con quanto, sul problema dei semiti, scrive la più accesa stampa antisemita del nostro Paese»; ma riteneva dannoso «in una colonia come questa, ove le due religioni numericamente si equivalgono, l’applicazione rigida dei sistemi che sarebbero consigliati dalle proprie convinzioni».12 Era una posizione di pieno allineamento alla politica fascista, ma attenta alla difesa degli interessi concreti del Paese. Riguardo alla non «applicazione rigida», si può ricordare che il governo fascista non estese automaticamente alle scuole fuori d’Italia il regio decreto legge del settembre 1938 che espelleva gli studenti «di razza ebraica» (nell’anno scolastico 1937-1938, gli ebrei iscritti alle scuole medie governative e sussidiate all’estero erano 854, con una punta massima di 166 a Salonicco).13

L’esercito del Terzo Reich entrò a Salonicco il 9 aprile 1941. Le autorità naziste vi avviarono subito una politica antisemita, similmente a quanto fatto nella vicina Serbia, occupata negli stessi giorni. Ma mentre la persecuzione degli ebrei ex-jugoslavi si aggravò impetuosamente, fino al completamento dello sterminio nella primavera 1942 (attuato sempre in loco, da ultimo con l’uso di camion saturi di gas),14 quella dei circa 55.00015 ebrei di Salonicco ebbe uno sviluppo cronologico meno rapido. Nel primo anno e mezzo di occupazione si susseguirono varie misure, tra cui l’immediata confisca delle biblioteche, il divieto del 7 aprile 1942 agli stranieri e agli ebrei di ambo i sessi di circolare nelle aree prossime alle linee di demarcazione confinaria,16 il lavoro obbligatorio, disposto il luglio seguente e sospeso in autunno in cambio dell’estorsione di un’ingente somma di denaro.

La decisione di procedere alla deportazione sembra essere stata presa il 2 novembre 1942;17 il 12 o il 13 gennaio 1943 il plenipotenziario del Terzo Reich ad Atene ne comunicò l’imminente attuazione al plenipotenziario del Regno d’Italia ad Atene Pellegrino Ghigi.18 La notizia di un prossimo, ancora imprecisato, aggravamento della persecuzione iniziò a diffondersi a Salonicco: il console italiano Guelfo Zamboni riferì il 16 gennaio ad Atene e Roma di «voci che di tanto in tanto corrono» su nuovi provvedimenti antiebraici19 e il 23 gennaio di «voci [...] di deportazioni in Polonia, di un nuovo richiamo per il servizio del lavoro, ecc.».20 Il 6 febbraio fu emanata la prima ordinanza che ne preparava di fatto l’attuazione, disponendo l’obbligo entro il 25 febbraio di trasferirsi in quartieri riservati e di portare una stella gialla sul petto a sinistra.

I trasporti per il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau si succedettero a breve frequenza dal 15 marzo al 9 maggio e poi ancora l’1 giugno e il 10-11 agosto, per un totale di 19 convogli con 48.533 persone; di esse sopravvissero meno di mille.21 Tra i deportati vi erano anche ebrei profughi ed ebrei arrestati in altre città greche sotto occupazione tedesca. Il 2 agosto partì il convoglio per Bergen Belsen con 367 cittadini spagnoli (successivamente trasferiti in Spagna) e 74 greci privilegiati.22 Quelli italiani e di alcune altre nazionalità (varie decine) furono evacuati dai rispettivi governi. Alcune migliaia di ebrei greci si salvarono restando clandestini in città, unendosi ai partigiani nell’interno del paese, o spostandosi in modo legale o illegale ad Atene (per questi ultimi sono stati proposti vari dati, sempre privi di riscontro documentale: da circa mille a quattro-cinquemila).23

Altri ebrei di Salonicco erano stati deportati, sempre verso Auschwitz, dai Paesi dell’Europa occidentale ove erano emigrati (in novembre 1942 – come si dirà – ne furono arrestati circa mille a Parigi e in altre città francesi). Va altresì ricordato che sempre nel marzo 1943 ebbe luogo la deportazione degli ebrei della Macedonia jugoslava e della Tracia greca che erano state annesse alla Bulgaria nel 1941, deportazione attuata dal governo di Berlino e autorizzata e predisposta da quello di Sofia.24


Oltre che a Salonicco ebrei di nazionalità italiana erano presenti a Tunisi, Alessandria d’Egitto e altre città del Mediterraneo meridionale e orientale. Anche in questi centri essi avevano sovente posizioni sociali e ruoli professionali più elevati rispetto agli altri italiani e talora rispetto agli altri ebrei, costituendo quindi un importante punto di riferimento per la politica estera del Regno d’Italia.

Il sostegno ai golpisti spagnoli e le aggressioni all’Etiopia e all’Albania degli anni Trenta, così come gli attacchi a Francia, Grecia e Jugoslavia del 1940-1941 mostrarono le dimensioni e gli scopi della nuova politica imperiale fascista. Va rilevato che queste conquiste e occupazioni mettevano ancora più in rilievo la «utilità nazionale» delle élites ebraico-italiane presenti nel Mediterraneo e che ciò confliggeva sia con l’avvenuta introduzione nel 1938 dell’antisemitismo di Stato in Italia, sia con il fatto che questa era coinvolta nella gestione coordinata delle zone occupate con l’alleato tedesco, a sua volta impegnato in una radicale progressione antisemita.

Questa complessa situazione manifestò i suoi primi effetti rilevanti in Francia e soprattutto in Tunisia, assoggettata a una complessa intelaiatura di autorità locali, francesi, italiane e tedesche. Lì, a partire dal dicembre 1940, vennero emanati dei decreti antiebraici che allontanavano tutti gli ebrei da incarichi, professioni e proprietà; ma l’arianizzazione dei beni e delle professioni degli israeliti italiani si traduceva di fatto nella loro «francesizzazione» e quindi nel danneggiamento delle prospettive di dominio italiano in Tunisia. Di conseguenza il varo di quella normativa dette origine a inconsueti allarmi e proteste dei rappresentanti italiani in loco e a Roma, fino all’elaborazione di una azione diplomatica di difesa della posizione economica e sociale degli italiani ebrei, con la richiesta di esentarli da molte norme e specialmente quelle sulle attività economiche e professionali; il 28 maggio 1942 il ministro degli Affari Esteri Galeazzo Ciano concluse un messaggio ai rappresentanti diplomatici italiani a Parigi e Tunisi rimarcando «la nostra ferma intenzione di difendere gli interessi italiani in Tunisia e di non ammettere che attraverso misure di carattere razziale sia intaccata la situazione acquisita».25

Nel frattempo, intervenuta la sconfitta della Grecia, la questione del trattamento degli ebrei italiani era venuta a concernere anche Salonicco (ove, come a Tunisi, «l’elemento ariano [italiano] non ha qui uomini e mezzi per sostituirsi a quello ebraico»).26 A seguito di un carteggio con i diplomatici italiani in quella città e ad Atene, il 1º ottobre 1941 Ciano invitò l’ambasciata italiana a Berlino a proseguire presso le autorità centrali tedesche l’azione di «protezione degli interessi dei cittadini [italiani] nel Reich qualunque sia la loro appartenenza di razza» e di estenderla «agli interessi italiani nelle zone di occupazione tedesca» e in particolare «alla situazione dei cittadini italiani di razza israelitica residenti in Salonicco».27

Così, quando nel maggio 1942 il plenipotenziario italiano ad Atene, Pellegrino Ghigi, comunicò al Ministero che il collega tedesco gli aveva trasmesso la proposta del suo governo di adottare in tutta la Grecia un segno per gli ebrei,28 il capo di gabinetto Blasco Lanza d’Ajeta concordò con lui che la misura era inopportuna relativamente alla situazione di Salonicco, di Tunisi e dell’intera area mediterranea, aggiungendo che non era «intonata ai nostri criteri di applicazione della politica della razza».29 La proposta venne quindi respinta. Di questa linea politica va rimarcato che rispondeva agli interessi nazionali, anche al di là delle mire imperiali, e che venne elaborata in totale autonomia rispetto all’alleato e senza conoscere il suo procedere verso lo sterminio.

Poche settimane dopo – in luglio – le autorità tedesche disposero tramite il governo greco l’assoggettamento degli ebrei di Salonicco al lavoro precettato, ma sin dall’inizio ne esentarono quelli italiani (e quelli spagnoli).30 Non essendo documentata la richiesta tedesca dell’adozione di una misura similare nella zona italiana, sembra legittimo ritenere che i nazisti assegnassero a quel provvedimento una valenza strettamente locale.

Laddove non vi erano interessi nazionali da difendere, il fascismo si comportò diversamente. Il 9 ottobre 1942 varò la legge di persecuzione degli ebrei in Libia, adattando le norme già emanate in Italia.31 Inoltre, sulla scia della politica di allontanamento degli ebrei dal territorio nazionale, l’11 settembre 1942 il ministro degli Esteri Ciano, esortando l’ambasciatore in Bulgaria a tutelare gli interessi economici degli ebrei italiani precisò: «Rimpatrio delle famiglie italiane non ariane costà residenti non può essere impedito. Però non conviene che esso venga facilitato».32

Per quanto concerne l’aspetto ideologico e gli obiettivi finali del fascismo, si può ricordare che un progetto del 1940 del Ministero degli Esteri per l’acquisizione all’Italia della Palestina e della Transgiordania, affermava: «tutto il bacino del Mediterraneo è popolato da ebrei dei quali bisogna tener conto fino a quando essi esistono», non potendo essere «esp[ulsi] dall’arco mediterraneo» sino a che avessero continuato a svolgervi funzioni per le quali gli arabi erano «impreparati» e non fosse stato individuato «il paese ove gli ebrei della Diaspora potranno essere raccolti».33 E nel 1942 un periodico autorevole affermava che il «problema minoritario ebraico» poteva essere risolto solo con la «esclusione del Sionismo e degli ebrei dal Mediterraneo».34

La decisione dello sterminio generalizzato degli ebrei europei era stata presa da Hitler nel settembre-ottobre 1941.35 Sino ad allora i due alleati avevano perseguito il medesimo obiettivo dell’allontanamento degli ebrei (mostrando tuttavia differenze anche notevoli negli ambiti dell’ideologia antisemita e dell’uso della violenza fisica).36 Da allora e fino al settembre 1943 le politiche antiebraiche dei due regimi ebbero obiettivi diversi, pur rispettando ciascuno il comportamento dell’alleato nei territori di sua pertinenza.

Per quanto è oggi noto, Hitler non informò Mussolini della sua decisione e questi apprese che lo sterminio era in atto solo nell’estate-autunno 1942.37 In particolare il 21 agosto un Appunto del Ministero degli Esteri gli riferì che il segretario dell’ambasciata tedesca a Roma Otto von Bismarck aveva detto che l’arresto e la deportazione degli ebrei croati «tenderebbero in pratica alla loro dispersione ed eliminazione»38 e l’11 ottobre 1942 Heinrich Himmler, capo delle SS e della polizia, lo informò dell’uccisione in Russia di molti ebrei, anche donne.39 Comunque alla fine del 1942 il genocidio e le modalità della sua attuazione erano ormai relativamente noti: il 17 dicembre i governi dell’alleanza antifascista diffusero una Dichiarazione che affermava: «le autorità tedesche [...] stanno ora mettendo in atto il proposito di Hitler, molte volte annunciato, di sterminare la popolazione ebraica in Europa. Da tutti i territori occupati gli ebrei sono trasportati in condizioni del più abbietto orrore e brutalità verso l’Europa dell’Est. [...] Non si hanno più notizie di nessuno di quelli portati via. [...] Si calcola che il numero delle vittime di queste crudeltà letali sia di molte centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini, del tutto innocenti».40

La Dichiarazione fu firmata anche dal governo greco in esilio. Non è noto se il testo poté raggiungere gli abitanti di Salonicco, ebrei e non ebrei. Comunque nel marzo 1943 Gennadios, metropolita greco ortodosso della città, disse che deportazione significava morte41 e una donna, rinchiusa in attesa della deportazione, in una delle strazianti lettere ai figli ad Atene utilizzò anche il termine sterminio («... si on ne m’exterminera pas»).42

Nel corso dello sterminio e su istruzioni del proprio governo,43 il 22 settembre 1942 l’ambasciata tedesca informò il Ministero degli Esteri italiano che dal 1º gennaio seguente gli ebrei italiani e di altre nazionalità residenti nel «territorio occupato dell’ovest» (ossia Francia, Belgio e Olanda) non sarebbero più stati esentati dalle «misure generali riguardanti gli ebrei» e in particolare dall’obbligo di portare la «stella ebraica» e dall’«allontanamento verso l’est». La comunicazione precisava, con linguaggio consono al rapporto tra le due dittature, che qualora l’Italia avesse voluto evitare ciò, «ci si permette di suggerire di ritirare [... i] relativi sudditi italiani».44

Il giorno stesso il Ministero italiano elaborò una Nota per Mussolini che precisava il significato di «allontanamento» («saranno deportati in alcune zone polacche»), accennava alle sue conseguenze («la deportazione in Polonia [...] può avere tragiche conseguenze») e commentava che ciò era «non intonato alla politica razziale italiana»45 (nel maggio precedente aveva definito «non intonato» il segno distintivo).

Questa Nota va esaminata assieme all’Appunto degli Esteri del 21 agosto nel quale, comunicando la richiesta tedesca di consegna degli ebrei delle zone croate occupate dall’Italia, si esplicitava il loro destino di «dispersione ed eliminazione», e sul quale Mussolini vergò «nulla osta», ovvero i propri assenso alla consegna e disinteresse per il destino degli ebrei croati).46 In effetti la prima stesura dell’Appunto, redatta il 18 agosto, conteneva il suggerimento di non avvallare tale «misura drastica»; ma su di essa venne vergato l’ordine di riscriverla evitando «commenti o proposte da parte degli Esteri».47 Invece il 22 settembre il Ministero degli Esteri, posto di fronte alla situazione di ebrei italiani residenti all’estero, decise di commentare sia l’antisemitismo dell’alleato, sia l’impostazione italiana: quello nazista era «un provvedimento non intonato alla politica razziale italiana la quale parte dal concetto di distinguere e differenziare gli ebrei per garantire le caratteristiche razziali della Nazione senza però arrivare a misure di persecuzione» (dove con «persecuzione» si intendeva la deportazione e quindi lo sterminio, o forse la violenza fisica in genere; ovviamente non i rigidi provvedimenti introdotti in Italia nel 1938).

La Nota del 22 settembre richiamava poi le considerazioni elaborate nei mesi precedenti (ossia prima che vi fosse piena comprensione dello sterminio in atto) per gli ebrei italiani residenti in Tunisia e poi anche in Francia: «Oltre a ciò è da tener presente che esistendo gruppi notevoli di ebrei italiani in Paesi stranieri che particolarmente ci interessano specialmente nel Bacino del Mediterraneo dove essi costituiscono forze vive ed operanti delle nostre collettività, noi abbiamo seguito una politica di difesa contro misure che sotto la parvenza di concetti razziali venivano in realtà a compromettere la situazione morale, politica ed economica di queste nostre collettività».48

Dopo aver esaminato la questione con Mussolini, il 10 ottobre 1942 il Ministero degli Esteri rispose all’ambasciata tedesca respingendo la loro inclusione nelle deportazioni e sostenendone la permanenza nei «territori dell’ovest», con una prima apertura all’applicazione della «stella ebraica».49

Le note dell’11 settembre e del 10 ottobre concernevano ebrei italiani abitanti in territori occupati dalla Germania; il «nulla osta» di agosto concerneva ebrei non italiani abitanti in territori occupati dall’Italia. Per quanto concerne una terza tipologia di persone, quella degli ebrei nati in Paesi ora occupati dall’Italia e abitanti in territori ora occupati dalla Germania, sono stati conservati alcuni documenti concernenti gli israeliti greci emigrati in Francia e in Belgio. Essi, similmente ai loro connazionali cristiani e indipendentemente da chi ora occupasse le loro città natie, erano posti sotto la tutela italiana.50 Il 14 agosto 1942 il Ministero degli Esteri italiano invitò il consolato a Bruxelles a «sospend[ere]» la protezione che aveva provvisoriamente accordata agli ebrei greci ivi residenti51 ed eguale direttiva di disinteresse venne inoltrata poco dopo dall’ambasciata italiana in Francia ai consolati dipendenti.52 A seguito di ciò, in settembre il Ministero degli Esteri tedesco autorizzò la deportazione degli ebrei greci residenti in Germania e nei territori occupati53 e in novembre in Francia furono attuati oltre mille arresti, per lo più di nati a Salonicco o in altre città sotto occupazione tedesca, ma talora anche di nati in zone occupate dall’Italia, come Atene e Corfù.54 Sembra quindi lecito ipotizzare che al centro della valutazione tedesca del 2 novembre 1942 sulla deportazione degli ebrei da Salonicco, non vi fosse la loro nazionalità greca, bensì la loro città di residenza e l’occupazione congiunta della Grecia.

Il 16 ottobre Ciano, interpellato dall’ambasciata italiana ad Atene, a sua volta sollecitata da quella tedesca, rispose a Ghigi sintetizzando l’impostazione italiana del momento: «tenuto conto delle nuove insistenze da parte germanica», l’Italia era disposta ad acconsentire all’uso della stella gialla in tutta la Grecia, tranne che per gli ebrei italiani, spagnoli ed eventualmente di altri Stati neutrali, ma, in nome delle «note ragioni di difesa delle collettività ebraiche italiane nei Paesi del Bacino del Mediterraneo», non avrebbe «aderi[to] ad eventuali ulteriori misure, specie per quanto concerne i patrimoni, le attività economiche e le deportazioni».55

Infine il confronto generale sulla permanenza degli ebrei italiani nell’area controllata dal Terzo Reich si concluse con l’accettazione italiana della proposta tedesca del 22 settembre. Dopo un ultimo colloquio dell’ambasciatore tedesco a Roma con Ciano,56 il 27 gennaio 1943 il capo di gabinetto degli Esteri avvisò l’alleato che l’Italia aveva deciso il loro rimpatrio entro il 31 marzo.57 Esso sarebbe avvenuto dalla Germania e dai territori «occidentali» occupati (innanzitutto Francia e Belgio) o «protetti»58 e avrebbe riguardato anche gli ebrei originari delle zone jugoslave annesse all’Italia o libici.59 Successivamente venne esteso agli ebrei italiani residenti nei territori polacchi e nei paesi baltici60 e – come si dirà – a Salonicco. In marzo le autorità tedesche di occupazione in Belgio acconsentirono a includere nell’evacuazione gli ebrei stranieri strettamente imparentati con gli italiani.61 In quei mesi la Germania nazista concordò accordi similari con altri nove governi alleati o neutrali: Danimarca, Finlandia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria. La data limite per tutti essi venne ripetutamente posposta (il 23 settembre 1943 venne nuovamente fissata al 10 e al 20 ottobre, ma non più per gli ebrei italiani).62


Gli ebrei di Salonicco furono assoggettati al lavoro obbligatorio dall’11 luglio 1942. Quelli italiani ne vennero esentati sin dall’inizio.63 Ben presto il console italiano registrò voci sulla revoca dell’esenzione e sull’introduzione di nuovi provvedimenti, quali l’esclusione dalle scuole e dai pubblici impieghi, la limitazione della proprietà, l’obbligo del segno distintivo e la ghettizzazione.64 Questi ultimi due provvedimenti erano stati già introdotti dai nazisti in altre zone d’Europa, sempre con l’accompagnamento di massacri, che nella vicina Serbia erano sfociati nello sterminio sistematico, completato nella primavera 1942.65 E’ lecito ipotizzare che proprio da questa regione siano arrivate notizie più o meno precise su di esso. Comunque resta il fatto che il 23 luglio (quindi indipendentemente dalla già ricordata trattativa intergovernativa italo-tedesca) il console Zamboni propose al plenipotenziario italiano ad Atene (che acconsentì) il trasferimento in quella città degli ebrei italiani di Salonicco «in caso di necessità».66

In quello stesso mese il console aveva proseguito l’esame di un’altra questione: quella degli «italiani che hanno rinunziato alla cittadinanza italiana durante il conflitto italo-greco».67 Le rinunzie erano state effettuate da «ariani» ed «ebrei»; il consolato ne aveva ricevuto l’elenco nel gennaio 1942.68 A fine luglio il console segnalava ad Atene che «tranne rari casi, tutti quelli che figurano nella lista in questione [dei rinuncianti], affermano di non aver mai fatto l’atto, di cui vengono incolpati. Si tratta di un problema complesso». E aggiungeva che per gli ebrei questo lo era ancora di più, poiché «essi risultano formalmente di cittadinanza italiana» ma egli non poteva rilasciare loro il certificato di nazionalità, «neanche in via provvisoria».69 Non è chiaro presso chi (la polizia greca degli stranieri?) essi risultassero italiani, certo è che ciò consentiva la loro esclusione dal lavoro obbligatorio, anche se il console non poteva certificarlo. Come si dirà, i documenti sinora reperiti attestano un solo caso di rilascio da parte di Zamboni nella primavera 1943 di un «Certificato di nazionalità provvisorio» a un ebreo ex-italiano, residente in un’altra circoscrizione consolare. Peraltro nel 1945 il nuovo governo greco considerava ancora aperta la questione degli ebrei apolidi ex-italiani.70

Come già detto, il 12 o 13 gennaio 1943 il rappresentante tedesco ad Atene aveva informato il collega italiano della prossima deportazione degli ebrei di Salonicco71 e il 27 gennaio il Ministero degli esteri italiano aveva comunicato all’ambasciata tedesca a Roma la decisione di procedere al rimpatrio degli ebrei italiani dal III Reich e dai territori «occidentali».72

Pochi giorni dopo, a metà febbraio, interpellato dalla stessa ambasciata sugli ebrei dell’intero territorio greco, il Ministero dette una risposta orale che per quanto concerne l’area di Salonicco era basata sul seguente schema:

1) Per gli ebrei italiani residenti nella zona della Grecia occupata dalle truppe germaniche ci regoleremo con criteri analoghi a quelli attualmente applicati, in seguito alle richieste germaniche, per il rimpatrio degli ebrei italiani residenti in Germania o nei territori dell’ovest occupati dalla Germania; 2) Il trattamento da usarsi agli ebrei greci e stranieri nella zona della Grecia occupata dalla Germania è questione alla quale il Governo italiano è estraneo.73

Veniva così confermata l’impostazione adottata nei mesi precedenti: totale protezione degli ebrei cittadini italiani e degli interessi economici a loro intestati, totale disinteresse per gli ebrei greci nei territori sotto occupazione nazista (in questo caso però si trattava di un territorio destinato allo spazio imperiale italiano). E il 12 o 13 gennaio il plenipotenziario italiano ad Atene aveva detto al suo omologo tedesco che la Germania nella propria zona poteva fare ciò che desiderava.74 La risposta governativa di metà febbraio conteneva due riferimenti («ci regoleremo» e «richieste germaniche») che furono occasione di una nuova presa di posizione in aprile.

Il 4 marzo il Ministero degli Esteri tedesco comunicò al proprio console a Salonicco che per gli ebrei di Italia, Finlandia, Svezia, Danimarca, Portogallo, Svizzera, Ungheria e Turchia era previsto il rimpatrio e quindi l’esenzione dagli ultimi provvedimenti persecutori, mentre questi dovevano essere applicati agli ebrei di Romania, Bulgaria, Croazia, Slovacchia e – previa tutela dell’appartenenza nazionale dei loro beni – Spagna75 (per essa si teneva conto del suo complesso approccio alla questione).76 I paesi sotto occupazione nazista (come la Polonia e la vicina Serbia) non erano menzionati. Gli accordi per i rimpatri sarebbero stati gestiti direttamente dal Ministero. Quest’ultima indicazione era ovvia; comunque nel luglio 1942 la Germania aveva imposto la chiusura di tutti i consolati a Salonicco, tranne quello italiano (si trattava di quelli «di carriera» di Romania, Turchia e Francia e di quelli «onorari» di Ungheria, Danimarca, Finlandia, Svezia, Portogallo, Spagna e Svizzera).77

Il 15 marzo 1943 partì il primo convoglio di deportazione per il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.


La procedura della persecuzione contemplava il concentramento delle vittime nei ghetti e l’assegnazione di una stella gialla con un numero progressivo.78 Questo era legato ai registri della Comunità ebraica, appositamente aggiornati: il 10 febbraio fu ordinato che tutti gli ebrei si registrassero entro cinque giorni, documentando la propria eventuale cittadinanza straniera79 (già a metà gennaio il console tedesco stava raccogliendo informazioni su quelli italiani e spagnoli).80 Il 14 marzo il Comando militare tedesco della regione Salonicco-Egeo inviò al proprio console le liste nominative di circa 900 ebrei aventi nazionalità neutrale, alleata o nemica, tra cui 281 italiani81 (secondo un rapporto pervenuto a metà maggio all’Internationales Institut zur Aufklärung über die Judenfrage, il loro totale era divenuto 304, ma non sono noti né la data di riferimento, né i criteri utilizzati).82

Vedendo che gli ebrei italiani erano esentati dal segno, dalla ghettizzazione e dalle altre misure persecutorie, molti loro correligionari affollarono il consolato italiano chiedendo di essere genericamente protetti o inclusi tra i cittadini italiani. Già il 19 febbraio Zamboni segnalò al consigliere per gli affari civili del Comando militare tedesco alcuni casi tra cui – come riferì a Roma – quelli di una donna nata italiana, divenuta greca per matrimonio e rimasta tale dopo la morte del marito e quello di un’altra vedova, «divenuta alcuni anni fa cittadina greca» e col figlio rimasto italiano. Il console concludeva il rapporto avvertendo: «questi casi sono molti e creano situazioni alquanto difficili e complicate».83

Circa da metà marzo – in coincidenza con l’inizio delle deportazioni – le comunicazioni e gli incontri tra le autorità italiane a Salonicco, Atene, Roma e Berlino, tra le autorità tedesche a Salonicco, Berlino e Roma e tra le une e le altre nelle varie città divennero intensi e talora frenetici. Tra le numerose questioni trattate, la principale era senz’altro quella delle persone aventi un probabile diritto all’acquisto o al riacquisto della cittadinanza italiana, e quindi nella condizione di poter avviare la relativa complessa procedura e ricevere intanto un «Certificato di nazionalità provvisorio» (la dicitura «provvisorio» veniva aggiunta a penna).84

Il confronto tra i due alleati raggiunse il livello governativo nella seconda metà di aprile, quando il sottosegretario agli Esteri Giuseppe Bastianini, cui era giunta una sollecitazione di Zamboni,85 incaricò l’ambasciata a Berlino di presentare una nota ufficiale al Ministero degli Esteri tedesco.86

In Salonicco la situazione si era sviluppata nel seguente modo. Il 30 marzo e il 5 aprile il console o il solo interprete Lucillo Merci erano stati assicurati dai loro interlocutori sulla sospensione della deportazione delle persone per le quali fossero in corso istruttorie di acquisizione o riacquisizione della cittadinanza italiana; al riguardo avevano segnalato 48 casi.87 Successivamente, il 9 e l’11 aprile, le autorità tedesche avevano comunicato prima un irrigidimento di Berlino e una data limite del 15 maggio per tali sospensioni,88 poi una nuova precisazione di Berlino sul fatto che non esisteva alcun accordo tra Italia e Germania sulle cittadinanze in corso di accertamento.89

Fu immediatamente dopo questa riunione che il console italiano scrisse all’ambasciatore ad Atene: «la questione dovrebbe essere con la massima urgenza trattata fra Roma e Berlino»,90 attivando così l’intervento del Ministero. Agendo in tal modo, Zamboni difendeva il proprio prestigio e quello del suo governo, riaffermava le prerogative di questo (solo allo Stato spettava stabilire chi poteva e doveva ricevere la cittadinanza italiana), proseguiva l’applicazione della politica governativa di tutela del ruolo e dei beni (e, da gennaio, delle vite) degli ebrei italiani. E però a quel punto egli stava tutelando anche le vite di ebrei italiani potenziali o «provvisori» (indipendentemente dal loro essere «in fondo poca cosa su una massa di più di 50.000 ebrei»).91

La nota presentata il 22 aprile dall’ambasciata italiana a Berlino rimarcava l’importanza degli ebrei italiani nel Mediterraneo e in Grecia in particolare, sollecitava anche per Salonicco una formale richiesta di rimpatrio e un’intesa sulle sue modalità, avvertiva che la data limite doveva consentire il trasferimento delle proprietà a connazionali «ariani», affermava che solo l’Italia era competente sulle proprie cittadinanze, chiedeva la sospensione della deportazione per i casi sotto esame.92

Il 24 aprile il Ministero tedesco rispose all’alleato che il termine per il rimpatrio era fissato al 15 giugno e che la deportazione era sospesa per coloro la cui condizione di cittadino fosse in corso di verifica, mentre si riservava di valutare singolarmente i casi di nuova concessione, anche sulla base di un elenco definitivo che chiedeva in tempi rapidi.93 E il 30 aprile telegrafò alle proprie Ambasciate a Roma, Budapest, Lisbona, Ankara, Sofia, Berna e Madrid, incaricandole di comunicare a quei governi sia la decisione della deportazione da Salonicco, sia la data limite.94 Al rappresentante nella capitale italiana veniva inoltre raccomandato un approccio amichevole col governo alleato e venivano ricordati sia l’accertamento dei 281 italiani sia la risposta data il 24 aprile sui casi in corso di accertamento.

Il gruppo dei 281 ebrei con regolare cittadinanza italiana doveva quindi essere esentato dalla deportazione. La settantatreenne Dudun (Doudoun) Levi vedova Venezia venne però inserita dalla polizia tedesca nel primo convoglio per Auschwitz del 15 marzo.95 La notizia fu comunicata da Zamboni al Ministero96 ed entrambi chiesero più volte (sino all’8 settembre 1943) all’alleato di farla rientrare,97 senza risultato. La documentazione e la memorialistica consultate non contengono segnalazioni di casi simili, sì che sembra probabile che non ne siano avvenuti.

Relativamente ai restanti 280 (ma già in febbraio uno era segnalato come assente), ho riscontrato la presenza certa o molto probabile di 198 di essi nell’elenco dei 217 ebrei pienamente italiani evacuati ad Atene col treno del 15 luglio.98 Altri tredici vi si erano recati col treno del 26 aprile;99 mentre in Italia si diressero tre persone tra fine maggio e giugno,100 dieci-tredici il 1º agosto101 e sei in data imprecisata.102 Pur se esula dai limiti di questo studio, occorre ricordare che dopo l’8 settembre 1943 alcuni evacuati in Italia furono uccisi nell’eccidio del Lago Maggiore e alcuni degli evacuati ad Atene furono deportati ad Auschwitz.103

Per qualche altra persona è attestato il passaggio ad Atene senza precisazione della data, o il matrimonio con un «ariano» e di conseguenza l’autorizzazione tedesca a restare a Salonicco104 e – se questi era italiano – la possibilità di rientrare in Italia. Per i rimanenti 40-45 dobbiamo limitarci a formulare ipotesi generiche, come un trasferimento semiufficiale ad Atene o una fuga nell’entroterra.

L’elenco degli evacuati ad Atene il 15 luglio comprendeva ulteriori diciannove ebrei con regolare cittadinanza italiana, ma non compresi nelle registrazioni di febbraio-marzo. Per essi possiamo ipotizzare o un accertamento tardivo della nazionalità, o un loro recente trasferimento coatto a Salonicco da altre località greche sotto occupazione tedesca. In termini riassuntivi questi circa 300 cittadini italiani ebrei poterono tutti usufruire dell’accordo italo-tedesco, con la sola (e comunque grave) eccezione di Dudun Levi Venezia.

In linea generale questa azione si svolse in modo similare a quella attuata dalle altre regioni europee sotto controllo nazista, senza contrasti di rilievo.105 Da parte tedesca furono infine accolte le continue richieste italiane di slittamento della data limite, che venne fissata al 15 luglio.106 Il punto forse maggiormente discusso fu la destinazione degli evacuati. La Germania voleva che fossero effettivamente rimpatriati, ossia portati in Italia, sia per recidere quanto più possibile il loro legame con Salonicco, sia per non accrescere la presenza ebraica nella Grecia occupata dall’Italia; quest’ultima invece continuava a non voler accogliere altri ebrei nel territorio nazionale e riteneva che la loro utilità potesse esplicarsi pienamente proprio in Grecia. All’inizio di maggio 1942 ciascun Ministero degli Esteri ribadì il proprio orientamento;107 ma alla fine del mese la Germania decise di adeguarsi alla posizione italiana.108 La decisione fu così motivata da Eberhard von Thadden, della sezione antiebraica Inland II del Ministero degli Esteri tedesco, a Ernst Kaltenbrunner, capo del Sicherheitspolizei-SD, ossia della polizia: l’insistenza italiana a far salire gli ebrei di Salonicco sui treni per Atene e i controlli tedeschi per farli scendere avrebbero causato un «notevole e indesiderabile attrito» (Reibung) tra militari alleati, inoltre quand’anche la Germania fosse riuscita a far prevalere la propria posizione, non avrebbe potuto impedire che, giunti in Italia, gli ebrei fossero comunque trasferiti in Grecia del sud.109 Qualche giorno dopo, il primo rammentò agli uffici del secondo l’assicurazione data da Hitler a Mussolini («der Führerzusage an den Duce») che la Grecia sarebbe rimasta zona di interesse italiano.110

La vicenda degli ebrei la cui cittadinanza era oggetto di accertamento ebbe uno sviluppo più complesso, ma un esito similare. Quelli tuttora internati a Salonicco assistevano con ansia e terrore alle incessanti partenze dei convogli per Auschwitz.111 Dopo aver già segnalato ai tedeschi almeno quarantotto casi,112 il 30 marzo Zamboni chiese all’Ambasciata ad Atene se poteva accogliere le richieste dei singoli (e quindi rilasciare certificati provvisori) «largheggiando molto», o se doveva attenersi strettamente a «situazioni previste chiaramente dalla legislazione vigente», precisando che la maggior parte dei casi concerneva donne nate italiane e divenute greche per matrimonio (alcune delle quali divenute vedove, o «divorziate legalmente dal tribunale ebraico»), e che un minor numero concerneva persone nate e vissute lungamente in Italia, o ex-cittadini italiani divenuti greci a seguito del trattato di pace tra Grecia e Turchia ma «senza atto di volontà», o ebree greche coniugatesi con correligionari italiani senza l’autorizzazione per i matrimoni tra nazionali e stranieri prescritta dal decreto legge italiano 1728/1938.113 Il 3 aprile Atene lo autorizzò ad operare con larghezza114 e il 7 aprile il sottosegretario agli Esteri Giuseppe Bastianini (che aveva assunto tale incarico il 6 febbraio, mentre Mussolini era divenuto ministro al posto di Ciano) comunicò ad Atene il proprio consenso, con «riserva di precisare le soluzioni che dovranno essere date ai vari casi». Bastianini concludeva la lettera con: «Concordiamo con il vostro punto di vista relativo alla difesa degli elementi italiani di razza ebraica residenti a Salonicco», esplicitando cosı` la propria adesione alla linea sviluppata dal Ministero.115 Il messaggio fu inoltrato a Salonicco il 13 aprile.116

Il 9 aprile Zamboni riferì ad Atene che la questione concerneva circa settanta donne nate italiane (25 vedove o separate e 45 «aventi il marito in vita») e 40 persone passibili di riconoscimento della cittadinanza, per lo più vissute a lungo in Italia o con stretti rapporti «col nostro ambiente».117 Il 21 aprile consegnò al Comando militare tedesco tre liste, comprensive delle situazioni sino ad allora prospettate, ripetendo la richiesta di sospendere la loro deportazione in attesa dell’arrivo da Roma delle «preannunciate istruzioni». Le liste comprendevano cinquantadue donne (20 vedove, 2 separate e 30 coniugate), undici anziani imparentati con italiani e dodici situazioni particolari, per un complesso di settantacinque casi (ma alcune donne avevano figli minori e l’ultima lista concerneva interi gruppi famigliari, sì che il totale effettivo superava abbondantemente il centinaio).118 Tra i casi particolari, cinque persone erano state «forzatamente» naturalizzate turche nel 1911, divenendo quindi greche l’anno seguente, pur essendo tuttora iscritte nel Registro dei nazionali tenuto dal consolato; una aveva insegnato per trentanove anni nelle scuole italiane della città; due erano state costrette a divenire greche, per non perdere alcuni diritti economici; una era stata privata della cittadinanza italiana «per errore, in applicazione delle leggi razziali italiane».

Finalmente il 23 aprile Bastianini chiarì la «riserva» e rispose ad Atene che potevano essere tutelate: le ex-italiane vedove e «in via eccezionale» quelle divorziate, le greche coniugate con italiani senza autorizzazione; per le altre ex-italiane coniugate (che «non potrebbero essere in alcun modo considerate italiane») e per le «persone originarie italiane» potevano soltanto essere emessi speciali lasciapassare per Atene.119 Il 27 aprile Atene inoltrò la risposta a Salonicco.120

Il 30 i tedeschi risposero a Zamboni sui settantacinque casi: trentaquattro erano già stati deportati (successivamente però quattro risultarono essere ancora a Salonicco), ventitre erano internati nel ghetto o nelle proprie case e vi sarebbero rimasti in attesa delle decisioni italiane, mentre di diciotto «si ignora residenza» (tra questi, alcuni poi risultarono internati). Il giorno seguente Zamboni riferì ad Atene di aver preparato e consegnato i certificati di nazionalità degli internati e di essere in procinto di consegnare la lista di «coloro che devono ritornare», nella quale, recependo le istruzioni romane, non avrebbe incluso né le ex-italiane tuttora coniugate – ad eccezione di due segnalate dal Ministero – né quegli anziani comunque non autorizzati a restare a Salonicco. Questa lista comprendeva ventitre casi (due dei quali poi risultarono essere ancora a Salonicco), mentre i certificati provvisori consegnati erano trentatre.121

Relativamente alla deportazione di persone da lui per tempo segnalate ai tedeschi, Zamboni aggiunse «già avevo avuto precisa sensazione di ciò che si faceva, ma mancavami possibilità controllo». Anche Merci si era chiesto «quante delle tante persone segnalate [...] saranno già in Polonia?».122 Ma la notizia ufficiale che ciò era accaduto e che quindi da parte tedesca non si era tenuto conto delle peraltro limitate richieste dell’alleato, dovette colpire notevolmente l’intero consolato, sia relativamente al destino dei deportati, sia relativamente al prestigio dell’Italia.

Come che sia, proprio in quei giorni Zamboni mutò atteggiamento e ampliò la portata del suo operato. Lo si deduce da un telegramma inviato il 3 maggio dal suo omologo tedesco al proprio Ministero, nel quale le donne coniugate, che secondo Bastianini «non potrebbero in alcun modo ...», erano descritte come intenzionate a divorziare («... aber die Absicht der Scheidung haben»).123 Questa «intenzione» non risulta mai menzionata nella corrispondenza di Zamboni con i suoi superiori, pertanto sembra trattarsi di un elemento comunicato solo a voce e solo agli interlocutori tedeschi.

Mentre il console tedesco chiedeva (il 3 e il 13 maggio) al proprio Ministero indicazioni su cosa rispondere al collega italiano,124 il 15 l’ambasciata italiana a Berlino presentava ufficialmente una dura Nota proveniente dal sottosegretario Bastianini, che tra l’altro riaffermava l’esclusiva titolarità italiana in merito alle proprie cittadinanze.125 Il 18 maggio von Thadden descrisse l’intera situazione al proprio ministro, preannunciando il rilascio degli ebrei tuttora internati a Salonicco ed escludendo sbrigativamente qualsiasi possibilità di rientro dei già deportati;126 il 20 ordinò al proprio console la liberazione immediata («sofortige Freilassung») dei primi.127

Bastianini concludeva la Nota rimarcando che si era in un «momento in cui i nostri interessi in Mediterraneo hanno più che mai bisogno di essere con intransigenza tutelati», con evidente allusione alla capitolazione in Tunisia, ultimo presidio dell’Asse e del progetto imperiale fascista su quelle coste. Tra l’altro proprio in Tunisia era maturata la politica ora attuata da Zamboni.

La decisione tedesca di liberare gli ebrei non pienamente cittadini italiani e quella pressoché contemporanea di consentire che l’evacuazione avvenisse ad Atene – e non in Italia – furono prese in una situazione di forte squilibrio militare tra i due alleati e di indubbia debolezza italiana. Ma quest’ultima non ebbe influenza sulle prime: il fatto è che la Germania nazista semplicemente continuò a rispettare le decisioni dell’alleato sui propri ebrei e sui propri cittadini. E va tenuto presente che nei documenti germanici si parlava della questione dei «75 Juden», sottolineando di fatto il loro essere una minima parte della popolazione ebraica d’Europa o anche solo di Salonicco.

Le autorità tedesche li liberarono in tre scaglioni, a causa di incompletezze nei «certificati provvisori»: cinquantotto il 25 maggio, cinque il 27, quattro il 28.128

La decisione berlinese ebbe l’effetto di radicalizzare l’azione di Zamboni nei confronti tanto dei superiori che dell’alleato. Già il giorno dopo il primo rilascio egli chiese al collega tedesco il rientro dalla deportazione di Venezia Levi e di 19 ebrei non pienamente italiani, includendo tra questi le donne che Bastianini aveva raccomandato di non tutelare.129 Inoltre, il giorno stesso dell’ultimo rilascio riferì ad Atene e Roma che «sono restati nel campo concentramento 15 mariti di cittadine italiane nate e recentemente liberate dietro interessamento di codesto Ministero», aggiungendo che la polizia tedesca li avrebbe liberati «se verrà rilasciato a predetti un certificato di nazionalità italiana».130 In perfetto contrasto con i divorzi prospettati al collega tedesco, ora Zamboni caldeggiò l’obiettivo di «ricomporre famiglie [...] divise attualmente» (ovvero: divise a seguito della liberazione di mogli e figli).

Infine, qualche giorno dopo, quando la Rappresentanza italiana ad Atene lo invitò a non chiedere il rilascio della famiglia di Alessandro Menasce (residente a Chio occupata dai tedeschi e da lì trasferito a Salonicco il 16 aprile), in quanto aveva «già rinunciato durante conflitto italo greco cittadinanza italiana»,131 Zamboni rispose di averne appena ottenuto la liberazione,132 raccomandando poi al console a Chio di tutelarne i beni, essendo «stabilita nazionalità italiana».133

Il 3 giugno Bastianini telegrafò il proprio consenso alla richiesta di rilascio dei «mariti», precisando che potevano essere loro concessi solo attestati provvisori.134 L’8 giugno, previa consegna dei «certificati di nazionalità provvisori», le autorità tedesche rilasciarono quattordici mariti di famiglie già liberate, un uomo coniugato con italiana «ariana» e due famiglie, per un totale probabile (non esiste l’elenco dettagliato) di ventitre persone.135 La successiva liberazione il 7 luglio di una famiglia di quattro persone136 portò il totale di questi rilasci di ebrei «italiani provvisori» a novantaquattro.

Per ottantatre di essi ho riscontrato la presenza certa o molto probabile nell’elenco dei novantadue «italiani provvisori» che furono evacuati ad Atene col treno del 15 luglio, assieme ai 217 ebrei pienamente italiani.137 Altri sei vi si erano recati col treno del 5 luglio,138 mentre per i restanti cinque non sono note le vicissitudini.

Tra gli evacuati del 15 luglio vi erano quindi altri nove «italiani provvisori»: due di essi erano rimasti sino ad allora nascosti, gli altri o ebbero una vicenda similare o vennero liberati dall’internamento in data ignota. Infine, il treno del 5 luglio trasportò ulteriori dieci ebrei «italiani provvisori», non compresi nei gruppi precedenti e le cui vicende non sono documentate; sì che gli ebrei internati (o, raramente, nascosti) che il consolato dotò della cittadinanza «provvisoria» e sottrasse alla deportazione risultano in complesso centotredici, dei quali almeno cento e otto evacuati ad Atene (ma lì alcuni di essi furono nuovamente arrestati dai nazisti dopo l’8 settembre 1943).

Va anche considerato che nel convoglio del 15 luglio presero posto ulteriori tredici ebrei, aventi cittadinanza spagnola (dieci), turca (due), o francese (uno) e imparentati con italiani.139 Tutti essi poterono partire grazie a documenti italiani (da alcuni mesi era vietato qualsiasi passaggio di ebrei non italiani dalle zone di occupazione tedesca a quelle di occupazione italiana).140 Possiamo ritenere che a quella data il console sapesse che la Turchia proteggeva i propri cittadini e che Francia e Spagna avevano un orientamento opposto o fortemente incerto. Non è chiaro se essi ricevettero dei consueti «certificati di nazionalità provvisori», tuttavia i loro nomi compaiono in un elenco di diciassette persone con l’annotazione manoscritta: «irregolari rilasciati per ordine R. Console»141 ed è documentato che tre dei loro attestati vennero poi rispediti a Salonicco dal console ad Atene.142 L’azione a favore di questi tredici ebrei sembra quindi fortemente simile a quella messa in atto per i centotredici «italiani provvisori» e di natura diversa da quella attuata per i circa trecento pienamente italiani.

Gli ultimi interventi qui descritti furono attuati dal nuovo console d’Italia a Salonicco Giuseppe Castruccio, arrivato in città il 9 giugno ed entrato in carica il 18.143 Il suo subentro a Guelfo Zamboni non comportò modifiche all’azione qui narrata. Egli tra l’altro proseguì l’invio al console tedesco di elenchi di ebrei deportati di cui chiedeva il rientro poiché aventi titolo alla cittadinanza provvisoria.144 Chiese anche la liberazione di alcuni ancora trattenuti in internamento a Salonicco e imparentati con italiani145 (anche questa richiesta ebbe esito negativo; taluni però riuscirono a fuggire).146 Infine gestì l’evacuazione del gruppo del 5 luglio e il complesso convoglio speciale del 15, sul quale presero posto trecentoventidue ebrei dei vari gruppi qui descritti.

Terminate tutte le partenze, toccò a Castruccio attestare la conclusione della plurisecolare storia della comunità ebraica italiana di Salonicco: «Per noi italiani – scrisse a Roma l’11 agosto, ossia dopo la prima caduta di Mussolini – la liquidazione della nostra colonia ebraica rappresenta un danno gravissimo che non si può misurare a milioni».147


La Germania nazista accettò le principali richieste italiane perché riconosceva ai suoi alleati il diritto di decidere in merito ai loro ebrei; perché non desiderava irritare l’alleato principale; perché poneva comunque le questioni dell’alleanza militare al di sopra dell’attuazione dello sterminio; perché il caso in questione concerneva un numero limitato di persone ed era sostenuto con decisione.

L’Italia fascista si comportò con gli ebrei italiani all’estero nello stesso modo che con quelli all’interno, anche (fino all’estate 1943) relativamente alla non introduzione e non accettazione della politica di eccidi, deportazione e sterminio. Inoltre contrastò la loro spoliazione economica quando essa colpiva gli interessi nazionali. La limitata estensione da parte del Ministero degli Esteri della tutela a ebrei che non erano cittadini accolse una specifica sollecitazione di Zamboni e rientrava nella politica di difesa della presenza e promozione dell’espansione italiana nel Mediterraneo, anche se contrastava con la contemporanea politica antisemita.

I consoli italiani a Salonicco (innanzitutto Guelfo Zamboni) attuarono volentieri la politica del Ministero. Zamboni la applicò forse nel modo più estensivo possibile all’interno dei limiti del suo ruolo, senza cioè rischiare, ma infrangendo i doveri di obbedienza gerarchica (e mancando di lealtà con l’alleato). Relativamente ai trecento ebrei italiani, egli compì il proprio dovere; relativamente alla vicenda dei centotredici «certificati di nazionalità provvisori» (cui si agganciò quella degli ulteriori tredici), fu un soccorritore attivo e un salvatore di vite umane. In lui si nota la difesa del prestigio proprio e del Paese, ma si nota ancora di più un impegno con motivazioni prettamente umanitarie. La sua attività potrebbe risultare speciale nel panorama complessivo dei diplomatici italiani dell’epoca, ma al riguardo mancano i necessari studi comparati.

Sarebbe ridicolo (o meglio: sarà ridicolo) utilizzare questo studio per trarne indicazioni generali sul «comportamento degli italiani verso gli ebrei» (come se gli italiani fossero/siano un gruppo di replicanti e come se gli ebrei italiani non fossero/siano italiani). Per dare un’idea dell’impossibilità tecnica di omogeneizzare i comportamenti dei tanti, basti qui ricordare che vi furono ufficiali italiani non ebrei che contestarono al console l’ordine di «aver fatto caricare degli ebrei sulla tradotta [del 5 luglio], lamentando che io [Castruccio] non conoscessi le leggi razziali e minacciandomi di farmele imparare con un buon rapporto ai superiori»148 e che alcune testimonianze riferiscono che membri del Consolato italiano aiutarono ebrei greci a nascondersi in vagoni merci e a raggiungere clandestinamente Atene.149

Note:


  1. A. MILANO, Storia degli ebrei italiani nel Levante, Firenze, Israel 1949, p. 194. ↩︎

  2. O.C. MERON, Sub ethnicity and élites: Jewish italian professionals and entrepeneurs in Salonica (1881-1912), «Zakhor», VII, 2005, pp. 178-180; cfr. A. MOLHO, Ebrei e marrani fra Italia e Levante ottomano, in Gli ebrei in Italia, a cura di C. Vivanti, 2, Torino, Einaudi 1997, pp. 1009-1043; D.J. GRANGE, L’Italie et la Méditerranée (1896-1911). Les fondements d’une politique étrangère, Roma, École française de Rome 1994, I, pp. 480-484. ↩︎

  3. GRANGE, L’Italie et la Méditerranée cit., pp. 474-475. ↩︎

  4. MILANO, Storia degli ebrei cit., p. 194. ↩︎

  5. MILANO, Storia degli ebrei cit., p. 188. ↩︎

  6. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 20 marzo 1943, Archivio Storico-diplomatico del Ministero degli Affari Esteri (d’ora in poi ASMAE), Consolato Salonicco (d’ora in poi CS), b. 84, fasc. Misure razziali. Frase ripresa quasi letteralmente in Ministero Esteri a Ambasciata Berlino, 19 aprile 1943, ivi; in Italian Diplomatic Documents on the History of the Holocaust in Greece (1941-1943), D. Carpi (ed.), Tel Aviv, Tel Aviv University 1999 (d’ora in poi IDD), pp. 164-166. ↩︎

  7. Consolato Salonicco a Ministero Esteri e Rappresentanza Atene, 11 agosto 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Razza ebraica; in IDD, pp. 296-297. ↩︎

  8. MERON, Sub ethnicity and élites cit., p. 180; cfr. GRANGE, L’Italie cit., p. 472. ↩︎

  9. Per accenni a espulsioni, emigrazioni (la famiglia Allatini), acquisizioni di cittadinanza austriaca e boicottaggi economici attuati da greci, cfr. anche M. ROZEN, The last Ottoman Century and Beyond: the Jews in Turkey and the Balkans 1808-1945, 1, Tel Aviv, Tel Aviv University 2005, pp. 168, 295; M. MAZOVER, Salonica City of Ghost. Christians, Muslims and Jews 1430-1950, London, Harper 2004, p. 270; K.E. SKORDILE` S, Reactions juives à l’annexion de Salonique par la Grèce (1912-1913), in The Jewish Communities of Southeastern Europe from the Fifteenth Century to the End of World War II, I.K. Hassiotis (ed.), Thessaloniki, Institute for Balkan Studies 1997, pp. 501-516: 514. ↩︎

  10. Fascio Salonicco a Consolato Salonicco, 5 maggio 1942, ASMAE, CS, b. 87. ↩︎

  11. Consolato Salonicco a Legazione Atene, 20 aprile 1937, ASMAE, CS, b. 77. ↩︎

  12. Consolato Salonicco a Ministero Esteri, 30 marzo 1938, ASMAE, Affari politici 1931-1945, Grecia, b. 16, fasc. 1. ↩︎

  13. F. CAVAROCCHI, Avanguardie dello spirito. Il fascismo e la propaganda culturale all’estero, Roma, Carocci 2010, p. 255; M. PETRICIOLI, Italian Schools in Egypt, «British Journal of Middle Eastern Studies», 24, 1997, n. 2, p. 189; I. ZAMBALDI, Storia della scuola elementare in Italia. Ordinamenti, pedagogia, didattica, Roma, Las 1975, p. 592; J. ROCHLITZ, The righteous enemy. Document collection, diffuso in fotocopia dall’autore, Roma 1988, p. 135. ↩︎

  14. R. HILBERG, La distruzione degli ebrei d’Europa, nuova ed., Torino, Einaudi 1999, pp. 705-712; M. PISARRI, La Shoah in Serbia e in Macedonia, in Gli ebrei in Albania sotto il fascismo. Una storia da ricostruire, a cura di L. Brazzo, M. Sarfatti, Firenze, Giuntina 2010, pp. 169-198: 169-181. ↩︎

  15. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 16 luglio 1942, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, p. 85. Cfr. anche Consolato tedesco Salonicco a Ministero Esteri tedesco, 26 febbraio 1943, in I. DUBLON-KNEBEL, German Foreign Office Documents on the Holocaust in Greece (1937-1944), Tel Aviv, Tel Aviv University 2007 (d’ora in poi GFOD), pp. 115-116, 292-293. ↩︎

  16. A. APOSTOLOU, «The Exception of Salonika»: Bystanders and Collaborators in Northern Greece, «Holocaust and Genocide Studies», 14, n. 2, fall 2000, pp. 165-196: 177. ↩︎

  17. R.J. EVANS, David Irving, Hitler and Holocaust Denial. Electronic Edition [2003], par. 5.3.c. I: Double standard dealing with a source containing material counter to Irving’s arguments: the «Diaries» of Gerhard Engel, http://www.hdot.org/en/trial/defense/evans/530ci. ↩︎

  18. Plenipotenziario tedesco ad Atene a Ministero Esteri tedesco, 13 gennaio 1943, in GFOD, pp. 109-110, 280. ↩︎

  19. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 16 gennaio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, pp. 119-120. ↩︎

  20. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 23 gennaio 1943, in ROCHLITZ, The righteous enemy cit., p. 216; in IDD, pp. 120-121. ↩︎

  21. S.B. BOWMAN, The Agony of Greek Jews, 1940-1945, Stanford, Stanford University Press 2009, pp. 82-93; A. RECANATI, A Memorial Book of the Deportation of the Greek Jews. Introduction, Jerusalem, Erez 2006, pp. 47-48. ↩︎

  22. Cfr. IDD, p. 16; M. NOVITCH, Le passage des barbares. Contribution à l’histoire de la Déportation et de la Résistance des Juifs grecs, Nice, Presses du temps présent [1968?], p. 31. ↩︎

  23. In Memoriam. Hommage aux victimes juives des nazis en Grèce, par M. Molho, 2º ed. revue et augmentée a cura di J. Nehama, Thessalonique, Communauté Israélite de Thessalonique 1973, pp. 114, 164-165; A. KITROEFF, Documents: The Jews in Greece, 1941-1944: Eyewitness Accounts, «Journal of the Hellenic Diaspora», 12, 1985, http://hdl.handle.net/10066/5413, p. 21. ↩︎

  24. PISARRI, La Shoah in Serbia cit., pp. 185-190; HILBERG, La distruzione cit., pp. 770-772. ↩︎

  25. Ministero Esteri a Rappresentanza Parigi, Presidenza CIAF, Delegazione controllo armistizio – Sezione civile, Tunisi e altri indirizzi, 28 maggio 1942, ASMAE, Affari politici 1931-1945, Tunisia, b. 14, fasc. 8. Cfr. D. CARPI, Between Mussolini and Hitler. The Jews and the Italian Authorities in France and Tunisia, Hanover e London, Brandeis University Press 1994, pp. 200-227. ↩︎

  26. Consolato Salonicco a Ministero Esteri, 16 giugno 1943, ASMAE, CS, b. 87. ↩︎

  27. Ministero Esteri ad Ambasciata Berlino, 1 ottobre 1941, ASMAE, CS, b. 87; in IDD, pp. 69-70. ↩︎

  28. Rappresentanza Atene a Ministero Esteri, 19 maggio 1942, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, pp. 77-78. ↩︎

  29. Ministero Esteri a Rappresentanza Atene, 30 maggio 1942, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, pp. 78-79. Cfr. anche GFOD, pp. 97-99, 101, 235-238, 241-242. ↩︎

  30. Comunicato del Governo generale della Macedonia, 7 luglio 1942, traduzione italiana ufficiosa allegata a Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 6 agosto 1942, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, pp. 103-104. ↩︎

  31. Cfr. M. SARFATTI, Documenti della legislazione antiebraica. I testi delle leggi, «La Rassegna mensile di Israel», LIV, n. 1-2, gennaio-agosto 1988, pp. 49 sgg. ↩︎

  32. Ministero Esteri ad Ambasciata Sofia, 11 settembre 1942, ASMAE, P.R. telegrammi in partenza, 1942, vol. 31501-32400; in IDD, pp. 110-111. Il documento è riportato anche in Relazione sull’opera svolta dal Ministero degli Affari Esteri per la tutela delle comunità ebraiche (1938-1943) [Ministero degli Affari Esteri] [Roma] [1946], p. 14, ma amputato della frase «Però non conviene che esso venga facilitato» e senza segnalazione dell’amputazione. ↩︎

  33. Consolato generale d’Italia per la Palestina e la Transgiordania – Ufficio stralcio, Palestina e Transgiordania. Cenni storici – Periodo mandatario – Possibile assetto futuro, Roma, agosto 1940, pp. 4-5, ASMAE, Affari politici 1931-1945, Palestina, b. 30, fasc. Palestina 1936-1940; segnalato e parzialmente riportato in V. PINTO, L’Italia fascista e la «questione palestinese», «Contemporanea», VI, n. 1, gennaio 2003, pp. 93-125. ↩︎

  34. R. SERTOLI SALIS, L’elemento antropico e il nuovo ordine mediterraneo, «Gerarchia», XXI, n. 2 (febbraio 1942), p. 71; anche ID., La condizione degli ebrei nella comunità imperiale italiana, «Rassegna italiana», LVI, n. 25, 1942, p. 251; segnalati in D. RODOGNO, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa (1940-1943), Torino, Bollati Boringhieri 2003. ↩︎

  35. C.R. BROWNING, Le origini della soluzione finale: l’evoluzione della politica antiebraica del nazismo: settembre 1939-marzo 1942, Milano, Il Saggiatore 2008, in particolare p. 381 (ed. or. C.R. BROWNING, with contributions by J. Matthäus, The Origins of the Final Solution. The Evolution of Nazi Jewish Policy, September 1939-March 1942, Lincoln, University of Nebraska Press e Yad Vashem 2004, in particolare p. 371). ↩︎

  36. M. SARFATTI,_ Autochthoner Antisemitismus oder Übernahme des deutschen Modells? Die Judenverfolgung im faschistischen Italien_, in Die «Achse» im Krieg. Politik, Ideologie und Kriegführung 1939-1945, L. Klinkhammer, A. Osti Guerrazzi, T. Schlemmer (hrsg.), Paderborn, Schöningh 2010, pp. 231-243. Per la storia della persecuzione antiebraica in Italia, vedi SARFATTI, Gli ebrei nell’Italia cit.; L. PICCIOTTO, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (1943-1945). Ricerca della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, Milano, nuova ed. Mursia 2002. ↩︎

  37. SARFATTI, Gli ebrei nell’Italia cit., pp. 221-222. ↩︎

  38. Ministero degli affari esteri – Gabinetto, Appunto per il duce, 21 agosto 1942, con l’annotazione di Mussolini «nulla osta», ASMAE, Gabinetto 1922-1943, serie V, busta 15, fasc. AG Croazia 35; in V. GALIMI – A. MINERBI – L. PICCIOTTO – M. SARFATTI, Dalle leggi antiebraiche alla Shoah. Sette anni di storia italiana 1938-1945, Milano, Skira 2004, p. 181; anche in Ministero degli Affari esteri, I documenti diplomatici italiani (d’ora in poi DDI), serie 9, vol. IX: 21 luglio 1942-6 febbraio 1943, Roma, 1989, p. 61. ↩︎

  39. Un resoconto di Himmler sulla sua visita a Mussolini dall’11 al 14 ottobre 1942, «Il movimento di liberazione in Italia», 47, aprile-giugno 1957, p. 51. ↩︎

  40. [Dichiarazione congiunta dei membri delle Nazioni Unite, pubblicata il 17 dicembre 1942], «The United Nations Review», III, n. 1, 1943, p. 1. ↩︎

  41. APOSTOLOU, «The Exception of Salonika» cit., p. 175. Il testo redatto nel 1983 dall’ufficiale italiano assegnato al Consolato come interprete di tedesco LUCILLO MERCI, Appunti di diario compilato a Salonicco (Grecia) negli anni 1942-1943 (...), conservato in Yad Vashem Archives, 031/3, n. 6379 e parzialmente pubblicato in inglese, Excerpts from the Salonika Diary of Lucillo Merci (February-August 1943), «Yad Vashem Studies», XVIII, 1987, pp. 293-323, contiene alcuni riferimenti allo sterminio che però non sono coevi; essi infatti non compaiono nel manoscritto originale del Diario, conservato in fotocopia in Yad Vashem Archives, 031/3, n. 7599; cfr. D. CARPI, A new Approach to some Episode in the History of the Jews in Salonika during the Holocaust. Memory, Myth, Documentation, in ROZEN, The last Ottoman cit., p. 272. ↩︎

  42. Neama (il cognome non è noto) ai figli Maurice e Berto, 5-7 marzo 1943, Jewish Museum of Greece, Neama Letters; trad. inglese in Letters from Salonika, 1943, «The Jewish Museum of Greece Newsletter», 33, 1992, pp. 4-8. ↩︎

  43. UNITED RESTITUTION ORGANISATION, Judenverfolgung in Italien, den italienisch besetzten Gebieten und in Nordafrika, Frankfurt am Main, 1962, pp. 79-80; cfr. L. PICCIOTTO FARGION, Italian Citizens in Nazi-Occupied Europe: Documents from the Files of the German Foreign Office, 1941-1943, «Simon Wiesenthal Center Annual», 7, 1990, pp. 93-141: 100-101, 117. ↩︎

  44. Ambasciata tedesca Roma, Appunto per Ministero Esteri italiano, 22 settembre 1942, ASMAE, Gabinetto 1920-1943, b. 1507, sfasc. Condizione degli ebrei in Croazia giugno 1941-maggio 1943 [già: serie V, busta 15, fasc. AG Croazia 35]. ↩︎

  45. Ministero Esteri, Appunto per Mussolini, 22 settembre 1942, con le parole dattiloscritte: «visto dal duce», ASMAE, Gabinetto 1920-1943, b. 1507, sfasc. Condizione degli ebrei in Croazia giugno 1941-maggio 1943 [già: serie V, busta 15, fasc. AG Croazia 35]. ↩︎

  46. Cfr. supra, nota 38. ↩︎

  47. Ministero Esteri-Gabinetto, bozza Appunto per Mussolini, 18 agosto 1942, ASMAE, Gabinetto 1920-1943, b. 1507, sfasc. Condizione degli ebrei in Croazia giugno 1941-maggio 1943 [già: serie V, busta 15, fasc. AG Croazia 35]. ↩︎

  48. Cfr. supra, nota 45. ↩︎

  49. Ministero Esteri ad Ambasciata tedesca Roma, 10 ottobre 1942; in DDI, serie 9, vol. IX cit., pp. 212-213. ↩︎

  50. Cfr. Ministero Esteri tedesco ad Ambasciata tedesca Atene, 15 settembre 1942, in GFOD, pp. 105-106, 264-265. ↩︎

  51. Ministero Esteri, Appunto, 14 agosto 1942, in A. MORELLI, Les diplomates italiens en Belgique et la ‘question juive’, 1938-1943, «Bulletin de l’Institut historique belge de Rome», LIII-LIV, 1983-84, pp. 357-407: 396-397; IDD, pp. 108-110. ↩︎

  52. Ambasciata Parigi a Consolati in Francia, 15 settembre 1942, in IDD, p. 112; cfr. CARPI, Between Mussolini and Hitler cit., p. 46. ↩︎

  53. Cfr. supra, nota 50; Ministero Esteri tedesco, Appunto, 19 settembre 1942, in UNITED RESTITUTION ORGANISATION, Judenverfolgung in Italien cit., p. 81. ↩︎

  54. Cfr. S. KLARSFELD, Le Memorial de la deportation des Juifs de France, Paris, ed. Beate et Serge Klarsfeld 1978, convogli n. 44-45. ↩︎

  55. Ministero Esteri a Rappresentanza Atene, 16 ottobre 1942; in DDI, serie 9, vol. IX cit., pp. 235236. ↩︎

  56. PICCIOTTO FARGION, Italian Citizens cit., pp. 102-103; C.R. BROWNING, The final Solution and the German Foreign Office. A Study of Referat D III of Abteilung Deutschland 1940-43, New York, Holmes and Meier 1978, pp. 154-155. ↩︎

  57. Ambasciata tedesca Roma a Ministero Esteri tedesco, 27 gennaio 1943, in UNITED RESTITUTION ORGANISATION, Judenverfolgung in Italien cit., p. 135; cfr. PICCIOTTO FARGION, Italian Citizens cit., p. 103. ↩︎

  58. Ministero Esteri ad Ambasciata Berlino e Rappresentanza Parigi, 2 e 3 febbraio 1943, in DDI, serie 9, IX cit., pp. 573, 575-577. ↩︎

  59. Capo polizia a questori e altri, 12 febbraio 1943, Archivio di Stato Ferrara, Fondo Prefettura, cat. 30, b. 4, fasc. Questura di Ferrara Cat. Z2 Mas, sfasc. Disposizioni circa carte di identità. ↩︎

  60. Cfr. vari documenti in UNITED RESTITUTION ORGANISATION, Judenverfolgung in Italien cit., pp. 149, 151; PICCIOTTO FARGION, Italian Citizens cit., p. 127; DDI, serie 9, IX cit., pp. 595-596; DDI, serie 9, X: 7 febbraio 1943-8 settembre 1943, Roma 1990, pp. 22-23. ↩︎

  61. Ambasciata Berlino a Ministero Esteri, 13 marzo 1943, in MORELLI, Les diplomates italiens cit., p. 400; cfr. anche Relazione sull’opera svolta cit., p. 8. ↩︎

  62. Cfr. M. SARFATTI, La Shoah in Italia. La persecuzione degli ebrei sotto il fascismo, Torino, Einaudi 2005, pp. 147-149. Il 5 luglio la data limite era stata fissata al 3 agosto, cfr. UNITED RESTITUTION ORGANISATION, Judenverfolgung in Italien cit., pp. 184-185. ↩︎

  63. Cfr. supra, nota 30. ↩︎

  64. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 15 e 16 luglio 1942; ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, pp. 81-85; Consolato Salonicco, «Notiziario», 15 luglio 1942, in ROCHLITZ, The righteous enemy cit., pp. 124-125. ↩︎

  65. Cfr. supra, nota 14. ↩︎

  66. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 23 luglio e 13 agosto 1942, Rappresentanza Atene a Consolato Salonicco, 1 agosto 1942; ASMAE, CS, b. 84, fasc. Razza Ebraica (il primo) e fasc. Ebrei di Salonicco (il secondo e il terzo); in IDD, pp. 90-93, 99-100, 104-106. ↩︎

  67. Console Salonicco, Appunto, [8 luglio 1943]; in ROCHLITZ, The righteous enemy cit., pp. 117118. ↩︎

  68. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 29 dicembre 1941, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 30 luglio 1942, in ROCHLITZ, The righteous enemy cit., p. 141. ↩︎

  69. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 30 luglio 1942, in ROCHLITZ, The righteous enemy cit., p. 141. ↩︎

  70. Appunto interno del governo greco, 1945, pubblicato in traduzione inglese in PH. CONSTANTOPOULOU – TH. VEREMIS, Documents on the History of the Greek Jews. Records from the Historical Archives of the Ministry of Foreign Affairs, Athens, Kastaniotis 1998, p. 316. ↩︎

  71. Cfr. supra, nota 18. ↩︎

  72. Cfr. supra, nota 57. ↩︎

  73. Ministero Esteri, Gabinetto AP – Grecia, Appunto, 12 febbraio 1943, con le parole manoscritte «Comunicato verbalmente dal Capo Gab. a Bismarck», ASMAE, Gabinetto 1920-1943, b. 1507, sfasc. Condizione degli ebrei in Croazia giugno 1941-maggio 1943 [già: serie V, busta 15, fasc. AG Croazia 35]; in IDD, pp. 121-122. ↩︎

  74. Cfr. supra, nota 18. ↩︎

  75. Ministero Esteri tedesco a Consolato tedesco Salonicco, 4 marzo 1943; in GFOD, pp. 117, 296. ↩︎

  76. Cfr. H. AVNI, Spanish Nationals in Greece and Their Fate During The Holocaust, «Yad Vashem Studies», 8, 1970, pp. 31-68: 44. ↩︎

  77. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 30 luglio 1942, in ROCHLITZ, The righteous enemy cit., pp. 140-141; in IDD, pp. 97-98. ↩︎

  78. Consolato tedesco Salonicco a Ministero Esteri tedesco, 26 febbraio 1943; in GFOD, pp. 115116, 292-293. ↩︎

  79. Consulente legale Consolato Salonicco a Consolato Salonicco, 17 febbraio 1943, ASMAE, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, p. 123. ↩︎

  80. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 16 gennaio 1943, ASMAE, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, pp. 119-120. ↩︎

  81. Comando militare Salonicco-Egeo a Consolato tedesco Salonicco, 14 marzo 1943; in GFOD, pp. 119, 299-320. Cfr. Consolato tedesco Salonicco a Ministero Esteri tedesco, 15 marzo 1943; in GFOD, pp. 120-122, 321-322. ↩︎

  82. Internationales Institut zur Aufklärung über die Judenfrage a Ministero Esteri tedesco, 31 maggio 1943; in GFOD, pp. 150-151, 375-378. ↩︎

  83. MERCI, Diario cit., 19 febbraio 1943; Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 20 febbraio 1943; ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 125-127. ↩︎

  84. Consolato Salonicco, «Certificato di nazionalità provvisorio» di Moise Nahmias, 4 giugno 1943, in ROCHLITZ, The righteous enemy cit., p. 234; Consolato Salonicco, «Certificato di nazionalità provvisorio» di Sarina Tiano, 19 luglio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Elenchi di ebrei vari. ↩︎

  85. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 11 aprile 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 158-159. ↩︎

  86. Ministero Esteri ad Ambasciata Berlino, 19 aprile 1943, in DDI, serie IX, vol. 10 cit., pp. 306307; trascritto in Rappresentanza Atene a Consolato Salonicco, (?) aprile 1943, in IDD, pp. 164-166. ↩︎

  87. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 30 marzo 1943; ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 146-147; MERCI, Diario cit., 30 marzo, 5 aprile 1943; Consolato tedesco Salonicco a Ministero Esteri tedesco, 1 aprile; in GFOD, pp. 130-131. ↩︎

  88. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 9 aprile 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 156-157; MERCI, Diario cit., 9 aprile 1943; Ministero Esteri tedesco a Consolato tedesco Salonicco, 8 aprile 1943; in GFOD, p. 131. ↩︎

  89. Ministero Esteri tedesco a Comando militare Salonicco-Egeo, 10 o 11 aprile 1943, e Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 11 aprile 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 158-159; MERCI, Diario cit., 11 aprile 1943; consigliere per gli affari civili del Comando militare Salonicco-Egeo a Consolato tedesco Salonicco, 11 aprile 1943; in GFOD, p. 127. ↩︎

  90. Cfr. supra, nota 85. ↩︎

  91. Appunto «Dire ai tedeschi», [11 aprile 1944], ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 159-160. ↩︎

  92. Ambasciata Berlino a Ministero Esteri tedesco, 22 aprile 1943, trad. ingl. in PICCIOTTO FARGION, Italian Citizens cit., pp. 129-131. ↩︎

  93. Ministero Esteri tedesco, Appunto, 24 aprile 1943, trad. ingl. in ivi, pp. 131-132. Cfr. Ministero Esteri tedesco a Ambasciata tedesca Roma, [24] aprile 1943, in GFOD, pp. 127, 331-332 (la data della lettera non appare sul documento, la curatrice presume che sia il 3 aprile). ↩︎

  94. Ministero Esteri tedesco, Memorandum, 29 aprile 1943, in GFOD, pp. 129-132, 338-340; Ministero Esteri tedesco ad Ambasciata tedesca Roma, 30 aprile 1943, trad. ingl. in PICCIOTTO FARGION, Italian Citizens cit., p. 129; Ministero Esteri tedesco ad Ambasciata tedesca Budapest, 30 aprile 1943, in GFOD, pp. 132-133, 341. ↩︎

  95. Consolato tedesco Salonicco a Ministero Esteri tedesco, 28 maggio 1943, in GFOD, pp. 149, 374. S. VENEZIA, Sonderkommando Auschwitz, Milano, Rizzoli 2009, p. 31. ↩︎

  96. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 5 maggio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, p. 185. ↩︎

  97. Cfr. ad esempio Ministero Esteri a Rappresentanza Atene, 8 giugno 1943, trascritto in Rappresentanza Atene a Consolato Salonicco, 10 giugno 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; e Ministero Esteri a Rappresentanza Atene, 30 luglio 1943, trascritto in Rappresentanza Atene a Consolato Salonicco, 4 agosto 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Razza ebraica; in IDD, pp. 291-292. ↩︎

  98. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 15 luglio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Razza ebraica; in IDD, pp. 257-269. ↩︎

  99. Comando militare Salonicco-Egeo a Consolato tedesco Salonicco, 26 aprile 1943, in GFOD, pp. 128-129, 335-337; Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 27 aprile 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 175-176. ↩︎

  100. Georgette Modiano, Dichiarazione, 18 febbraio 1945, Archivio storico Camera dei deputati, Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell’occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti, fasc. 31/13. ↩︎

  101. MERCI, Appunti di diario compilato a Salonicco cit., 1 agosto 1943 (la fotocopia di MERCI, Diario cit., conservata da Yad Vashem si ferma alla data del 31 luglio). ↩︎

  102. PICCIOTTO, Il libro della memoria cit., pp. 818-819 (famiglia Fernandez Diaz). ↩︎

  103. Cfr. ID., Il libro della memoria cit.; M. NOZZA, Hotel Meina. La prima strage di ebrei in Italia, Milano, Mondadori 1993. ↩︎

  104. «Ebrei sposati con donne ariane sono stati esentati da qualunque disposizione razziale», Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 23 aprile 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali. ↩︎

  105. CARPI, Between Mussolini and Hitler cit.; SARFATTI, Gli ebrei nell’Italia cit., pp. 195-197. ↩︎

  106. Ministero Esteri tedesco a Ambasciata Berlino e a Ambasciata tedesca Roma, 10 giugno 1943, in GFOD, pp. 134-135, 344-345; cfr. Ministero Esteri a Rappresentanza Atene e Consolato Salonicco, 12 giugno 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, p. 219. ↩︎

  107. Ministero Esteri tedesco a Ambasciata tedesca Roma, 3 maggio 1943, in GFOD, pp. 134-135, 344-345; Rappresentanza Atene a Consolato Salonicco, 11 maggio 1943, con copia di Ministero Esteri a Rappresentanza Atene, 8 maggio 1943, a sua volta con copia di Ministero Esteri a Ambasciata Berlino, inizi maggio, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 188-190. ↩︎

  108. Ministero Esteri tedesco a Ambasciata tedesca Roma, 26 maggio 1943, in GFOD, pp. 145-146, 369. ↩︎

  109. Ministero Esteri tedesco a Direzione generale per la sicurezza del Reich (RSHA), 27 maggio 1943, in GFOD, pp. 146-147, 371-372. ↩︎

  110. Ministero Esteri tedesco a Direzione generale per la sicurezza del Reich (RSHA), 4 giugno 1943, in GFOD, pp. 156-157, 390-391. ↩︎

  111. Cfr. supra, nota 21. ↩︎

  112. Cfr. supra, nota 87. ↩︎

  113. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 30 marzo 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 146-147; Regio decreto legge 17 novembre 1938 n. 1728, art. 2, in SARFATTI, Documenti della legislazione antiebraica. I testi delle leggi cit., pp. 49 sgg. ↩︎

  114. Rappresentanza Atene a Consolato Salonicco, 3 aprile 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 150-151. ↩︎

  115. Ministero Esteri a Rappresentanza Atene, 7 aprile 1943; in IDD, p. 155. Cfr. anche Rappresentanza Atene a Ministero Esteri, 2 aprile 1943, D. CARPI, Nuovi documenti per la storia dell’Olocausto in Grecia. L’atteggiamento degli italiani (1941-1943), «Michael», 7, 1981, pp. 119-200: 179-180 (edizione ampliata di ID., Notes on the History of the Jews in Greece during the Holocaust Period. The Attitude of the Italians (1941-1943), in estschrift in Honor of Dr. George S. Wise, Tel Aviv, Tel Aviv University 1981, pp. 25-62). ↩︎

  116. Rappresentanza Atene a Consolato Salonicco, 13 aprile 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali. ↩︎

  117. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 9 aprile 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 156-157; MERCI, Diario cit., 9 aprile. ↩︎

  118. Consolato Salonicco a Comando militare Salonicco-Egeo, 21 aprile 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Elenchi vari di ebrei (lettera più elenchi); in IDD, pp. 169-170 (solo la lettera). ↩︎

  119. Ministero Esteri a Rappresentanza Atene, 23 aprile 1943, in IDD, pp. 171-172. ↩︎

  120. Rappresentanza Atene a Consolato Salonicco, 27 aprile, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, p. 177. ↩︎

  121. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 1 maggio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, pp. 182-183; Consolato Salonicco a Comando militare Salonicco-Egeo, 3 maggio 1943; in GFOD, pp. 137, 348-349; velina in ASMAE, CS, b. 84, fasc. Elenchi vari di ebrei. ↩︎

  122. MERCI, Diario cit., 29 aprile 1943. ↩︎

  123. Consolato tedesco Salonicco a Ministero Esteri tedesco, 3 maggio 1943, in GFOD, pp. 135-136, 346-347. ↩︎

  124. Ibid.; Consolato tedesco Salonicco a Ministero Esteri tedesco, 13 maggio 1943; in GFOD, pp. 140-142, 357-359. ↩︎

  125. Ministero Esteri a Ambasciata Berlino, 12 maggio 1943, in IDD, pp. 190-193; cfr. Memorandum Inland II a Ministero Esteri tedesco, 15 maggio 1943; in GFOD, pp. 142-144; 360-363. ↩︎

  126. Ibid. ↩︎

  127. Ministero Esteri tedesco a Consolato tedesco Salonicco, 20 maggio 1943; in GFOD, p. 143, nota 414. Cfr. PICCIOTTO FARGION, Italian Citizens cit., p. 109 (che data l’ordine al 19 maggio). ↩︎

  128. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 26 maggio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, p. 202; vari documenti in ibid., fasc. Elenchi vari; MERCI, Diario cit., 28 maggio 1943. ↩︎

  129. Consolato Salonicco a Consolato tedesco Salonicco, 26 maggio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Elenchi vari di ebrei; in GFOD, pp. 146, 370. ↩︎

  130. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 28 maggio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 205-206. ↩︎

  131. Rappresentanza Atene a Consolato Salonicco, 10 giugno 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco. ↩︎

  132. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene, 14 giugno 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco. ↩︎

  133. Consolato Salonicco a Consolato Chio, 17 giugno 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco. ↩︎

  134. Ministero Affari Esteri a Consolato Salonicco, 3 giugno 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Pratiche generali; in IDD, pp. 210-212. ↩︎

  135. Consolato Salonicco a Comando militare Salonicco-Egeo, 5 giugno 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Elenchi vari; Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 9 giugno 1943 (ma in realtà: 8 giugno), ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco; in IDD, p. 217; vari documenti in ibid., fasc. Elenchi vari; MERCI, Diario cit., 8 giugno 1943; consolato tedesco Salonicco a Ministero Esteri tedesco, 15 giugno 1943; in GFOD, pp. 159, 396. ↩︎

  136. MERCI, Diario cit., 7 luglio 1943. ↩︎

  137. Cfr. supra, nota 98. ↩︎

  138. Ibid.; Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 6 luglio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Razza ebraica; in IDD, p. 249. ↩︎

  139. Ibid. ↩︎

  140. Rappresentanza Atene a Consolato Salonicco, 18 maggio 1943, con allegato copia di Comando Supremo a Comando Superiore Forze Armate Grecia, 24 marzo 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Misure razziali; in IDD, pp. 200-201 (solo il primo documento). ↩︎

  141. Appunto «Spagnoli-Altri casi», luglio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Elenchi vari. ↩︎

  142. Consolato Atene a Consolato Salonicco, 2 agosto 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Ebrei di Salonicco. ↩︎

  143. MERCI, Diario cit., 9, 13 e 18 giugno 1943; cfr. IDD, p. 17. ↩︎

  144. Consolato Salonicco a Consolato tedesco Salonicco, 14 giugno 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Elenchi vari; cfr. Ministero Esteri tedesco a Direzione generale per la sicurezza del Reich (RSHA), 19 giugno 1943, in GFOD, pp. 162-164, 403-405. Cfr. anche Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 25 giugno 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Razza ebraica; in IDD, pp. 232-233. ↩︎

  145. Consolato tedesco Salonicco a Ministero Esteri tedesco, 21 luglio 1943; in GFOD, pp. 168-169, 411, e vari documenti in ASMAE, CS, b. 84, fasc. Elenchi vari. ↩︎

  146. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 31 luglio e 11 agosto 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Razza ebraica; in IDD, pp. 280-282, 292-295. ↩︎

  147. Cfr. supra, nota 7. ↩︎

  148. Consolato Salonicco a Rappresentanza Atene e Ministero Esteri, 6 luglio 1943, ASMAE, CS, b. 84, fasc. Razza ebraica; in IDD, pp. 249-251. ↩︎

  149. M. MATSAS, The Illusion of Safety: the Story of the Greek Jews during World War II, New York, Pella 1997, pp. 137-138; NOVITCH, Le passage des barbares cit., p. 17; NOZZA, Hotel Meina cit., p. 302. ↩︎

↥ Torna su