Sul mio apporto fino al 2022 alla progettazione culturale del padiglione italiano del Museo di Auschwitz

L’11 luglio 2023 è avvenuta una nuova ricostituzione della “Commissione per il restauro del blocco 21 del Museo di Auschwitz-Birkenau e per il nuovo allestimento del percorso espositivo italiano”, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, https://presidenza.governo.it/USRI/confessioni/commissioni.html#7. La Commissione era stata istituita nel 2015, e poi ricostituita nel 2020. In entrambe quelle occasioni io ne ero stato nominato membro; mentre non lo sono in questa ricostituita nel luglio 2023.

La situazione di partenza nel 2015 era che il Museo di Auschwitz aveva chiesto all’Italia la rimozione e sostituzione del precedente ‘percorso espositivo italiano’. Il governo aveva quindi nominato una Commissione con il compito (in sintesi, e nell’ordine) di: approntare e concordare il contratto espositivo col Museo di Auschwitz, proporre al Museo un Concept dell’esposizione, proporre al Museo una Proposta espositiva completa (percorso culturale + soluzioni allestitive), allestire infine quest’ultima.

La Commissione del 2015 aveva creato al proprio interno un Comitato Tecnico Scientifico (CTS), confermato nel 2020, del quale ho fatto parte assieme a Maria Chiara Acciarini, Bruno Maida, Floriana Maris, Marcello Pezzetti, Liliana Picciotto. Il CTS è stato incaricato di elaborare una proposta di Concept e – dopo l’approvazione polacca di questa – di elaborare una proposta di Progetto culturale (storico-scientifico) dettagliato della nuova esposizione. Il primo incarico è stato assolto con la redazione unanime di un Concept (che è stato approvato dalla Commissione e, dopo poche modifiche minori, dal Museo di Auschwitz); il secondo incarico è stato assolto con la redazione non unanime di un Progetto culturale, consegnato alla Commissione a fine maggio 2022.

Oggi, nella nuova situazione, presumo sia di qualche interesse offrire qui alcune informazioni sulla mia partecipazione al lavoro nel CTS. Esse naturalmente concernono solo il mio operato, e non possono rendicontare le posizioni altrui. Posso solo dirmi lieto delle importanti convergenze avute con la storica sulla quale poggia la memoria degli ebrei deportati dall’Italia.

Ho scelto di riportare qui di seguito la Nota che indirizzai alla Commissione in occasione della suddetta consegna del Progetto di fine maggio 2022, corredandola di qualche necessaria esplicazione. Sono consapevole che la Nota e le esplicazioni hanno dei passaggi criptici; me ne scuso, ma la scrissi senza pensare all’odierna modalità di pubblicazione, e sapendo che i suoi destinatari conoscevano grosso modo il mio travaglio e le mie posizioni.



<<<Michele Sarfatti, Nota in conclusione dei lavori del Comitato tecnico-scientifico della Commissione per il restauro del blocco 21 del Museo di Auschwitz-Birkenau e per il nuovo allestimento del percorso espositivo italiano

<<<Questa Nota è redatta in occasione della consegna il 30 maggio 2022, da parte del membro del Comitato tecnico-scientifico della Commissione (CTS) prof. Bruno Maida, di un documento di progettazione culturale (Progetto) della nuova esposizione “Meditate che questo è stato” per lo spazio espositivo italiano nel Museo di Auschwitz Birkenau (Museo).

<<<Avevo chiesto che nella lettera di consegna del Progetto fossero inserite le parole che esso era “approvato a maggioranza”, ma l’inserimento non è stato approvato.

<<<Riguardo alla mia posizione di minoranza, desidero evidenziare alcuni punti.

<<<1. L’esposizione deve illustrare la storia della deportazione dal territorio italiano ad Auschwitz nel 1943-1945. I suoi visitatori saranno principalmente studenti delle scuole italiane, e in secondo luogo italiani adulti e stranieri. La mostra italiana è inserita in un complesso espositivo vasto e diversificato. Nei prossimi anni è prevedibile che le visite avverranno sempre più a gruppi, con tempi fissati dalle guide del Museo.

<<<A mio parere, nelle buone mostre il percorso di conoscenza predisposto dai realizzatori va sempre correlato al tempo di permanenza dei visitatori. E ciò è tanto più necessario in questa esposizione, che deve soprattutto narrare (per indicazione dei responsabili del Museo) il chi, il quando, il perché e il come della deportazione in quel luogo.

<<<Essendo poi questa una mostra didattico-narrativa, essa deve aiutare la maggioranza dei visitatori a cogliere e recepire gli elementi fondamentali della vicenda storica, evitando da un lato di guidarli come automi, e dall’altro di farli annaspare tra troppi stimoli.

<<<Questi aspetti consigliano che la nuova esposizione sia progettata per un tempo di visita di 20-30 minuti (più frequente) e per un tempo di visita di 50-60 minuti (poco frequente); demandando gli approfondimenti all’edizione digitale dell’esposizione.

<<<Il percorso sviluppato nel Progetto consegnato il 30 maggio 2022 è invece notevolmente lungo; richiede molto più di un’ora di visita, determinando la concreta possibilità che una parte dei visitatori perda passaggi fondamentali e informazioni essenziali.

<<<Io ho preso piena consapevolezza di questa iper lunghezza solo nell’ultimo periodo dei lavori del CTS. Ho allora proposto di intervenire riducendo le ultime sezioni, e/o ‘smagrendo’ quelle già definite. La maggioranza del CTS non ha concordato.

<<<2. L’immagine II.5.4 del Progetto è una pagina di diario fotografico di un militare tedesco, operante nella zona di Varese. La pagina contiene sei immagini. Di esse ne vengono ingrandite 4: 2 concernenti l’arresto di una famiglia di ebrei e 2 concernenti una vicenda di arresto avente per vittime uomini adulti, che non sappiamo se fossero fermati o arrestati e se poi rilasciati o poi deportati per motivi politici. Come che sia, la definizione “immagini di ebrei arrestati” per tutte e 4 le immagini ingrandite è incongrua. La maggioranza del CTS non ha accolto la mia proposta di accantonare i due ingrandimenti incerti.

<<<3. La sezione III.2 del Progetto ha un titolo (“La società civile di fronte alle deportazioni”) che è incongruente con il testo del pannello e con le immagini, i quali sono imperniati sulle reazioni di diverso tipo degli italiani non-ebrei di fronte a ciò che accadeva agli ebrei.

<<<Come è noto, gli ebrei all’epoca furono colpiti dagli arresti, finalizzati a deportazione o uccisione, e dalla privazione totale dei beni. Ciò li obbligò a fughe e clandestinità e rese indispensabile il soccorso altrui. In territorio italiano, la Shoah fu questo insieme di eventi.

<<<Nel Concept della Mostra, il CTS aveva scelto l’intitolazione “… di fronte alla Shoah”, coerente col tema. La maggioranza del CTS ha invece deciso di modificarla in “… di fronte alle deportazioni”.

<<<4. La sezione III.3 del Progetto è dedicata ai rom e ai sinti deportati dall’Italia. Il primo capoverso del pannello afferma che all’inizio del Novecento in Italia vi erano rom e sinti ai quali i governi non avevano riconosciuto la cittadinanza. Invece, la questione del riconoscimento della cittadinanza italiana a rom e sinti, pur presente dall’Ottocento, assume caratteri gravi dopo la prima guerra mondiale e relativamente a rom e sinti delle “nuove province” nord-orientali. Ma la maggioranza del CTS ha ritenuto idoneo il testo inserito in Progetto.

<<<Il terzo capoverso afferma che il fascismo perseguitò rom e sinti per una “presunta pericolosità sociale”. A mio parere tale dicitura può ‘depositare’ nella mente dei visitatori il secondo e il terzo termine: la mia esperienza è che, nelle occasioni divulgative, occorre evitare accenni compattati a questioni complesse e concernenti pregiudizi, quando non si ha (come in questo caso) lo spazio+tempo sufficiente per chiarirle. La maggioranza non ha concordato.

<<<Il quarto capoverso afferma che di 11 rom e sinti “è documentata la deportazione da Trieste ad Auschwitz”. In effetti, la vicenda costituisce una novità importante. In tali casi, il metodo storiografico prevede l’esame dei documenti e di una anche breve presentazione della ricerca effettuata. Nel CTS ciò non è avvenuto: sono stati distribuiti documenti in formato non ingrandibile (cioè non leggibile) e non è stata distribuita una relazione. La mia richiesta è rimasta minoritaria.

<<<Su questo pannello, per evitare un’eventuale strumentalizzazione di una mia opposizione, ho dichiarato la mia astensione, che è stata minoritaria. Il mio giudizio è comunque negativo.

<<<In questi casi, quindi, nel CTS è avvenuta una differenziazione esplicita tra la posizione della maggioranza e la posizione mia (non spetta a me indicare il pensiero di altri membri).

<<<In altri casi, ho preferito accantonare le mie opzioni e partecipare con sofferenza a una conclusione unitaria, sperando in una prosecuzione migliore o rispettando un compromesso articolato. Ad esempio, ho ahimè condiviso la decisione di non esporre nella sezione sulla retata del 16 ottobre a Roma le immagini fotografiche delle vittime, la decisione di non includere cronologie storiche di ausilio ai visitatori, la decisione di esporre nel corridoio sia l’elenco di coloro che lì sono morti [compresi quelli morti dopo il trasferimento in altri lager, o durante le evacuazioni], sia l’elenco di coloro che non sono morti.

<<<Altre parti del Progetto sono invece ben congegnate e ben realizzate.

<<<Tuttavia, il mio pensiero sui quattro punti dettagliati all’inizio di questa Nota è netto. E, a tutela del mio buon nome, il mio nome non comparirà nei “crediti” del Progetto e della esposizione che da esso verrà realizzata.

<<<Cordiali saluti,

<<<Michele Sarfatti

<<<PS. Aggiungo che la sezione sul Corridoio del Progetto consegnato il 30 maggio (pagine 168-169) è incorretta. *Diversamente da quanto vi è scritto, non vi furono “deportati non ebrei” che subirono tale sorte per “ragioni razziali”, o per “ragioni sessuali”. *Pur non essendo esplicitato in quelle due pagine, il doloroso compromesso raggiunto dal CTS prevede l’installazione di 2 elenchi, uno per i morti e uno per i non morti; in entrambi verranno utilizzati caratteri grafici differenti per gli appartenenti alle due categorie di deportati (i cd. ‘razziali’ e i cd. ‘politici’).>>>



Sulle questioni concernenti il pannello sull’antiziganismo e le foto degli arresti a Varese posso aggiungere solo che ero e resto del parere che i testi di un’esposizione su questioni oggidì rigonfie di pregiudizi devono essere calibrati sui visitatori (superando ampiamente il presumibile 90esimo percentile), e che è meglio scegliere immagini comunque non contestabili piuttosto che il contrario. Ma la maggioranza del CTS ha deciso altrimenti (democraticamente, certo).

L’intera questione delle “ragioni razziali” e delle “ragioni sessuali” risulterebbe chiara solo se potessi pubblicare qui il Progetto, cosa non possibile, come ho detto. Mi scuso quindi dell’incomprensibilità. Tuttavia ho ritenuto corretto riportare integralmente la mia Nota.

Degli altri temi accennati nella Nota, i più eminenti mi paiono i seguenti due.

Il primo è quello della lunghezza del percorso espositivo. A mio parere, il Progetto culturale articolato che è stato consegnato dal CTS è troppo esteso e particolareggiato per quella mostra, in quel posto, per quel (presumibile) pubblico, per quegli (ipotizzabili grosso modo) tempi di visita. Si tratta di un’affermazione non semplice da parte mia, poiché agli inizi e per lungo tempo anch’io ho contribuito ad accumulare nel Progetto eventi, notizie, considerazioni, immagini, testi. Ad esempio, so bene di essere stato io a proporre di iniziare la sezione sugli ebrei in Italia, che apre l’intera esposizione, con l’immagine di una catacomba di Roma antica, al fine di rimarcare il radicamento italiano degli ebrei. A un certo punto però (tardi, convengo; ma meglio che mai) ho realizzato che il percorso che noi del CTS stavamo elaborando avrebbe sfiancato una parte dei visitatori, facendoli giungere al tema centrale dell’esposizione con una ridotta capacità/disponibilità a guardare, recepire, e memorizzare i due processi di deportazione ad Auschwitz di “politici” e di deportazione alle camere a gas di Auschwitz di “ebrei” (o meglio, persone classificate “di razza ebraica”). Di conseguenza ho proposto di effettuare un’opera di dimagrimento del già fatto, a partire dalle catacombe (con l’ovvia esclusione delle aree dedicate alle responsabilità del fascismo e del nazismo e al perché e al come avvennero le deportazioni). Ma la maggioranza non ha convenuto.

Il secondo è quello dei nomi delle vittime della deportazione dall’Italia ad Auschwitz, da collocare in uno spazio apposito. Nel Concept, noi del CTS avevamo concordato di inserire nell’elenco solo i nomi dei deportati uccisi, indipendentemente dal motivo (“razziale” o “politico”) della deportazione, dalla modalità dell’uccisione (selezione iniziale degli ebrei, sfinimento da lavoro, violenza, condizioni igieniche e sanitarie, ecc.) e dal luogo in cui essa era avvenuta (talora dopo il trasferimento in un altro lager, o durante una “marcia della morte”, o in un momento ignoto). Quindi quell’elenco non avrebbe compreso, ad esempio, coloro che dopo il rientro sono riusciti a lasciare le testimonianze a tutti noi note. Nel corso della preparazione del Progetto culturale articolato, nel CTS è stato proposto di modificare quella decisione e di inserire in quello spazio anche i nomi di coloro che erano rientrati dalla deportazione. Nel dibattito se elencare solo coloro che “erano stati deportati e uccisi” o tutti coloro che “erano stati deportati” si è delineata una minoranza (comprendente me) per il mantenimento della scelta del Concept e una maggioranza per la nuova opzione. A quel punto ha iniziato a profilarsi la possibilità della realizzazione di due elenchi (i morti, i reduci) esposti affiancati ma separati, con l’ulteriore utilizzo di grafie e coloriture diversificate. Ho considerato che era un compromesso, pur se molto spiacevole su questo tema. Ho anche considerato che la memoria degli innumerevoli ebrei uccisi nella Shoah e la memoria dei politici (compresi i rom) uccisi in deportazione restano comunque moralmente ben al di sopra di qualsiasi scelta espositiva ad impianto reducistico. E ho valutato di non poter esprimere un voto ‘contrario a un qualsivoglia gruppo di deportati’. Ho infine considerato che io ero e sono una singola rotella di un processo e che spetta alla Commissione e direi alla cittadinanza valutare.  Ho pertanto accettato il compromesso nel CTS.

Poi però il cumulo delle situazioni di minoranza nel CTS mi ha orientato a separare il mio nome dal Progetto culturale, che è stato consegnato senza far menzione di miei disaccordi.

Ecco, questi sono il mio lavoro e le mie opinioni. Minoritarie. Rispettose. Aperte al confronto.

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