Quando Mario Finzi chiese aiuto a Pio XII per salvare la bambina Maja Lang. Una storia nella Shoah
Mario Finzi era il delegato a Bologna della Delasem, Delegazione per l’assistenza agli emigranti, l’organizzazione dell’Unione delle comunità israelitiche italiane che si occupava degli ebrei stranieri profughi in Italia.
Nel 1942 Finzi scrisse una lettera a Pio XII, chiedendogli di intervenire per un soccorso. In quegli anni vari ebrei, di tutto il mondo si rivolsero al pontefice. In genere erano alti rappresentanti, laici o religiosi, che agivano a nome di istituzioni ebraiche. Per l’Italia, è nota la lettera indirizzatagli il 27 ottobre 1943 da un rabbino a nome della Comunità ebraica di Roma, con la richiesta di un intervento per le vittime della retata nazista del 16 ottobre (AAV, 27 ottobre 1943; Actes, IX, 529). Finzi però non era il capo di una comunità ebraica o di un ente nazionale ebraico. Per questo la sua richiesta di intervento ha attirato la mia attenzione, quando ne ho appreso l’esistenza dalle pagine del volume sull’Archivio storico della Segreteria di Stato della Santa Sede, scritto dal responsabile di quell’Archivio (Ickx 2020, 342-346). Questo breve articolo riepiloga le principali notizie sulla lettera e sull’esito della richiesta in essa contenuta, che ho rintracciato in cinque archivi.
L’intervento concerneva in vario modo la famiglia Lang. Questa era composta dal padre Alexander, nato nel 1897, dalla madre Rosalia, o Rosa, o Ruzica, o Ruza Klein, nata nel 1903, e dai figli Vladimir, nato il 2 gennaio 1925 nella città jugoslava di Osijek, e Maja, o Mariha, o Marika, nata l’1 giugno 1934 nella stessa località (i dati e le varianti sono tratti dagli archivi consultati per questa ricerca). I quattro risiedevano a Osijek, facente parte del territorio dello Stato Indipendente Croato (Nezavisna Država Hrvatska, NDH), creato nel 1941; erano quindi cittadini croati (ex-jugoslavi).
Nel gennaio 1942 Maja – come si dirà – fu portata presso una zia nella vicina Ungheria; in febbraio Vladimir raggiunse clandestinamente la provincia di Lubiana annessa all’Italia (AFS, 6 marzo 1944 [a]); in giugno i genitori entrarono clandestinamente a Spalato, anch’essa ora italiana (AFS, 15 marzo 1944 [a]). La dispersione potrebbe essere stata decisa dai genitori; comunque fu conseguenza del progressivo aggravamento della persecuzione antiebraica nel NDH; è un fatto che nel 1941-1942 l’antisemitismo di Stato nelle limitrofe Ungheria e Italia, non aveva (ancora) carattere omicida. Riguardo alla vicenda qui ricostruita, aggiungo che, essendo Croazia, Ungheria e Italia alleate, la corrispondenza tra i loro abitanti in tempo di guerra era consentita, anche se non ne ho reperita negli archivi consultati.
Il 18 aprile 1942 l’autorità italiana di Lubiana chiese al Ministero dell’interno l’internamento nel territorio italiano pre-annessioni di Vladimir Lang e di un suo parente avente un’età maggiore (forse un cugino, al quale forse il ragazzo era stato affidato), poiché essi “si rifiutano di far ritorno in Croazia, dove temono sarebbe in pericolo la propria incolumità” (ACS, 18 aprile 1942). Il Ministero dell’interno decise di internare Vladimir a Sasso Marconi, in provincia di Bologna. Fu lì che egli entrò in contatto con l’opera di assistenza tessuta da Mario Finzi. A seguito delle notizie dategli dall’ebreo croato, nella seconda decade di settembre 1942 l’ebreo bolognese scrisse la seguente lettera a Pio XII:
“SANTO PADRE Perdonate la grande libertà che mi prendo rivolgendomi direttamente a Voi per chiederVi di voler intervenire con la Vostra alta Autorità e compiere un atto di carità cristiana, salvando una povera creatura d’otto anni minacciata dall’odio e dalla ferocia degli uomini.
“Trattasi della bambina jugoslava Maja Lang, nata il I giugno 1934, di religione ebraica. Il padre Alessandro Lang, e la madre Ruzica nata Klein, si trovavano fino a pochi giorni fa a Spalato Via Giovanni degli Alberti 15, ora però sono stati trasferiti all’isola di Brac. Il fratello Vladimiro, di diciassette anni, trovasi invece internato a Sasso Marconi in provincia di Bologna, ed è da lui che ho avuto l’incarico di cercare di fare tutto ciò che sta in me per salvare la piccola Maja.
“La bambina ha avuto, il 5/I/42, il permesso di recarsi in Ungheria a visitare la zia e trovasi ora là a Szekesfehervar Rakotzi ut 4; ora però il permesso sta per scadere, essendo stato prorogato per l’ultima volta, e il 10/15 ottobre al più tardi la bambina deve venire riaccompagnata al confine croato.
“Santo Padre, a Voi non è certo ignoto a quali vessazioni, contro ogni legge umana e divina, siano esposti gli ebrei in Croazia.
“Io sono ben convinto che il fratello della piccola ha ragione quando dice che è certo che tornare in Croazia significherebbe per la piccola una sicura morte: essa sarà mandata in un campo di concentramento dove fame, epidemie e un trattamento sadistico rendono l’esistenza impossibile.
“Non c’è che una possibilità per salvare la vita della bambina; bisogna che essa possa venire in Italia, che il Console italiano di Budapest le conceda un lasciapassare per venire qui. Questo però non è facile ad ottenersi, perché il Console deve essere autorizzato dal Ministero dell’Interno, per tramite del Ministero degli Esteri; e le autorità italiane, trattano abbastanza bene i profughi quando sono entrati, ma non sono certo molto sensibili a considerazioni di umanità quando si tratta di lasciarli entrare. Non avrei, quindi, molte probabilità di successo se andassi personalmente al ministero degli Interni e raccomandassi la domanda che il padre della bambina ha presentato il 9 novembre [corrige: settembre], affinché la bambina possa venire in Italia a Sasso Marconi a raggiungere il fratello, o in qualunque altra località dove possa essere sicura della vita e ricevere una conveniente istruzione: nella stessa domanda il padre à anche chiesto di poter venire con la moglie da Spalato a Sasso Marconi a ricongiungersi dopo tante dolorose vicende coi diletti figli. Occorre l’intervento di una alta Autorità morale e a nessun altro avrei potuto pensare che a Voi, che con paterno amore e con fraterna cristiana carità amate tutte le creature, a qualunque fede appartengano, e potete aiutare i miseri che soffrono.
“Santo Padre, io so che non è poco ciò che oso chiederVi; ma operare cristianamente in un mondo che in così gran parte è la negazione di Cristo, non è impresa facile per gli uomini comuni.
“Io confido che Voi invece avrete un mezzo di intervenire efficacemente.
“In questa speranza, Vi prego di accogliere l’espressione del mio umile, profondo ossequio.
“dott. Mario Finzi / rappresentante della Delegazione Assistenza Emigranti / Via del Cestello 4 Bologna (ASS, [seconda decade] settembre 1942).”
Questa è la lettera del delegato bolognese della Delasem alla massima autorità nazionale e mondiale del cattolicesimo. Essa è priva di data; è l’intreccio dei documenti a situarla nella seconda decade di settembre. Le carte d’archivio non chiariscono se l’invio avvenne per posta o – più probabilmente, a mio avviso – tramite una persona. Non vi è attestazione scritta che Pio XII l’abbia effettivamente letta, ma tutti i riferimenti documentari e la stessa specialità della missiva portano a ritenere che ciò avvenne. Si tratta di una lettera speciale, sotto molti punti di vista. Si può ad esempio osservare che Finzi non si qualifica mai ebreo, ma lascia che ciò traspaia dal testo; nonché che gli appellativi e le definizioni indirizzate al pontefice riconoscono esplicitamente il suo eminente ruolo sociale, senza farne discendere la propria personale sottomissione. Su un altro piano, va registrato che il mittente ritiene che il destinatario sia informato del destino riservato dal NDH ai propri ebrei: la “sicura morte”. E, qualora si voglia sostenere che il pontefice non lo fosse, allora questa lettera va classificata come informativa pervenutagli su ciò. Le parole “sicura morte” attestano altresì che l’informazione circolava tra gli ebrei italiani impegnati nell’assistenza ebraica, estendendosi certamente ai loro famigliari e conoscenti.
Tutti questi temi però purtroppo fuoriescono dal fine di questo articolo, che concerne solo i destini della lettera e di Maja Lang.
I documenti attestano che il segretario di Stato della Santa Sede Luigi Maglione trasmise la lettera di Finzi al gesuita padre Pietro Tacchi Venturi, la persona che manteneva un contatto ufficioso diretto tra il pontefice e Benito Mussolini e conseguentemente altre personalità del governo e della dirigenza ministeriale. La velina della lettera di trasmissione recava la data del 19 settembre, modificata a mano in 23; Maglione ribadiva che lo scritto di Finzi era indirizzato al papa, ne richiamava la richiesta principale (il permesso di ingresso per Maja), e chiedeva al gesuita – con una formula da lui utilizzata sovente – di valutare “quali passi sia possibile ed opportuno compiere”. Il segretario di Stato non evidenziava l’urgenza della questione, che comunque era chiaramente indicata nel testo di Finzi accluso (ASS, 23 settembre 1942). Non è noto perché la data fu modificata (comunque il 19 era un sabato); propendo per connettere ciò al fatto che era in programmazione un incontro di Tacchi Venturi con Pio XII.
Come che sia, il 24 settembre il gesuita scrisse al sottosegretario all’Interno Guido Buffarini Guidi, iniziando la lettera con un riferimento all’incontro: “Il Santo Padre, dal quale fui in udienza stamane, ha ricevuto dal dott. Mario Finzi […]”. Nella missiva, Tacchi Venturi puntualizzava subito che si trattava di “salvare da quasi certa morte la povera bambina” e a tale fine si appellava agli “umanissimi sentimenti” del destinatario, “in tutto conformi a quelli del Duce”. Dichiarandosi “più che sicuro di vedermi esaudito”, il gesuita chiedeva che “il nostro Console di Budapest permetta l’ingresso” e che anche i due genitori fossero trasferiti a Sasso Marconi. E allegava copia della lettera di Finzi (ARSI, 24 settembre 1942). Come si dirà, a Buffarini Guidi fu ben chiaro che Tacchi Venturi stava agendo “per incarico del Santo Padre”. Tacchi Venturi non rimarcò l’urgenza di agire. Forse sarebbe stato preferibile. Tuttavia essa era esplicitata da Finzi. E resta che Buffarini Guidi aveva la possibilità di far attuare qualsiasi cosa in tempi più che rapidi.
L’arrivo di copia della lettera di Finzi sul tavolo del sottosegretario all’Interno è un fatto che concerne anche la storia della sua conoscenza del destino degli ebrei in Croazia e delle informazioni su ciò circolanti in ambito ebraico e vaticano. Rilevante è inoltre il fatto che da essa egli apprese il giudizio della Delasem sulle “considerazioni di umanità” del governo fascista.
Riguardo alla scadenza del permesso di soggiorno di Maja Lang in Ungheria, debbo precisare che alcuni particolari della sua vicenda potrebbero far supporre – come si dirà – che il termine di ottobre fosse stato prorogato o non applicato (e vanno inoltre tenute presenti le difficoltà dell’espulsione alla frontiera di un bambino). Di là di ciò, tuttavia, in questa sede interessa il fatto che tutti i lettori della lettera di Finzi (Pio XII, Maglione, Tacchi Venturi e Buffarini Guidi) sapevano che il permesso scadeva il 10 o al più tardi il 15 ottobre 1942.
La documentazione archivistica non contiene accenni a un eventuale coinvolgimento, da parte vaticana, del nunzio apostolico in Ungheria Angelo Rotta; Finzi non lo aveva invocato e comunque la Santa Sede non lo aveva immaginato.
In parallelo a questo carteggio, la vicenda dei Lang conobbe un altro sviluppo. Come accennato da Finzi (ma con un errore di data), il 9 settembre 1942 Alexander Lang aveva presentato al Ministero dell’interno la richiesta di ingresso in Italia e destinazione a Sasso Marconi della figlia, nonché del trasferimento proprio e della moglie. Riguardo a Maja, la domanda di Alexander non conteneva accenni al pericolo di vita, menzionava la scadenza del 10 ottobre, e chiedeva che, per l’ingresso, “la Regia Legazione d’Italia a Budapest riceva le opportune disposizioni in proposito, in via del tutto eccezionale trattandosi di una bambina sola” (ACS, 9 settembre 1942). Il testo corrispondeva a quanto sunteggiato nella lettera di Finzi, che quindi potrebbe averlo visto in copia, e forse anche aiutato a scriverlo. L’iter richiesto per Maja costituiva una forte accelerazione della procedura vigente, nel senso invocato anche da Finzi.
Sul foglio della domanda di Alxander Lang, nella sede romana della Direzione generale della pubblica sicurezza vennero apposte varie annotazioni, una delle quali, datata 22 settembre, diceva: “Per quanto riguarda l’ingresso della bambina far comunicare al padre che facesse pervenire regolare richiesta a mezzo del nostro R. Consolato competente”, richiamando così la lenta procedura vigente. Questa e altre annotazioni sfociarono in una lettera del Ministero ai prefetti di Bologna e Spalato preparata il 29 settembre e spedita l’8 ottobre, che disponeva il trasferimento dei genitori a Sasso Marconi (cosa che fu attuata in novembre) e precisava che il padre, “per quanto riguarda l’ingresso nel Regno della figlia Maja in permesso a Szekesfehervar (Ungheria), deve far pervenire regolare richiesta a mezzo del nostro R. Consolato competente” (ACS, 8 ottobre 1942). Date, annotazioni e testi della risposta non contengono alcuna eco della lettera di Tacchi Venturi: il trasferimento di internati nel Regno costituiva un atto di gestione ordinaria per la polizia, e la procedura indicata per Maja era anch’essa quella ordinaria (tra l’altro, essa veniva descritta asetticamente, senza prefigurarne il risultato). Qualcuno avrebbe potuto interrogarsi sulla particolarità della sua età, ma dalla documentazione non risulta.
Suppongo che i Lang abbiano informato Finzi del contenuto della comunicazione dell’8 ottobre, e che lui abbia pensato che la propria lettera al papa fosse stata inutile. Tra l’altro, quando Finzi apprese ciò, il termine ungherese del “10/15 ottobre al più tardi” era già trascorso.
Molti mesi dopo, il 14 gennaio 1943, Buffarini Guidi rispose finalmente a Tacchi Venturi: “Sono state impartite istruzioni alla Direzione Generale della P.S. perché sia consentito ai coniugi Lang ed alla loro figliola Maja di entrare nel Regno e di soggiornare in Sasso Marconi presso il loro congiunto Wladimiro” (ARSI, 14 gennaio 1943). Non ho reperito tracce documentarie sul perché dei quasi quattro mesi di ritardo. Il 17 gennaio Tacchi Venturi comunicò la lettera e la frase a Maglione (ASS, 17 gennaio 1943). Il 21 gennaio questi la riferì all’arcivescovo di Bologna, pregandolo di darne notizia a Finzi, del quale segnalava l’indirizzo (ASS, 21 gennaio 1943). Tacchi Venturi aveva precisato che la frase proveniva da Buffarini Guidi; Maglione scrisse semplicemente: “il Ministero dell’interno ha assicurato di avere […]”.
Di per sé, la frase di Buffarini Guidi sembra autorizzare pienamente l’ingresso di Maja, pur non chiarendo compiutamente se e come la procedura ordinaria sarebbe stata resa più rapida. A mio parere, Finzi e i Lang la accolsero molto positivamente. Probabilmente si affrettarono a comunicarla a Maja.
Il sottosegretario al Ministero dell’interno aveva effettivamente “impartito istruzioni” su quel caso. Ve ne è attestazione nella lettera che il 13 gennaio il direttore generale della Direzione generale per la demografia e la razza inviò alla consorella Direzione generale della pubblica sicurezza. La lettera informava che il caso era stato segnalato da Tacchi Venturi “per incarico del Santo Padre” e chiedeva, in forza di “ordini Superiori”, di “disporre che sia consentito ai coniugi Lang di entrare nel Regno assieme alla bambina Maja e di riunirsi al predetto loro congiunto internato a Sasso Marconi” (frase largamente simile a quella che il “superiore” Buffarini Guidi aveva comunicato a Tacchi Venturi). Essa inoltre precisava che i componenti della famiglia Lang “trovansi internati in località diverse e precisamente i genitori […], il figliolo […] e la figliola Maria di anni 7 [sic], che, per non essersi trovata coi genitori al momento del loro internamento, è rimasta sola e dovrebbe essere, ora, anch’essa internata in Croazia” (ACS, 13 gennaio 1943).
Le parole utilizzate davano per concluso il soggiorno di Maja in Ungheria e il suo rientro nel NDH; considerazione forse derivata dal tempo trascorso da ottobre. Peraltro esse supponevano che Maja fosse ora internata nello Stato croato, in evidente contrasto con l’avvertimento di Finzi (e con le altre notizie circolanti) sull’uccisione di quegli ebrei.
Comunque, di là di questi commenti, le “istruzioni” di Buffarini Guidi non produssero alcuna conseguenza. Dopo ulteriori due mesi, la direzione di polizia rispose all’altra direzione che sin dall’8 ottobre 1942 aveva autorizzato il trasferimento dei genitori e indicato la procedura da seguire per la bambina. La minuta manoscritta della risposta reca la data 8 marzo 1943, un timbro precisa che fu dattiloscritta sette giorni dopo (ACS, 15 marzo 1943). In sostanza la Direzione generale della pubblica sicurezza, ritenne che gli “ordini Superiori” concernevano esattamente ciò che essa aveva attuato mesi prima, e che quindi null’altro aveva da fare. E null’altro accadde al riguardo.
Così ebbe termine la vicenda della lettera inviata dall’ebreo di Bologna alla massima autorità cattolica. Il suo esito fu nullo, indipendentemente dalla percezione che (non per loro malizia) Finzi e le autorità cattoliche poterono averne. Si può concludere che essa ebbe l’unico risultato (non desiderato) di mettere a nudo il profondo disinteresse dei governanti e dei dirigenti ministeriali dell’Italia fascista per il destino di una bambina ebrea, per di più segnalata dal papa.
Rimane ora da capire cosa accadde a Maja, o Mariha, o Marika Lang, nata a Osijek l’1 giugno 1934.
Un documento del periodo della Repubblica sociale italiana informò che i due genitori e il fratello non erano stati ancora arrestati perché “il 9 settembre [1943] scorso si sono allontanati da Sasso Marconi, località d’internamento, per ignota destinazione” (ACS, 20 dicembre 1943). Maja pertanto non era con loro.
I tre ebrei croati rimasero nascosti alcuni mesi tra il bolognese e Milano, entrando infine clandestinamente in Svizzera il 5 marzo (Vladimir) e il 14 marzo 1944 (i genitori). Nelle dichiarazioni rilasciate all’ingresso, il fratello e la madre affermarono che Maja abitava a Szekesfehervar, comunicando quindi che la ritenevano in vita (AFS, 6 marzo 1944 [b]; AFS, 15 marzo 1944 [b]).
La notizia successiva su Maja è datata 4 settembre 1955 ed è contenuta in un documento conservato da Yad Vashem. Quel giorno una signora dal nome Roza Lang, depositò una “Page of Testimony”, intestata a Maja Lang, nata nel 1934 a Osijek, con ultima residenza Szekesfehervar, morta ad Auschwitz nel 1944 (AYV, 4 settembre 1955). Lo sterminio l’aveva infine raggiunta, probabilmente in Ungheria.
Anche Mario Finzi, che forse aiutò i tre internati di Sasso Marconi a sopravvivere in clandestinità e a raggiungere la Svizzera, fu poi deportato nel maggio 1944 ad Auschwitz-Birkenau, dall’Italia. Morì per le conseguenze nel febbraio 1945. Al momento dell’arresto e della deportazione, ministro dell’Interno della Repubblica sociale italiana era Guido Buffarini Guidi, fascista.
Riferimenti bibliografici e archivistici
AAV, 27 ottobre 1943 – David Panzieri a Pio XII, 27 ottobre 1943; in Archivio apostolico vaticano, Segreteria di Stato, Commissione soccorsi, b. 326, fasc. 216, foglio 191.
ACS, 18 aprile 1942 – Alto commissario per la provincia di Lubiana a Ministero dell’interno, 18 aprile 1942; in Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Affari generali e riservati, cat. A4bis, fasc. Piwok Leonardo di Giacomo.
ACS, 9 settembre 1942 – Alexandro Lang a Ministero dell’interno, 9 settembre 1942; in Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Affari generali e riservati, cat. A4bis, fasc. Piwok Leonardo di Giacomo.
ACS, 8 ottobre 1942 – Ministero dell’interno a prefetti di Bologna e Spalato, 8 ottobre 1942, minuta; in Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Affari generali e riservati, cat. A4bis, fasc. Piwok Leonardo di Giacomo.
ACS, 13 gennaio 1943 – Direzione generale per la demografia e la razza a Direzione generale della pubblica sicurezza, 13 gennaio 1943; in Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Affari generali e riservati, cat. A4bis, fasc. Piwok Leonardo di Giacomo.
ACS, 15 marzo 1943 –Direzione generale della pubblica sicurezza a Direzione generale per la demografia e la razza, 15 marzo 1943, minuta; in Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Affari generali e riservati, cat. A4bis, fasc. Piwok Leonardo di Giacomo.
ACS, 20 dicembre 1943 – prefettura di Bologna a Ministero dell’interno, 20 dicembre 1943; in Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Affari generali e riservati, cat. A4bis, fasc. Lang Alessandro di Lodovico.
Actes, IX, 529 – Actes et documents du Saint Siege relatifs a la seconde guerre mondiale, vol. IX, Le Saint Siège et les victimes de la guerre. Janvier-décembre 1943, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 1975, p. 529.
AFS, 6 marzo 1944 [a] – Vladimir Lang, Verbale di interrogatorio, 6 marzo 1944; in Archivio federale svizzero, E4264#1985/196#32755*.
AFS, 6 marzo 1944 [b] – Vladimir Lang, Questionario, 6 marzo 1944; in Archivio federale svizzero, E4264#1985/196#32755*.
AFS, 15 marzo 1944 [a] – Rosalia Lang, Verbale di interrogatorio, 15 marzo 1944; in Archivio federale svizzero, E4264#1985/196#32755*.
AFS, 15 marzo 1944 [b] – Rosalia Lang, Questionario, 15 marzo 1944; in Archivio federale svizzero, E4264#1985/196#32755*.
ARSI, 24 settembre 1942 – Pietro Tacchi Venturi a Guido Buffarini Guidi, 24 settembre 1942, minuta; in Archivum Romanum Societatis Iesu, fondo padre Pietro Tacchi Venturi, b. 90, fasc. 2607.
ARSI, 14 gennaio 1943 – Guido Buffarini Guidi a Pietro Tacchi Venturi, 14 gennaio 1943; in Archivum Romanum Societatis Iesu, fondo padre Pietro Tacchi Venturi, b. 90, fasc. 2607.
ASS, [seconda decade] settembre 1942 – Mario Finzi a Pio XII, [seconda decade] settembre 1942; in Archivio Segreteria di Stato Città del Vaticano, Affari ecclesiastici straordinari, Pio XII, parte I, Ebrei, pos. 76, fogli 59-60.
ASS, 23 settembre 1942 – Segretario di Stato della Santa Sede a Pietro Tacchi Venturi, 23 settembre 1942, velina; in Archivio Segreteria di Stato Città del Vaticano, Affari ecclesiastici straordinari, Pio XII, parte I, Ebrei, pos. 76, foglio 61.
ASS, 17 gennaio 1942 – Pietro Tacchi Venturi a segretario di Stato della Santa Sede, 17 gennaio 1943; in Archivio Segreteria di Stato Città del Vaticano, Affari ecclesiastici straordinari, Pio XII, parte I, Ebrei, pos. 76, foglio 62.
ASS, 21 gennaio 1943 – Segretario di Stato della Santa Sede a arcivescovo di Bologna, 21 gennaio 1943, bozza; in Archivio Segreteria di Stato Città del Vaticano, Affari ecclesiastici straordinari, Pio XII, parte I, Ebrei, pos. 76, foglio 63.
AYV, 4 settembre 1955 – Page of Testimony on Maja Lang, 4 settembre 1955; in https://yvng.yadvashem.org/ > Yad Vashem, The Central database of Shoah victims’ names, ad nomen.
Ickx 2020 – Johan Ickx, Pio XII e gli ebrei, Rizzoli, Milano 2020.