Giovanni Preziosi un antisemita moderno

               

[relazione presentata al convegno “Narrazioni antiebraiche. Antisemitismo e cospirazionismo in Italia tra Ottocento e Novecento”, Venezia, 18-19 giugno 2025]


A mio parere, Giovanni Preziosi merita di essere definito un “antisemita moderno”.

Questa definizione è basata sul fatto che nel corso della prima metà del Novecento egli partecipò da protagonista a due delle più importanti azioni antiebraiche dell’epoca, e sostenne la terza tragica azione pur evitando di affermarlo a chiare lettere.

Come è noto, un antisemita può concretizzare la sua ostilità soprattutto nell’ambito del pensiero, dell’ideologia, oppure soprattutto in quello del comportamento, dell’azione, oppure in entrambi gli ambiti. Preziosi lo ha fatto soprattutto nel secondo ambito. Tra la fine della prima guerra mondiale e la fine della seconda guerra mondiale e della sua vita, egli dapprima tradusse e diffuse “I protocolli dei savi anziani di Sion”, successivamente sostenne la necessità di leggi antiebraiche e si impegnò nella loro elaborazione, infine si pronunciò a favore della “unità ariana europea” e di una non dettagliata “totale eliminazione degli ebrei” mentre era in atto il loro sterminio.


Giovanni Preziosi nacque il 28 ottobre 1881 a Torella dei Lombardi, in provincia di Avellino. Divenne sacerdote nel 1904 e abbandonò la tonaca tra il 1918 e il 1921. Nel primo decennio del secolo e fino alla grande guerra, partecipò alla vita associativa politica cattolica e si dedicò ai temi del Mezzogiorno e dell’emigrazione italiana. Si occupò in particolare dei lavoratori cattolici all’estero, con vari ruoli e con missioni negli Stati Uniti d’America e in Germania. Ciò lo mise a contatto con ambienti ed esperienze assai diversi e talora più moderni rispetto a quelli dell’Italia. Parallelamente praticò un’intensa attività giornalistica; che proseguì per l’intero periodo fascista. Fu lui stesso a porre termine alla propria vita, suicidandosi a sessantatré anni a Milano nella notte tra il 26 e il 27 aprile 1945, quando la sconfitta del fascismo e di Benito Mussolini era divenuta evidente.1

Preziosi era nazionalista e antisocialista. Sostenne l’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale, ma non vi partecipò direttamente, a causa della sua condizione di sacerdote e di una inabilità. Si occupò di politica, ma non fu un organizzatore politico. I suoi scritti furono costantemente molto polemici.

Per il primo periodo della sua vita sono state rintracciate poche affermazioni antiebraiche, nei suoi articoli.2 Esse contenevano pregiudizi antisemiti, ma non facevano parte di campagne di odio. Ad esempio, in un libro del 1909 sugli emigrati italiani negli USA, descrivendo come le strade di New York fossero piene di venditori ambulanti, perditempo e disoccupati, scrisse che gli ebrei riuscivano a fare affari ai danni degli italiani, in quanto i primi, essendo “buoni cosmopoliti” e avendo la capacità di adattarsi agli altri, “riescono a contentarli nell’atto che maggiormente li gabbano”.3 Di queste parole si può notare sia che contenevano un giudizio negativo anche sugli italiani, sia che non erano accompagnate da esplicite teorizzazioni complottiste o da incitamenti alla persecuzione. Nel gennaio 1943, ossia oltre tre decenni dopo, Preziosi scrisse che proprio con quella frase “per la prima volta vidi il pericolo ebraico”;4 ma nel testo del 1909 egli non aveva utilizzato la formula “pericolo ebraico”, né espressioni similari. A mio parere, l’affermazione del 1943 testimonia solo che chi vive di propaganda è solito adeguare alla situazione presente le proprie parole passate. E’ inoltre interessante ricordare che – come già notato da altri – gli scritti di inizio Novecento di questo sacerdote non esplicitavano il tradizionale bagaglio antigiudaico cattolico.5

All’epoca della prima guerra mondiale, Preziosi era proprietario e direttore di una rivista mensile, che dal 1915 era intitolata “La vita italiana”. In tutti i fascicoli vi era un articolo dello studioso di economia Maffeo Pantaleoni. Anche lui possedeva pregiudizi antiebraici. Ad esempio nel novembre 1916 precisò che un determinato personaggio era un “banchiere israelita”,6 e nel dicembre 1916 polemizzò nello stesso titolo dell’articolo con i “barbari-giudaici”, definizione nella quale riuniva i tedeschi e gli ebrei tedeschi: “la conquista germanica del mondo economico inglese, francese, belga, italiano, russo e turco è stata condotta da ebrei tedeschi, quella militare è ora tentata dai barbari, loro soci in rapina”.7 Essendo direttore della rivista, Preziosi approvò contenuto e titolo dell’articolo.

Di quell’articolo di Pantaleoni va inoltre segnalato un brano sugli ebrei italiani, collocato in una nota: “A questi tedeschi ebrei hanno aperto le porte, prima della attuale crisi mondiale, la massa dei loro correligionari negli altri paesi, anche là dove questi sono ottimi patrioti, come lo sono, di regola, da noi”.8 In sostanza gli ebrei italiani, erano in grande maggioranza patrioti, ma comunque erano responsabili, solo per via del loro essere ebrei, della “conquista” economica attuata dagli ebrei tedeschi. Va notato che, riguardo a quest’ultima, Pantaleoni menzionava tra gli altri Urban Gohier, uno dei capofila dell’antisemitismo in Francia.9 Si può aggiungere che “La vita italiana” pubblicò anche almeno un articolo di Gohier: quello del novembre 1917, tradotto dallo stesso Pantaleoni, che concerneva il francese nazionalista e antisemita Léon Daudet.10

Quindi nel dicembre 1916 una rivista italiana scriveva che gli ebrei italiani erano “patrioti”, ma anche agenti di fatto di una aggressione ebraica straniera. A quella data, come noto, non erano ancora avvenuti né la prima rivoluzione russa, né lo sfondamento austriaco di Caporetto, né l’ingresso delle truppe inglesi a Gerusalemme, né la diffusione di massa dei “Protocolli”.

Poco prima della fine della guerra mondiale, “La vita italiana” iniziò la pubblicazione di un lungo testo di Emilio Beer sul sionismo, contenente giudizi molto positivi sul movimento. Nella quarta e ultima puntata, pubblicata nel maggio 1919, era scritto che l’Italia “deve appoggiarlo come alleato prezioso”.11 Preziosi, in quanto direttore, aveva ovviamente approvato la pubblicazione di queste parole e di altre similari. Allo stesso tempo però egli aumentava la quantità e la gravità dei contenuti antiebraici nella rivista. Proprio in quel fascicolo di maggio 1919 pubblicò in lingua originale un durissimo testo, che affermava di avere ripreso da un recentissimo fascicolo della rivista “La vieille France” del già menzionato Gohier, nel quale tra l’altro era scritto: “Jacob H. Schiff, Juif de Francfort [...] a commandité la revolution russe, le bolchewisme, et toutes les machinations conçues pour sauver l’Allemagne”. Inoltre Schiff e alcuni suoi famigliari erano “les inventeurs de la Ligue des Nations et des Quatorze Articles [ossia i 14 punti enunciati dal presidente statunitense Woodrow Wilson], pour préparer le salut de l’Allemagne et la domination universelle de la Finance Juive”.12

Infine in agosto 1920 “La vita italiana” pubblicò un durissimo articolo, non firmato e quindi da attribuibirsi al direttore, intitolato esplicitamente: L’internazionale ebraica. Il messaggio era molto semplice: “oggi l’alta finanza, il giornalismo, la politica internazionale sono nelle mani degli ebrei”. Il testo iniziava con la menzione di un’imponente manifestazione di ebrei a New York contro i pogrom dell’Europa orientale, ma poi aggiungeva che “l’opinione pubblica dei paesi europei fa risalire agli stessi ebrei la responsabilità prima dei massacri contro il popolo ebraico”. [Sembra quasi di ascoltare gli antisemiti del 2025 che dicono che la responsabilità dell’antisemitismo odierno in Italia è degli ebrei israeliani e/o degli ebrei italiani]. L’articolo proseguiva con altre affermazioni antiebraiche, spesso riprendendole dalla rivista “La vieille France” di Gohier. Nelle ultime pagine segnalava in termini positivi la recente pubblicazione di un libro inglese, intitolato “Il pericolo ebraico” e contenente “I Protocolli dei savi Anziani di Sionne”, e trascriveva quasi integralmente la recensione che ne era stata fatta in giugno su “Il resto del carlino”.13 In effetti nel febbraio 1920 a Londra era stata stampata la prima traduzione in inglese dei “Protocolli”, intitolata The Jewish Peril. Protocols of the Learned Elders of Zion.14

La realizzazione di questa traduzione era stata seguita con attenzione da Gohier, che ad esempio a fine aprile aveva scritto: “La Vieille-France avait annoncé la publication, par la section anglaise (éventuelle) de l’ Alliance anti-juive, d’un étrange et considérable document ayant pour titre Le Péril Juif. […] En attendant qu’il soit publié une traduction anglaise [ sic; ma pare proprio un lapsus per: française] du  Jewish Peril, nous traduisons pour nous lecteurs le résumé qu’en donnent les éditeurs”. 15

A mio parere, furono gli articoli de “La veillie France”, se non personalmente lo stesso Gohier, a informare il direttore de “La vita italiana” della pubblicazione dei “Protocolli” in inglese. Preziosi trovò in quel testo la sistematizzazione della pulsione antisemita che lo animava sempre più, e decise di impegnarsi nella sua diffusione in italiano. Lo pubblicò nel febbraio 1921, traducendolo appunto dall’edizione inglese.16 Questa era stata utilizzata anche da Gohier, per la traduzione in francese, che pubblicò nel secondo semestre 1920.17 Va ricordato che anche la rivista cattolica italiana “Fede e ragione”, molto legata al sacerdote Umberto Benigni, pubblicò a puntate, dal marzo al giugno 1921, una traduzione italiana dei “Protocolli”, basata su una diversa edizione francese.18

Come noto, i “Protocolli” consistono in sostanza nei verbali (inventati) di una riunione (inventata) tenuta da dirigenti “mondiali” ebrei (inesistenti) per realizzare la “conquista del mondo”; essi costituirono – e costituiscono – il principale testo di riferimento per i miti antisemiti della Internazionale ebraica, della  cospirazione (mondiale) ebraica, dello  spirito di dominio degli ebrei.

L’itinerario di Preziosi negli anni 1916-1921 mostra come i “Protocolli” abbiano svolto all’epoca, in Europa e nelle aree connesse, un ruolo di globalizzazione e standardizzazione dell’antisemitismo. Durante la guerra e il dopoguerra era maturata l’esigenza di un racconto antisemita transnazionale, che potesse essere utilizzato da molte popolazioni di residenza od origine europea (cristiana). I “Protocolli” si rivelarono adatti a tale scopo; inoltre costituirono una sorta di rinforzo ideologico per tutti coloro che, come Preziosi, erano molto attivi nell’ambito della propaganda e dell’azione politica, ma meno forti in quello del pensiero e della sistematizzazione delle idee. Si trattò di un fenomeno di modernizzazione e il direttore de “La vita italiana” vi partecipò da protagonista.

Relativamente alla situazione dell’Italia in quegli anni, si può ricordare che Mussolini già nel giugno 1919, poche settimane dopo l’avvio a Milano del movimento dei Fasci di combattimento, aveva scritto sul suo giornale “Il popolo d’Italia” un duro articolo contro “i grandi banchieri ebraici di Londra e di New York, legati da vincoli di razza cogli ebrei che a Mosca come a Budapest si prendono una rivincita contro la razza ariana”.19 Come è stato notato, si trattava di concetti e formulazioni che erano più radicali di quelli pubblicati in quei giorni da Preziosi.20 Tra l’altro va notato che questi aderì formalmente al fascismo il primo maggio 1921, ossia dopo aver pubblicato i “Protocolli”.

Nel frattempo, dal secondo semestre 1920, le squadre fasciste effettuarono attacchi, spedizioni punitive e devastazioni sempre più gravi. Purtroppo non vi sono ricerche documentarie dettagliate sulla presenza di antisemitismo, e – nel caso – sulla sua intensità, nei discorsi e nei pochi scritti del fascismo squadrista. E’ auspicabile che esse vengano finalmente effettuate, rompendo l’attuale negligenza. L’unico episodio di tale genere che ho sino a ora identificato è lo scontro avvenuto nell’ottobre 1921 nell’assemblea del fascio di Trieste, nel corso del quale Pietro Jacchia, ebreo e tra i fondatori di quel fascio, fu attaccato con “atteggiamenti antisemitici” da Francesco Giunta (che prevalse, e che due anni dopo divenne segretario nazionale del Partito Nazionale Fascista).21

Relativamente all’articolo dell’agosto 1920 de “La vita italiana”, che informava della pubblicazione in Inghilterra dei “Protocolli”, va ricordato che in esso l’antisemita Preziosi si rivolse agli ebrei italiani, dicendo letteralmente: “noi non siamo anti-semiti”.22 [Questo praticare l’antisemitismo nei fatti, negandolo a parole, è una prassi discorsiva presente anche oggi in Italia, indipendentemente dal variare dei contenuti antisemitici di volta in volta espressi.]

A partire da quell’articolo, “La vita italiana” divenne la principale rivista antisemita italiana.

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Il secondo impegno “moderno” di Preziosi riguardò la legislazione antiebraica. Mussolini decise di introdurre in Italia l’antisemitismo di Stato tra la fine del 1935 e la prima metà del 1936. La prima fase della politica antiebraica, durata dal 1938 al 1943, fu caratterizzata dalla “persecuzione dei diritti”, ossia fu imperniata su leggi che limitavano o eliminavano i diritti degli ebrei quali cittadini, riducendo i loro spazi giuridici e sociali.23 Le legislazioni antiebraiche costituirono una grande novità in tutto il continente. Esse bloccavano e invertivano la ultrasecolare tendenza europea di progressiva estensione dei diritti delle singole persone. Dopo la fine della prima guerra mondiale e la creazione di molti nuovi Stati in Europa, alcuni di essi avevano ripristinato o introdotto ex-novo leggi o regolamenti di limitazione, specie nel settore dell’istruzione.24 Ma le norme emanate dal 1933 dal nuovo governo di Adolf Hitler e poi da altri Paesi avevano una portata assai più ampia e un carattere maggiormente connesso ai tempi. Furono una svolta epocale.

Mussolini definì ed emanò la legislazione antisemita italiana nel corso del 1938.25 Ritengo che Preziosi sapesse che ciò stava avvenendo; ma non ho trovato documenti su ciò. Nei primi mesi dell’anno egli scrisse pochi trafiletti sul tema, sulla sua rivista. Ma nel fascicolo di giugno 1938 ne pubblicò uno che sollecitava direttamente un provvedimento legislativo contro la concessione della cittadinanza italiana ad ebrei stranieri. Si trattava di una questione poco trattata in pubblico. L’articolo sosteneva che tali concessioni erano fortemente aumentate a seguito del regio decreto legge n. 1997 del 1° dicembre 1934.26 In effetti questo aveva alleggerito (per tutti i richiedenti, indipendentemente dal loro essere o non essere ebrei) alcuni dei requisiti stabiliti dalla legge sulla materia, che era del 1912. Ciò che qui maggiormente interessa di quel breve trafiletto sono il titolo, che era Una legge da modificare, e le indicazioni operative finali, che erano: “Prima di tutto il catenaccio; poi la revisione delle cittadinanze concesse; poi modifica della legge”;27 ossia: prima l’interruzione delle concessioni ad ebrei, poi l’annullamento di quelle fatte, infine l’introduzione del divieto legislativo.

Si può osservare che il numero degli ebrei interessati da questa normativa era sicuramente esiguo; ma va altresì ricordato che la cittadinanza era un tema sacro per il fascismo e si intrecciava con quello di nazione.

Questo articolo de “La vita italiana” presenta elementi di forte vicinanza con un altro episodio di quei giorni, senza che però al momento siano note connessioni documentate tra essi. Preziosi lo pubblicò sul fascicolo datato 15 giugno 1938. Grazie alle ricerche di Giorgio Fabre, sappiamo che il 1° giugno 1938 fu la data ufficiale di costituzione presso il Ministero dell’Interno di una “commissione per la preparazione di provvedimenti legislativi concernenti la difesa della razza italiana e la disciplina degli ebrei stranieri residenti in Italia”.28 Quindi Preziosi intervenne in merito alla legislazione antiebraica proprio quando Mussolini ne stava avviando la preparazione tecnica, e lo fece su un tema che connetteva i due ambiti tematici che il dittatore e ministro dell’Interno aveva assegnato alla commissione.

Per conoscere meglio ciò che avvenne occorre proseguire le ricerche, negli archivi, nella stampa, forse anche nei carteggi. Ad esempio, su come avvenne l’inserimento, nella legge sugli ebrei stranieri, della revoca delle cittadinanze già concesse.29 Comunque resta che Preziosi intervenne in modo pubblico sul trattamento degli ebrei, sollecitando una legge.

Due mesi dopo, Preziosi commentò sulla sua rivista il comunicato governativo “Informazione diplomatica” n. 18 del 5 agosto, che proclamava il diritto dello Stato fascista di prendere provvedimenti contro gli ebrei.30 Il comunicato era stato scritto da Mussolini, anche se fu pubblicato senza l’indicazione del suo nome.31 Il commento, che costituì l’articolo di apertura del fascicolo de “La vita italiana” del 15 agosto, aveva il titolo significativo Era mussoliniana, e si chiudeva con le parole “Gli ebrei che resteranno fra noi vanno infrenati con leggi speciali. Questa la soluzione integrale del problema”.32 A metà agosto 1938, le leggi “speciali” contro gli ebrei erano in stato di avanzata preparazione, e la loro emanazione era attesa da molti; tuttavia non erano state ancora preannunciate in modo esplicito. Lo stesso comunicato del Partito Nazionale Fascista del 25 luglio 1938, concernente il “manifesto del razzismo fascista”, che era stato diffuso dieci giorni prima, menzionava le leggi “razziste” solo in riferimento alle colonie africane e ai loro abitanti.33 Quindi la frase di Preziosi costituiva, assieme, un’adesione anticipata e una sollecitazione.

Tutto questo ovviamente non sminuisce il ruolo di Mussolini, che fu sempre il decisore principale. Ma a mio parere documenta il forte sostegno di Preziosi allo strumento della legislazione antiebraica, cioè a ciò che nella seconda metà degli anni Trenta costituiva la modalità più moderna, e più antiliberale e antiegualitaria, di un’azione antisemita governativa.

Come noto, sotto la Repubblica Sociale Italiana, Preziosi ricevette l’incarico di Ispettore Generale per la Razza, ossia di responsabile del nuovo ufficio Ispettorato Generale per la Razza, istituito nel febbraio 1944 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, cioè direttamente sotto Mussolini.34 L’Ispettorato non aveva il compito di gestire l’attuazione materiale della politica antiebraica (riservata ormai alla polizia arrestatrice), bensì quelli di sviluppare, modificare e interpretare le linee-guida della persecuzione.

Preziosi ricevette l’incarico all’inizio di marzo 1944, e si dedicò subito alla stesura di nuovi provvedimenti legislativi razzisti e antisemiti, con solerzia e capacità tecniche, mostrando quindi di essere ben preparato sul tema, nonché di avere desiderato e atteso il nuovo incarico.

Solo il progetto legislativo sulla regolamentazione dell’Ispettorato divenne una vera legge, gli altri testi rimasero bloccati dai contrasti sorti tra i vari ministeri; ma ciò che qui interessa è l’impegno di Preziosi in quella attività, non i risultati conseguiti. Peraltro, va detto che quei suoi testi attendono ancora il pieno esame storiografico a cui hanno diritto.35

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Alla fine della primavera 1943 accaddero i seguenti tre fatti che sembrerebbero essere collegabili, ma che al momento non sono adeguatamente indagati. Il 15 giugno 1943 il vicesegretario del Partito Nazionale Fascista Alfredo Cucco raccomandò ai segretari federali del partito la rivista “La vita italiana”, menzionando anche il nome del direttore.36 Proprio nel fascicolo n. 363 datato 15 giugno 1943, la rivista pubblicò un comunicato firmato da Roberto Farinacci e Giovanni Preziosi, che, riaffermando la “fraterna amicizia” e la “comune visione”, annunciavano la cessazione della amministrazione della rivista da parte della società Cremona Nuova, gestita dal primo ed editrice del quotidiano “Il regime fascista”.37 E il fascicolo n. 364 del 15 luglio non contenne più riferimenti a quella società. Il terzo fatto è che, stando alle raccolte possedute dalle biblioteche, sembra che l’ultimo fascicolo pubblicato dal quindicinale razzista e antisemita “La difesa della razza”, diretto da Telesio Interlandi, sia stato il n. 16 datato 20 giugno 1943. Non è noto se l’interruzione fu causata da un problema di carattere tecnico o economico, o da un contrasto tra antisemiti. Peraltro, data l’assenza di ricerche su questo tema, non sono in grado di stabilire se tutto ciò ebbe o no rilevanza per il tema – qui trattato – della modernità dell’antisemitismo del direttore de “La vita italiana”.

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La terza “modernità” di Preziosi concerne la politica antiebraica nazista di genocidio degli ebrei.

All’epoca della prima guerra mondiale egli aveva attaccato duramente la Germania e i tedeschi. E in alcuni casi, come già detto, gli ebrei tedeschi. In seguito, dopo qualche cautela iniziale, egli aveva sviluppato un’ammirazione crescente per Adolf Hitler, per il regime nazista, per il loro antisemitismo.

Per Preziosi, gli ebrei dovevano essere espulsi dall’intero continente. Nell’agosto 1940, ossia prima che il nazismo desse inizio allo sterminio sistematico, egli invocò sulla sua rivista “la regolazione definitiva e generale del problema ebraico e ciò in modo uniforme in tutti i Paesi d’Europa. […] La Nuova Europa dovrà essere implacabile: Fuori gli ebrei dall’Europa! Ma tutti gli ebrei”. A suo parere, ciò costituiva la “soluzione che Mussolini ed Hitler preparano per l’Europa e forse per il mondo”.38 Nel settembre 1942 scrisse che era in corso “la lotta mondiale tra arianesimo e giudaismo” e che “siamo – gomito a gomito con la Germania e con gli alleati – impegnati per la vita e per la morte contro le forze coalizzate dell’ebraismo antifascista mondiale”.39 All’epoca di queste ultime parole, lo sterminio era in atto e le notizie su esso si stavano diffondendo anche all’interno del gruppo dirigente fascista.40

Va altresì notato che quei temi erano trattati in modo più esplicito da altri autori della rivista. Ad esempio nel luglio 1942 Farinacci affermò: “Chi veramente ha voluto l’attuale guerra, perché aveva deciso di sterminare Italiani e Tedeschi, è stata l’internazionale giudaica. […] I Giudei vogliono distruggere noi, noi distruggeremo loro”.41 Come detto, queste parole non furono scritte da Preziosi, ma lui le pubblicò sulla sua rivista.

Subito dopo il 25 luglio 1943 egli si rifugiò in Germania, dove già il 27 incontrò Hitler. In seguito si inserì pienamente nella vita del nuovo Stato fascista dell’Italia centro-settentrionale, denominato Repubblica Sociale Italiana, sia svolgendo il già menzionato incarico di Ispettore Generale per la Razza, sia riprendendo la pubblicazione de “La vita italiana”, col fascicolo n. 365 del 30 settembre 1944.42 Come noto, la storia della Repubblica Sociale Italiana fu caratterizzata dall’arresto generalizzato degli ebrei, attuato prima dalla sola polizia nazista e poi soprattutto da quelle fasciste, e dalla deportazione degli arrestati ad Auschwitz-Birkenau.43

Per tutto questo periodo, stando ai suoi articoli e ai documenti oggi noti, Preziosi non menzionò esplicitamente il genocidio in atto, e quindi non si pronunciò su esso. Le sue affermazioni oggi note, non si discostarono da quelle utilizzate nel 1940-1942. Ad esempio, il 31 gennaio 1944 scrisse a Mussolini che occorreva ottemperare a un “monito […] contenuto nel Mein Kampf di Hitler”, ossia che “primo compito [era] quello di eliminare gli ebrei”; e che occorreva operare per la “unità europea ariana, per giungere alla quale nulla è meglio indicato delle leggi razziali germaniche”.44 L’8 marzo 1944, annunciando al Segretario di Stato del Ministero degli Affari Esteri tedesco la propria nomina a capo del nuovo ufficio razzista, lo assicurò che avrebbe collaborato con i corrispondenti uffici tedeschi “per quell’unità ariana europea per la quale il Grande Reich tedesco combatte in questa guerra, guidato dal genio del Führer”.45 E nei fascicoli de “La vita italiana” del 30 settembre e del 30 novembre 1944 ripeté la citazione del Mein Kampf fatta a gennaio, sulla necessità di “eliminare gli ebrei”, nonché – nel primo dei due fascicoli – l’obiettivo della “unità europea ariana”.46

Anche in questo periodo furono altri collaboratori della sua rivista a utilizzare parole e concetti più espliciti. Ad esempio, in settembre 1944 Giulio Cogni scrisse: “Quanto poi ai provvedimenti certamente assai duri che vengono adottati verso di loro [=gli ebrei], non bisogna scordare che essi sono dettati in mezzo a una tragica guerra, nella quale ormai gli italiani giocano la testa sul filo d’un rasoio. […] E allora è necessario ricorrere a estremi provvedimenti, e trattare da nemici tutti coloro che effettivamente sono tali, e sono spesso assai peggio: cioè dei traditori”.47

A mio parere non è possibile ipotizzare che Preziosi, mentre nel 1944 scriveva o approvava queste frasi, non sapesse del massacro degli ebrei di Polonia e Serbia, dell’uccisione di quelli della Francia e della Germania, delle recenti deportazioni ad Auschwitz da Roma e dal campo di internamento di Fossoli. Non è proprio possibile ipotizzarlo.

Altri due documenti consentono di osservare più da vicino l’operato e quindi il pensiero di Preziosi e del suo ufficio. L’8 giugno 1944 il Capo di Gabinetto dell’Ispettorato Generale per la Razza, rispondendo a un quesito sollevato dal Capo della Provincia di Vercelli, scrisse alla Direzione Generale di Polizia che “i nati da matrimoni misti che professano la religione ebraica sono considerati di razza ebraica […] e sono, come tali, soggetti a tutte le norme concernenti gli ebrei cosiddetti puri”.48 Detto in altre parole, scrisse che anche quelle persone dovevano essere arrestate e internate. Ovviamente, se lui o il suo responsabile gerarchico lo avessero voluto, avrebbero potuto evitare di rispondere, o sollevare perplessità tecnico-burocratica; ma non lo fecero, dettero il via libera al loro arresto.

Ancora più interessante è una lettera che Preziosi firmò l’1 marzo 1945, quale Ispettore Generale per la Razza. Anche questa volta il tema era quello delle persone “razzialmente miste” o facenti parte di matrimoni “razzialmente misti”. Era accaduto che alcuni coniugi o genitori “di razza ariana” avevano scritto a Mussolini, probabilmente in ottobre 1944, segnalando che all’inizio di agosto i loro congiunti erano stati deportati dal campo di Fossoli “per ignota destinazione”. L’elenco comprendeva anche una bambina di quattro anni, che nel testo era definita “ariana di diritto”. La segreteria di Mussolini aveva inoltrato la supplica all’Ispettorato, in data non nota. E l’1 marzo 1945 Preziosi scrisse al Ministero dell’Interno: “Con riguardo ai fatti, di cui l’esposto medesimo, questo Ispettorato Generale, trattandosi di misure di polizia rispetto alle quali esso ha competenza particolarmente nella determinazione delle direttive di massima in collaborazione con gli altri Dicasteri chiamati a decidere in materia, non può avocare a sé una decisione sull’istanza presentata dagli interessati. Nulla osta, però, da parte dello scrivente, acché, nei limiti delle disposizioni in vigore, venga dato corso alla richiesta in modo che i motivi di sicurezza che rendono necessario lo internamento degli ebrei, siano salvaguardati conciliabilmente però con quelle provvidenze umane (mantenimento in Italia, possibilità di corrispondenza vigilata coi congiunti e di ricevere viveri) che si credesse di poter accordare”.49

E’ un testo arzigogolato, dimesso, privo di quella risolutezza caratterizzante le sue asserzioni antisemite sopra riportate. Qui il tema ora è la morte quale conseguenza di quelle asserzioni. E Preziosi rifiuta di decidere, si astiene dal contestare e dal contrastare arresto e internamenti, scrive che il non deportare quegli ebrei potrebbe essere “umano”, ma scosta da sé l’intero tema e lo demanda burocraticamente ad altri. Non si pronuncia nemmeno per la liberazione della bambina di quattro anni, che era stata definita “ariana di diritto”. Nessuno degli arrestati o dei parenti “di razza ariana” merita la sua attenzione, il suo tempo, il suo interesse. In questo modo, a mio parere, quelle parole attestano la sua partecipazione allo sterminio in atto.

La modalità dell’antisemitismo affermatasi di colpo agli inizi degli anni Quaranta del Novecento, fu lo sterminio. Si trattò appunto di una modalità estremamente moderna. Preziosi la supportò in generale e poi in Italia, così come aveva fatto per le precedenti modalità moderne della diffusione de “I protocolli dei savi anziani di Sion” e della legislazione antiebraica.

In nessuna di queste tre evenienze egli svolse un ruolo di ideazione; ma a ciascuna dette una adesione immediata. Per questo egli merita, a mio parere, di essere definito un antisemita moderno.

1    Su Giovanni Preziosi cfr. Luca Menconi, Giovanni Preziosi e “La    Vita Italiana”. Biografia politica e intellettuale,    Aracne, Canterano (RM) 2018; Giorgio Fabre, Preziosi,    Giovanni, in Dizionario    biografico degli italiani, vol.    85, 2016,    https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-preziosi_(Dizionario-Biografico)    (ultimo    accesso:    giugno    2025);    e    la bibliografia ivi citata. Cfr. almeno    anche    Maria Teresa    Pichetto, Alle    radici dell’odio. Preziosi e Benigni antisemiti,    Franco Angeli, Milano 1983; Fabio Gentile, Rosa Maria Grillo, Luigi    Parente (a cura di), Giovanni Preziosi e la questione della razza    in Italia. Atti del Convegno di studi (Avellino – Torella dei    Lombardi, 30 novembre – 2 dicembre 2000), Rubbettino, Soveria    Mannelli 2005; Romano Canosa, A caccia di ebrei. Mussolini,    Preziosi e l’antisemitismo fascista, Mondadori, Milano 2006;    Michele Sarfatti (a cura di), La Repubblica sociale italiana a    Desenzano: Giovanni Preziosi e l’Ispettorato generale per la    razza, Giuntina, Firenze 2008.

2    Menconi, Giovanni Preziosi, pp. 108, 126.

3    Giovanni Preziosi, Gl’Italiani negli Stati Uniti del Nord,    Libreria Editrice Milanese, Milano 1909, p. 36.

4    Id., Dove per la prima volta vidi il “pericolo ebraico”,    in “La vita italiana”, a. 31, n. 358 (gennaio 1943), pp. 67-68.

5    Pichetto, Alle radici dell’odio, p. 42; Fabre, Preziosi.

6    Maffeo Pantaleoni, Leonida Bissolati, Ministro del Re, “La    vita italiana”, a. 4, n. 47 (15 novembre 1916), pp. 396-406: 397.

7    Id., Le due mozioni alla Camera, quella degli ‘arrivisti’ e    quella dei ‘barbaro-giudaici’, “La vita italiana”, a. 4,    n. 48 (15 dicembre 1916), pp. 495-501: 500-1.

8    Ibid., p. 501.

9    Grégoire Kaufmann, Urban Gohier (Urban Degoulet-Gohier, dit),    in Pierre-André Taguieff, Grégoire Kaufmann, Michaël    Lenoire, L’antisémitisme    de plume. 1940-1944. Études    et documents, Berg    International,    Paris 1999, pp. 412-18.

10    Urbain Gohier, Leone Daudet, “La vita italiana”, a. 5, n.    59 (15 novembre 1917), pp. 391-98. Articolo segnalato in Nina    Valbousquet, Catholique et antisémite. Le réseau de Mgr.    Benigni. Rome, Europe, Etats-Unis, 1918-1934, CNRS Editions,    Paris, 2020, p. 76.

11    Emilio Beer, Il problema Sionista e l’Italia, “La vita    italiana”, a. 6, n. 70 (15 ottobre 1918), pp. 308-14; a. 6, n. 72    (15 dicembre 1918), pp. 535-44; a. 7, n. 74 (15 febbraio 1919), pp.    134-42; a. 7, n. 77 (15 maggio 1919), pp. 466-75: 473.

12    Fatti e commenti – Jacob H. Schiff,    “La vita italiana”, a. 7, n. 77 (15 maggio 1919), p. 506.

13    L’internazionale ebraica, “La vita italiana”, a. 8, n. 92    (15 agosto 1920), pp. 97-109.    Piero Misciatelli,    Imperialismo    massimalista?, “Il    resto del carlino”, 12 giugno 1920.

14    The Jewish Peril. Protocols of the Learned Elders of Zion,    Eyre and Spottiswoode, London 1920. Cfr. Norman    Cohn, Licenza    per un genocidio. I ‘Protocolli degli Anziani di Sion’: storia    di un falso,    Einaudi, Torino 1969, pp. 114-15    (ed. or. 1967);    Pierre-André    Taguieff, Les    Protocoles des Sages de Sion,    vol. 1 Introduction    à l’étude des Protocoles. Un faux et ses usages dans le siècle,    Berg International, Paris 1992, p. 368; Jean-François    Moisan, Les    Procoles des Sages de Sion en Grande-Bretagne et aux U.S.A.,    in Pierre-André Taguieff (a cura di), Les    Protocoles des Sages de Sion,    vol. 2 Études    et documents,    Berg International, Paris 1992, pp. 163-216:    175-76.

15    Le document du Jewish    Peril,    “La vieille France”, n. 170, 29 april – 6    mai 1920, p. 20. Cfr. La Conspiration Juive contre les Peuples.    ‘Protocols’. Procès-verbaux de réunions secrètes des Sages    d’Israël,    La Vieille France, Paris 1920, pp. 3-4.

16    Sergyei Nilus, L’Internazionale Ebraica. Protocolli dei ‘Savi    Anziani’ di Sion, La Vita Italiana, Roma 1921. Per febbraio,    cfr. Il pericolo ebraico. I protocolli dei ‘Savi Anziani di    Sion’, “La vita italiana”, a. 9, n. 98 (15 febbraio 1921),    p. 104. Per la traduzione dall’inglese, cfr. Cesare G. De    Michelis, Il manoscritto inesistente. I “Protocolli dei    savi di Sion”: un apocrifo del XX secolo, Marsilio, Venezia    1998, pp. 163, 300.

17    La Conspiration Juive contre les Peuples. ‘Protocols’.    Procès-verbaux de réunions secrètes des Sages d’Israël.    Cfr. De Michelis, Il manoscritto, p. 301.

18    I Protocolli dei saggi Anziani di Sion,    “Fede e ragione”,    2,    nuova serie, n. 13-26    (27    marzo 1921    – 26 giugno 1921);    poi nel volume FER    (a    cura di), I    documenti della conquista ebraica del    mondo,    Fede e ragione, Firenze-Roma 1921. Cfr.    Nina Valbousquet, Catholique    et antisémite. Le rèseau de Mgr Benigni – Rome, Europe,    Etats-Unis, 1918-1934,    CNRS, Paris 2020, pp. 83-85; De    Michelis, Il    manoscritto,    pp.    163,    300.

19    Benito Mussolini,    Opera    omnia,    36 voll., La Fenice, Firenze 1951-1963,    vol. 13,    1954,    p. 169 (articolo del 4 giugno 1919).

20    Giorgio Fabre, Mussolini razzista. Dal socialismo al fascismo: la    formazione di un antisemita, Garzanti, Milano 2005, pp. 240-55.

21    Michele Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende,    identità, persecuzione, ed. definitiva, Einaudi, Torino 2018,    p. 24.

22    L’internazionale ebraica, “La vita italiana”, a. 8, n. 92    (15 agosto 1920), pp. 97-109.

23    Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia.

24    Renata Broggini, Anna Capelli (a cura di), Antisemitismo in    Europa negli anni Trenta. Legislazioni a confronto, Franco    Angeli, Milano 2001.

25    Michele Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca    dell’elaborazione delle leggi del 1938, 2° ed., Zamorani,    Torino 2017; Giorgio Fabre, Il razzismo del duce. Mussolini dal    ministero dell’Interno alla Repubblica sociale italiana, con    la collaborazione di Annalisa Capristo, Carocci, Roma 2021.

26    Regio decreto legge 1° dicembre 1934, n. 1997, Modificazioni    alla legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla cittadinanza.

27    Giovanni Preziosi, Fatti e commenti – Una legge da modificare,    “La vita italiana”, a. 26, n. 303 (15 giugno 1938), p. 800.

28    Fabre, Il razzismo del duce, p. 87 e documento 6 dell’inserto    fotografico.

29    Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei, pp. 47-52, 195-96;    Fabre, Il razzismo del duce, p. 106.

30    Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei, pp. 41-42.

31    Giorgio Fabre, Uno sconosciuto articolo razzista di Mussolini    (con una nota sui suoi autografi), “Quaderni di storia”, n.    65 (gennaio-giugno 2007), pp. 129-77: 143, nota 34.

32    Giovanni Preziosi, Era mussoliniana, “La vita italiana”,    a. 26, n. 305 (15 agosto 1938), pp. 133-36.

33    Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei, pp. 35-37, 194.

34    Id., Le leggi antiebraiche proposte nel 1944 da Giovanni    Preziosi, in Id. (a cura di), La Repubblica sociale, pp.    141-71: 141; Mauro Raspanti, L’Ispettorato generale per    la razza, in Sarfatti (a cura di), La Repubblica sociale,    pp. 109-39.

35    Id., Le leggi antiebraiche proposte, pp. 170-71.

36    Gianfranco Bianchi, 25 luglio Crollo di un regime, Mursia,    Milano 1964, inserto dopo p. 290.

37    Giovanni Preziosi, Fatti e commenti – Commiato,”La    vita italiana”, a. 31, fasc. 363 (15 giugno 1943), p. 598.

38    Id., Fatti e commenti – In attesa della soluzione europea della    questione ebraica,”La vita italiana”, a. 28, fasc. 329 (15    agosto 1940), pp. 195-96.

39    Id., Per la soluzione del problema ebraico,”La vita    italiana”, a. 30, fasc. 354 (15 settembre 1942), pp. 221-24: 221.

40    Michele Sarfatti, I confini di una persecuzione. Il fascismo e    gli ebrei fuori d’Italia (1938-1943),    Viella, Roma 2023, pp. 65-79.

41    Roberto Farinacci, Il problema giudaico da un punto di vista    storico-politico,”La vita italiana”, a. 30, fasc. 352 (15    luglio 1942), pp. 3-14: 6, 11.

42    Francesco Germinario, Antisemitismo senza ebrei. I temi    dell’attività pubblicistica dell’ultimo Giovanni Preziosi    (1943-1945), in Sarfatti (a cura di), La Repubblica sociale,    pp. 77-107.

43    Liliana Picciotto, Il libro della memoria. Gli Ebrei deportati    dall’Italia (1943-1945). Ricerca della Fondazione Centro di    Documentazione Ebraica Contemporanea, 3° ed., Mursia, Milano    2002; Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia.

44    Giovanni Preziosi a Benito Mussolini, 31 gennaio 1944,    dattiloscritto, pp. 1-14: 11, 14; in Archivio Centrale dello Stato,    Segreteria Particolare del Duce, RSI, Carteggio riservato 1943-1945,    b. 24, fasc. 166, sfasc. 2.

45    Giovanni Preziosi a Segretario    di Stato del Ministero degli Affari Esteri tedesco, Gustav Adolf    Steengracht, 8    marzo 1944;    in    Politisches Archiv des Auswärtigen Amts, Berlino, RZ    102/29645,Italien, Büro des Staatssekretars. Bd.19, p. 352-353;    ringrazio    Carlo Gentile per l’aiuto a reperire il documento.

46    Giovanni Preziosi, Per l’Italia di domani, “La vita    italiana”, a. 32, fasc. 365 (30 settembre 1944), pp. 4-21: 21;    Id., Per risorgere, “La vita italiana”, a. 32, fasc.    366-367 (30 novembre 1944), pp. 113-18: 113.

47    Giulio Cogni, In attesa delle nuove leggi razziali, “La    vita italiana”, a. 32, fasc. 365 (30 settembre 1944), pp. 59-62:    61.    

48    Capo di Gabinetto dell’Ispettorato Generale per la Razza a    Ministero dell’Interno – Direzione Generale di Polizia, 8 giugno    1944; in Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno,    Direzione Generale della Pubblica Sicurezza, Affari Generali e    Riservati, Massime (1880-1954), b. 183, fasc. 19.

49    Ispettore Generale per la Razza Giovanni Preziosi a Ministero    dell’Interno – Direzione Generale di Polizia, 1 marzo 1945; in    Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione    Generale della Pubblica Sicurezza, Affari Generali e Riservati,    Massime (1880-1954), b. 183, fasc. 19.

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