Contro i libri e i documenti delle Comunità israelitiche italiane, 1938–1945

Il 15 novembre 1976 Luisella Mortara Ottolenghi inviò a Rodolfo Siviero, capo della Delegazione per le restituzioni [dei beni artistici sottratti all’Italia nel corso della guerra], una “relazione” e un “dossier di documenti” sulle “vicende del patrimonio artistico ebraico durante il nazi-fascismo”. Luisella Mortara Ottolenghi scriveva in qualità di consigliere dell’Unione delle comunità israelitiche italiane e per incarico di essa; all’epoca era anche vicepresidente del Centro di documentazione ebraica contemporanea. Nella lettera di accompagnamento accennò alla “grossa carenza nostra di non aver provveduto prima a segnalarLe quanto era accaduto. Ma l’ebraismo italiano con le sue poche forze, ha ritenuto di doversi occupare prima delle vittime e delle sofferenze umane, poi dei beni materiali”. Nell’archivio dell’Unione delle comunità ebraiche italiane è conservata copia della “relazione” (un prospetto sintetico di quanto accaduto in ciascuna Comunità, con indicazione dei documenti allegati) ma non del “dossier di documenti”; nell’archivio della Commissione interministeriale per il recupero delle opere d’arte (erede della Delegazione per le restituzioni) non è stato possibile reperire né la prima né il secondo. L’assenza del dossier nell’archivio dell’Unione è forse motivata dal fatto che all’epoca l’uso delle fotocopie non era ancora divenuto massiccio, l’assenza dell’intero plico nell’archivio della Commissione interministeriale (peraltro contenente varia documentazione sulle vicissitudini dei beni artistici ebraici o di ebrei) è forse conseguenza di dispersione o mancata cura.

Mi sono imbattuto in questa vicenda durante i lavori della Commissione per la ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato in Italia le attività di acquisizione dei beni dei cittadini ebrei da parte di organismi pubblici e privati [la “Commissione Anselmi”]. All’interno di essa, l’ambito dei beni artistici e culturali è stato curato dal commissario Antonio Farrace. Tuttavia, date le conoscenze già in mio possesso, ho ritenuto mio dovere impegnarmi nelle indagini relative alle vicissitudini dei beni librari e archivistici delle Comunità israelitiche. Ho così svolto una ricerca definibile come recupero parziale e piccola integrazione del lavoro svolto nel 1976 da Luisella Mortara Ottolenghi. Ne espongo qui i risultati, precisando che alcune sommarie anticipazioni erano state da me presentate al Forum di Vilnius del 3–5 ottobre 2000 (cfr. “La Rassegna Mensile di Israel”, vol. LXVI, 2000, pp. 161–164), e avvertendo che il riepilogo qui presentato potrebbe contenere imprecisioni o errori, che spero mi vengano segnalati. Alcune incompletezze peraltro sono forse destinate a rimanere tali per sempre: a un anno dalla liberazione, la Comunità di Bologna avvisava:

Purtroppo non Vi possiamo essere precisi circa il materiale d’archivio [eventualmente andato distrutto] perché il rabbino Capo Cav. Orvieto a suo tempo deportato, non ha fatto ritorno e nessun altro può fornire informazioni al riguardo.1

Nel periodo della “persecuzione dei diritti degli ebrei” (ossia dal 1938 all’estate 1943), il regio governo fascista non emanò norme persecutorie contro le raccolte librarie o documentarie possedute dalle Comunità israelitiche.2 Per tale periodo sono documentati gravi danni arrecati da fascisti a libri di preghiera in occasione delle devastazioni delle sinagoghe di Ferrara (21 settembre 1941)3 e Trieste (18 luglio 1942)4 e dell’incendio di quella di Padova (13 maggio 1943)5, ma ciò non riguardò le biblioteche comunitarie vere e proprie o gli archivi comunitari. Ben più serio fu quanto accadde a Torino: il bombardamento aereo alleato del 20 novembre 1942 colpì anche la sinagoga e le raccolte librarie e documentarie.

Va tenuto presente che il crescente impoverimento degli ebrei e quindi degli enti ebraici ebbe conseguenze anche sulla cura dedicata ai beni bibliografici e archivistici. Questa situazione probabilmente rese più difficile il recupero dei beni bombardati a Torino. D’altro canto l’ingresso dell’Italia in guerra nel giugno 1940 dette luogo in molte Comunità ad azioni o progetti di tutela delle cose maggiormente sacre o preziose, che si estendevano talora anche ai beni documentari.


Con l'8 settembre 1943 la persecuzione antiebraica conobbe una drastica svolta. In termini estremamente sintetici, l’occupante tedesco e poi anche la neocostituita Repubblica sociale italiana si dettero l’obiettivo della deportazione degli ebrei e della loro spoliazione completa. Mentre gli arresti compiuti dall’uno o dall’altra confluirono tutti nel processo nazista di sterminio, relativamente alle spoliazioni si manifestò talora una vera e propria concorrenza, determinata dal fatto che i beni degli ebrei — a differenza delle loro vite — continuavano ad avere valore. Nel comparto che qui interessa (gli archivi e le biblioteche delle Comunità) questa concorrenza vide le autorità naziste prevalere su quelle fasciste in una determinata zona geografica (le province nordorientali facenti parte dell'Operationszone Alpenvorland e dell'Operationszone Adriatisches Kuestenland) e in un determinato momento cronologico (Roma nel settembre–ottobre 1943). Nei restanti periodi e nei restanti luoghi il governo fascista di Salò esercitò pienamente la propria autorità.

Le comunità ebraiche delle regioni nordorientali erano Merano, Gorizia e Trieste (nonché Fiume e Abbazia, oggi in Croazia).

Per le carte e i libri di Gorizia ho potuto rintracciare le seguenti notizie. L’archivio storico della Comunità, risalente al 1509, rimase “abbandonato a sé stesso e le rivendugliole di via Ascoli ne approfittarono per avvolgere in quelle antiche carte le loro mercanzie”;6 di esso sono rimaste solo “alcune decine di fascicoli” concernenti gli ultimi tre secoli.7 In biblioteca invece le asportazioni furono decisamente minori8 e rimasero “diversi armadi con un discreto numero di volumi più o meno antichi”,9 ovvero “un gran numero di libri ebraici antichi ed antichissimi”.10

A Trieste, “dal 25 gennaio 1944 gli uffici della Comunità vennero occupati dalle autorità germaniche; […] i locali riservati tanto all’archivio corrente [ossia quello delle pratiche in corso, del quale faceva presumibilmente parte l’elenco degli iscritti] quanto a quello storico furono manomessi, i documenti sparpagliati, il tutto lasciato insomma in un grande disordine. Sembra che una parte dei documenti più recenti sia stata venduta per carta da macero, perché tra gli atti esistenti al locale Ufficio Ebraico del Governo Militare Alleato si trovano numerose pezze d’appoggio che comprovano tale vendita e gli incassi effettuati. Per quanto riguarda invece l’archivio storico esso è fortunatamente salvo. I documenti che vanno dalla metà del Seicento fino agli albori dell’Ottocento sono stati nell’estate del 1943 posti in casse insieme con i Sefarim e messi al sicuro. I diplomi di Maria Teresa con la firma autografa dell’Imperatrice ed i sigilli pendenti furono a suo tempo dati in custodia alla Curia Vescovile e da questa restituiti dopo la liberazione della città”.11 La biblioteca subì una sorte diversa: “le collezioni librarie [di privati e di enti], molto ricche e fornite, non vengono disperse ma accatastate alla rinfusa nel Tempio, assieme a quelle giunte da Gorizia, Udine, Fiume, e qui sottoposte ad una cernita: le opere più importanti sono riservate alle biblioteche nazionali e universitarie di Vienna e Klagenfurt, presso il cui Gaumuseum vengono trasportate 18 casse di volumi, giacenti nella Sinagoga. […] Una grande quantità di libri è rubata dal tempio il 29 o 30 settembre 1944, ad opera di ignoti, che, secondo le affermazioni dei tedeschi, sarebbero cittadini italiani”.12 Nel corso del saccheggio venne asportato o distrutto anche l’unico catalogo della biblioteca comunitaria.13 Alla Liberazione, peraltro, all’interno della sinagoga vennero trovate “molte decine di migliaia di libri”.14 Altri libri della Comunità e di privati vennero recuperati subito dopo la liberazione. Il direttore della Studienbibliothek di Klagenfurt comunicò nel 1949 al locale consolato italiano di aver individuato 147 libri della biblioteca della Comunità.15

A Merano, “tutti i libri e registri della Comunità andarono distrutti durante il periodo di occupazione”.16 In quella zona peraltro, dopo la liberazione, vennero trovati molti oggetti di vario tipo rubati da tedeschi o italiani ad ebrei e poi abbandonati prima di inoltrarsi nell’imbuto del Brennero:

In una soffitta di una privata abitazione di questa città sono stati rintracciati una cinquantina di volumi di letteratura ebraica, alcuni dei quali portano impresso sul frontespizio il timbro ovale ‘Università Israelitica di Firenze’. Risulta che tali libri sono stati ivi accantonati durante il tempo della occupazione tedesca.17

Per Fiume, non si sono reperite notizie certe sulle sorti dell’archivio storico, mentre “la biblioteca della nostra Comunità è stata divorata dalle fiamme, quando la polizia tedesca incendiò il nostro tempio in via Pomerio 31 [30 gennaio 1944]. Anche la biblioteca del nostro defunto Rab. Capo Dott. Frank è stata asportata dai tedeschi dopo la deportazione della sua vedova”.18

In termini riassuntivi, sembra di poter rilevare che da parte nazista vi fu uno scarso interesse per gli archivi storici e una certa attenzione alle biblioteche, sfociata in una vera e propria “deportazione” selettiva. Si può inoltre osservare che questa diversificazione del trattamento dei beni documentari ebraici — quella tra archivi e biblioteche e quella tra libri e libri — sembra attestare l’assenza di un piano organico di spoliazione e trasferimento in Germania, o quantomeno l’abbandono, presumibilmente per motivi bellici, del piano di rastrellamento organico di detti beni attuato nei primi anni di guerra.


Le autorità tedesche si interessarono dei libri e dei documenti ebraici romani sin dall’inizio dell’occupazione. Anche nella capitale esse trattarono diversamente gli uni dagli altri. Riguardo all’archivio, sappiamo che quello storico, conservato negli uffici del rabbino capo, non subì alcun danno; mentre il 29 settembre 1943 vennero “asportate n. 26 cassette [di armadi ad uso archivio] contenenti parte dell’archivio recente”,19 compresi alcuni elenchi nominativi, come il ruolo dei contribuenti (gli schedari anagrafici erano stati invece precedentemente nascosti).20 Scopo di questa asportazione era con tutta probabilità proprio la preparazione della razzia, ordinata da Berlino pochi giorni prima21 e attuata il 16 ottobre. Parte dei documenti vennero ritrovati dopo la liberazione, negli scantinati di via Tasso22 (la documentazione oggi in possesso della Comunità per l’arco di tempo tra l’emancipazione e l’immediato dopoguerra è incompleta ed è conservata in 196 buste).23

Nella sede della Comunità israelitica di Roma erano conservate la biblioteca comunitaria e quella del Collegio rabbinico italiano, recentemente trasferito da Firenze a Roma. Erano assai pregiate, soprattutto la prima.24 Il 30 settembre e il 1º ottobre due ufficiali tedeschi esaminarono le due biblioteche, situate al secondo e al terzo piano dell’edificio,25 uno di essi “si qualificò come professore di lingua ebraica in un Istituto Superiore di Berlino”;26 il secondo giorno prelevarono i cataloghi. L'11 ottobre gli stessi o altri due ufficiali tornarono per comunicare l’ordine di sequestro dei libri; infine il 13 ebbe inizio il saccheggio:

Vennero addirittura adoperati per impadronirsene due capaci carri ferroviari. In essi i libri furono disposti ordinatamente a strati. Fra strato e strato furono interposti dei fogli di carta ondulata. […] I carri, una volta colmati, vennero accuratamente sigillati e spediti in Germania. Il personale […] altro non poté fare se non annotare i numeri e la destinazione dei carri. Eccoli: DRPI/Munchen/97970/G DRPI/Munchen/97970/C.27

Questi vagoni partirono già in ottobre, seguiti in dicembre da un terzo. I volumi vennero prelevati dall’Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg (ERR),28 l’unità speciale del Terzo Reich che curava il saccheggio dei beni culturali e artistici ebraici in tutto il continente; ma non è ancora certo se gli ufficiali tedeschi che operarono a Roma appartenessero a tale unità o avessero stabilito un contatto con essa proprio per questa operazione. L’ERR non sembra aver operato in altre città italiane; comunque solo a Roma la persecuzione nazista dei libri ebraici sfociò in una vera e propria “deportazione” generalizzata.

Della biblioteca della Comunità israelitica di Roma non si è più avuto notizia (ma ora si spera nell’opera della Commissione per il recupero del patrimonio bibliografico della Comunità ebraica di Roma, razziato nel 1943, istituita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel novembre 2002, su sollecitazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane).29 Essa era stata costituita agli inizi del Novecento riunendo le raccolte di varie confraternite e sinagoghe, la maggiore delle quali comprendeva 4.728 volumi; nel 1934 erano stati censiti 28 incunaboli e 183 cinquecentine. Al saccheggio sfuggirono alcuni codici (occultati assieme agli oggetti sacri) e “qualche centinaio di volumi a stampa, tra cui alcuni incunaboli, collocati negli armadi dell’ufficio rabbinico”.30

La biblioteca del Collegio rabbinico italiano fu invece rintracciata dagli Alleati in una località imprecisata e trasferita nel deposito librario e archivistico di Offenbach, a pochi chilometri da Francoforte. La notizia giunse in Italia al più tardi nel giugno 1946;31 la biblioteca rientrò due anni dopo ed era composta da 6.580 volumi contenuti in 46 casse e da circa 1.760 “brochures” contenute in ulteriori 8 casse.32 Non è noto quale parte essi costituiscano della biblioteca razziata, poiché non è più stato recuperato il catalogo originario.33

Il trattamento riservato dai nazisti alle biblioteche romane non ebbe reiterazioni nella penisola (con esclusione delle zone nordorientali). Quello riservato all’archivio, invece, si ripeté per lo meno in un’altra città: la Comunità israelitica di Bologna dopo la liberazione riferì che “a seguito asportazioni operate nel settembre ed ottobre 1943 per opera dei reparti S.S. delle Forze Armate Germaniche sono venute a mancare diverse pratiche d’ufficio”.34 Anche in questo caso sembra legittimo ipotizzare la volontà di acquisire nomi e indirizzi.


Il nuovo governo fascista intervenne nel campo dei beni culturali con vari provvedimenti. Il 24 novembre 1943 il Consiglio dei ministri approvò un decreto legislativo del duce che disponeva la denuncia da parte dei possessori e il sequestro ad opera dei capi delle province (così ora si chiamavano i prefetti) dei beni artistici, archeologici, storici e bibliografici appartenenti “a persone di razza ebraica o ad istituzioni israelitiche”; in caso di mancata denuncia, i capi delle province dovevano procedere alla confisca e alla consegna dei beni al sopraintendente interessato.35 Anche se il 17 marzo 1944 la Presidenza del consiglio informò i ministri che il decreto legislativo — datato 2 marzo 1944 — era finalmente “in corso di pubblicazione”,36 esso non venne mai pubblicato sulla “Gazzetta ufficiale d’Italia” e pertanto non entrò mai in vigore. Ciononostante sin dal 1º dicembre 1943 il ministro dell’Educazione nazionale, che aveva proposto il decreto, ne diffuse le circolari attuative e molti uffici lo considerarono a tutti gli effetti vigente.37

A tale normativa iniziale e imprecisa, la Repubblica sociale italiana affiancò ben presto quella a carattere generale concernente la spoliazione di tutti i beni degli ebrei: l’ordine di polizia n. 5 del 30 novembre 1943, disponente il sequestro generalizzato, e il decreto legislativo del duce n. 2 del 4 gennaio 1944, disponente la confisca generalizzata (sempre ad opera dei capi delle province).

Il 1º aprile 1944 il ministro delle Finanze, osservando che il nuovamente annunciato decreto legislativo sul sequestro dei beni artistici era ormai superato dal dlgs 2/1944, propose al ministro per l’Educazione nazionale — che accettò — di soprassedere alla sua pubblicazione;38 per parte sua il Ministero delle finanze recepì la richiesta del Ministero dell’educazione nazionale di escludere dalla vendita e di ricevere in custodia le “cose immobili e mobili” confiscate agli ebrei il cui interesse artistico o storico fosse stato già oggetto di “notifica”.39

Intanto, il 5 febbraio 1944 il capo della polizia aveva telegrafato ai questori:

Interessa conoscere quale sorte sia toccata alle opere d’arte (candelabri, codici d’importanza storica ecc.) che si trovavano nelle sinagoghe. Vogliate esperire le indagini del caso e riferire con sollecitudine.40

Di questa disposizione interessa in particolare il vocabolo “interessa”: esso attesta una certa cura posta dallo Stato (fascista e antisemita) nella salvaguardia di beni (ebraici) ormai divenuti di sua proprietà. Il consistente numero di archivi e biblioteche comunitarie ritrovati dopo la Liberazione testimonia quindi non una disattenzione fascista per essi, bensì un “interesse” concretizzatosi in azioni di tutela. Ciò che avvenne dopo la Liberazione insomma non fu un recupero fortunato di cose disperse bensì una restituzione di cose espropriate.

Alcune risposte dei questori alla circolare del 5 febbraio 1944 fornivano informazioni anche sulle azioni di tutela dei beni archivistici e librari. A Firenze, “il commissario prefettizio agli Affari Ebraici per questa provincia provvedeva a fare ritirare, da detta sinagoga, alcune preziosissime pergamene e l’intera biblioteca, che venivano consegnate alla locale Sopraintendenza delle Belle Arti”.41 A Mantova, “codici d’importanza sono da diversi anni depositati presso la locale biblioteca comunale”, mentre “tre scaffali di libri di un certo valore storico culturale sono tutt’ora giacenti, con suggello dell’autorità di P.S., presso la sede della comunità israelitica, di cui […] è stato nominato sequestratario il ragioniere di Prefettura […]”.42 A Verona, “migliaia di volumi, molti libri a manopole pergamenate con scrittura ebraica e tutto l’addobbo interno, candelabri e sculture a muro, che furono trovate [sic] nella sinagoga al momento dell’inventario fatto dall’Ufficio Amministrazione beni ebraici […], non sono state rimosse dal loro posto”.43 Il capo della provincia di Ferrara rispose:

“Da parte della Polizia Tributaria Investigativa […] si è provveduto a minuziosa ricognizione presso la Sinagoga di Ferrara per il sequestro dei valori e oggetti ivi custoditi. […] Nell’archivio della Sinagoga sono stati inoltre rinvenuti atti e documenti vari riflettenti la comunità ebraica e che vanno dal 1600 in poi nonché una collezione di editti, giornali ed atti riflettenti la vita di Ferrara e di altre città dal 1700 in poi. Tale collezione ritengo debba avere grande interesse storico per la ricostruzione della vita ferrarese nei secoli XVIII e XIX. Per quanto riguarda infine codici e manoscritti esistenti in gran numero nei locali del tempio ebraico non posso dare giudizio alcuno, trattandosi di testi scritti in lingua ebraica„44

(Queste notizie fotografavano la situazione del febbraio-marzo 1944, destinata talora a mutare successivamente, come si dirà più avanti)

Improntata a “interesse”, pur se con finalità non esattamente di tutela, fu anche la disposizione inviata l'11 ottobre 1944 dal ministro dell’Interno Guido Buffarini Guidi ai capi delle province:

Dovete immediatamente inviare all’Ispettorato della razza presso Presidenza del Consiglio tutti gli archivi confiscati alle comunità israelitiche, alle sinagoghe e eventuali privati.45

Il destinatario era l’ispettore generale per la razza Giovanni Preziosi, il quale in quegli stessi giorni aveva chiesto a Benito Mussolini che gli fossero consegnate varie serie dell’archivio corrente dell’ex Direzione generale per la demografia e la razza.46

Dell’attuazione di questa disposizione, poco sappiamo. Il 9 giugno 1945 il Comitato di liberazione nazionale di Desenzano sul Garda segnalò di aver rinvenuto, nella sede dell’Ispettorato, “due casse di documenti riguardanti questioni massoniche ed ebraiche (in part. gli Atti delle Comunità di Parma e Trieste e denuncie di beni di proprietà ebraiche)”;47 ma va aggiunto che di detta documentazione e del suo destino non sono state rinvenute altre notizie, che le due Comunità non sono state in grado di fornire elementi utili alla ricostruzione della vicenda, che non è affatto chiaro cosa intendesse il Cln con “Atti” (potevano essere documenti originali, o copie, o anche carte di lavoro dell’Ispettorato) né quale consistenza essi avessero.

L’ordine generale di consegna degli archivi ebraici all’Ispettorato era stato preceduto da una disposizione similare concernente una biblioteca comunitaria. Il 3 giugno 1944 il capo della provincia di Vercelli, informando i ministeri delle Finanze, dell’Interno e dell’Educazione nazionale di aver sequestrato i beni della Comunità israelitica di Vercelli e di essere in procinto di confiscarli, li interpellò se la biblioteca comunitaria (“che non presenta grande valore venale [ed] è invece pregevole dal punto di vista culturale”) poteva essere conferita alla Biblioteca civica di Vercelli o doveva essere assegnata “a quel diverso Ente culturale che la Superiore autorità credesse di designare allo scopo”.48 La Direzione generale per la demografia del Ministero dell’interno (ossia quanto era rimasto della Direzione generale per la demografia e la razza, dopo l’istituzione in aprile dell’Ispettorato) rispose che la biblioteca doveva essere consegnata all’Ispettorato generale per la razza, al quale “poteva essere molto utile […] non essendo stato possibile trasferire [a Desenzano] quella esistente a Roma presso la sede di questo Ministero”.49 La disposizione (avente carattere vincolante per il capo della provincia) dette origine a una polemica che coinvolse direttamente i tre ministri e l’ispettore e che si chiuse il 13 febbraio 1945 (sic) con il consenso di Preziosi al deposito dei libri presso la Biblioteca civica di Vercelli.50 All’ispettore evidentemente interessavano i documenti contenenti nomi e non i libri contenenti cultura religiosa; questi ultimi rimasero quindi sempre al loro posto, protetti dapprima dalla discussione in corso e poi dal precipitare della situazione complessiva (e proteggendo a loro volta i “pacchi di atti riguardanti l’amministrazione dell’Università Israelitica”, collocati tra essi senza che Preziosi ne fosse a conoscenza).51


Per le varie Comunità israelitiche italiane ho potuto raccogliere le seguenti notizie su distruzione e salvataggio di archivi e biblioteche (di quelli delle province nordorientali, Roma e Vercelli ho già detto). A Torino, dopo il bombardamento del 1942, i documenti e i libri salvatisi furono in parte spostati nell’abitazione di un ebreo; essi però non sfuggirono alle ricerche, ai sequestri e ai saccheggi attivati dopo l'8 settembre 1943 da fascisti e da nazisti: l’archivio scomparve quasi totalmente, migliaia di libri (testi religiosi raccolti dalla fine del XVIII secolo e “opere moderne riflettenti l’ebraismo” acquisite più recentemente)52 vennero venduti o dispersi e solo parzialmente recuperati dopo la guerra, le pergamene vennero usate per confezionare paralumi.53 La sinagoga e gli uffici della Comunità israelitica di Alessandria vennero completamente devastati dai fascisti il 13 dicembre 1943. Andarono così totalmente distrutti l’archivio, “comprendente oltre vari documenti concernenti l’attività della Comunità dalla sua costituzione all’anno 1943, gli atti originali di Stato Civile (nascite, matrimoni, morte) degli appartenenti alla Comunità stessa, che risalivano al 1600 e giungevano fino al 1865”, la biblioteca comunitaria comprendente “circa 400 libri ebraici di studio e di preghiera”, la biblioteca dell’ex Comunità di Nizza Monferrato, con circa 300 volumi, tra i quali “ottime edizioni della Micrà Ghedolà, del Talmud, mahazorim del 500, manoscritti rari ed antichi”.54 Negli anni Settanta uno studioso riferì che, dopo la devastazione, il direttore (genovese) del periodico fascista antisemita “Il popolo di Alessandria” aveva inviato alla sede del quotidiano genovese “Secolo XIX” un non meglio precisato “registro della Comunità israelitica di Alessandria” con l’annotazione “A ricordo di un bubbone estirpato da squadristi e ufficiali ad Alessandria”;55 ma sull’episodio non ho potuto reperire ulteriori notizie (non so quindi se si trattava di uno dei registri andati dispersi, o di uno dei registri post-1865 attualmente conservati dalla Comunità). L’archivio dell’ex Comunità di Acqui, con documentazione dalla fine del XVIII secolo, era stato trasferito negli anni Trenta presso la Comunità israelitica di Alessandria e subì la stessa sorte finale,56 mentre la biblioteca sembra essersi per lo meno parzialmente salvata. Nella Sezione di Comunità di Asti, “gran parte dei libri della locale biblioteca sono stati salvati”.57 Nessun danno venne arrecato all’archivio e alla biblioteca della Comunità israelitica di Casale Monferrato, al di là della perdita di alcuni incunaboli.58

La biblioteca e l’archivio della Comunità israelitica di Genova subirono danni parziali imprecisati.

Nessun danno rilevante venne arrecato ai libri e ai documenti della Comunità israelitica di Milano. Per quanto concerne la Comunità israelitica di Mantova, il Ministero dell’educazione nazionale stabilì nel luglio 1944 che la biblioteca confiscata rimanesse in deposito presso la locale Biblioteca comunale, che già la ospitava dall’inizio degli anni Trenta; l’archivio invece, confiscato nel novembre 1944, venne subito destinato all’Ispettorato, che aveva “grande interesse e premura vivissima di venire in possesso di detto materiale”,59 ma il 21 aprile 1945 era ancora in corso la ricerca delle assi per fabbricare le casse occorrenti per il trasporto.60 Pochi giorni dopo, documenti e libri (compresi quelli, menzionati nelle pagine precedenti, rimasti nella sede della Comunità) vennero integralmente liberati.

La Comunità israelitica di Venezia non subì alcun danno a libri e documenti. L’archivio della Comunità israelitica di Padova non ebbe alcuna “dispersione per eventi bellici”, mentre quello della Sezione di Comunità di Rovigo “risultò però, dopo la liberazione, parzialmente danneggiato e disperso”:61 “furono compiuti danneggiamenti e saccheggi nel Tempio Israelitico […] fra l’altro furono asportati […]; numerosi libri e stampe di preghiere in lingua ebraica”.62 Dopo la liberazione, la Comunità israelitica di Verona denunciò la scomparsa di “nove fogli in pergamena contenenti autografi del famoso filosofo medioevale Maimonide” e attestò, in mancanza di “antichi cataloghi”, la presenza di circa tremila volumi della biblioteca.63

La Comunità israelitica di Parma riferì nel dopoguerra di danni limitati al solo archivio.64 Nessun danno venne arrecato ai documenti e ai libri della Comunità israelitica di Modena, depositaria anche dell’archivio dell’ex Comunità di Carpi. Nel 1909 la Comunità di Reggio Emilia aveva versato al locale Archivio di Stato gran parte del proprio archivio (con carte dal 1413 alla seconda metà del XIX secolo); la documentazione non versata e quella prodotta o depositata successivamente (come l’archivio dell’ex Comunità di Scandiano) fu saccheggiata dai repubblichini,65 che fecero “un blasfemo falò sacrificale sulla attigua piazza della Vittoria”.66 La biblioteca comunitaria sembra invece essere stata venduta o mandata al macero, sempre dai repubblichini.67 Nell’ottobre 1943 la sinagoga e gli uffici della Comunità israelitica di Bologna vennero colpiti da una bomba aerea; l’evento e le successive asportazioni (qui già menzionate) provocarono alcuni danni non precisabili alla biblioteca e all’archivio. L’archivio della Comunità israelitica di Ferrara, risalente al XVII secolo e comprendente anche quelli delle ex Comunità di Cento e Lugo, era stato dettagliatamente inventariato — come già accennato — dalla Guardia di finanza il 23 febbraio 1944;68 qualche settimana dopo gli edifici vennero saccheggiati e le carte disperse o distrutte (“soltanto alcune cartelle ad opera di coraggiosa persona sono state portate nella sede della Biblioteca Comunale”).69 Anche la biblioteca comunitaria fu razziata quasi completamente; dopo la liberazione una parte dei volumi venne recuperata.

In Toscana, nessun danno venne arrecato agli archivi e alle biblioteche della Comunità israelitica di Pisa e delle Sezioni di Comunità di Pitigliano e Siena. La biblioteca della Comunità israelitica di Livorno in parte (“28 casse contenenti libri, carte e pergamene”)70 fu trasferita in altra località, venendo poi sequestrata ma al dunque restituita, e in una parte non precisata rimase al suo posto, rimanendo quindi vittima dei saccheggi che precedettero e seguirono la distruzione arrecata il 18 marzo 1944 da un bombardamento aereo: nel dopoguerra la Comunità segnalò “notevoli danni” alle biblioteche “del Talmud Torah” e “delle Opere Pie Riunite della Famiglia Franco”,71 denunciando in particolare la perdita di “molte centinaia di libri di preghiere, quasi tutte di antiche edizioni” e quella dei circa 500 volumi conservati nell’ufficio rabbinico, definiti “collezione giuridica legata alla Comunità dall’illustre giurista Isacco Rignano e collezione di antichi periodici ebraici pubblicati in Italia nel secolo XIX”.72 L’archivio, preventivamente occultato, non subì alcun danno, per lo meno nelle sue serie storiche. Nessun danno sembra essere occorso anche all’archivio storico e alla già menzionata biblioteca della Comunità israelitica di Firenze.

Nessun danno venne arrecato ai documenti storici e ai libri della Comunità israelitica di Ancona, mentre i documenti degli ultimi anni, danneggiati da un bombardamento, vennero recuperati talora “molto guasti”.73 Nessun danno sembra aver subito l’archivio dell’ex Comunità di Senigallia.

Nessun danno venne arrecato ai documenti e ai libri della Comunità israelitica di Napoli nei pochi giorni intercorsi tra l'8 settembre 1943 e la liberazione della città.

Quanto ai principali enti ebraici a carattere nazionale, sappiamo che nessun danno venne arrecato agli archivi (conservati a Roma) del Consorzio delle Comunità israelitiche italiane e dell’Unione delle Comunità israelitiche italiane; mentre le carte della Delegazione assistenza emigranti - Delasem, piene di nomi e di dati, nel settembre 1943 furono da essa stessa in parte distrutte e in parte occultate in modo che ancor oggi parrebbe irrecuperabile.74 Un bombardamento del 1943 causò la distruzione degli archivi (conservati a Milano) della Federazione sionistica italiana per gli anni 1927–1939, dell’Associazione donne ebree d’Italia - Adei costituita nel 1927, del settimanale “Israel” e, ahimé, anche di questa rivista: “La rassegna mensile di Israel”.75

Note


  1. Archivio dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Fondo Unione delle comunità israelitiche italiane [AUCEI, Fondo UCII], 1934–47, b. 35/C, fasc. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, sfasc. 1944–1945, Comunità israelitica di Bologna a Unione delle comunità israelitiche italiane, 4 luglio 1946. Per la morte in deportazione di Leone Alberto Orvieto, vedi Liliana Picciotto, Il libro della memoria. Gli Ebrei deportati dall’Italia (1943–1945). Ricerca della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, 3ª ed., Mursia, Milano 2002, p. 480. ↩︎

  2. Per il quadro della persecuzione antiebraica cfr. Michele Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Einaudi, Torino 2000; [Id.], La normativa antiebraica del 1938–1943 sui beni e sul lavoro e La normativa antiebraica del 1943–1945 sulla spoliazione dei beni, in Commissione per la ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato in Italia le attività di acquisizione dei beni dei cittadini ebrei da parte di organismi pubblici e privati, Rapporto generale, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma 2001, pp. 61–87, 89–114. ↩︎

  3. AUCEI, Fondo UCII, 1934–47, b. 38, fasc. 1941/Ferrara, vari documenti. ↩︎

  4. ibid., b. 38, fasc. 1942/Trieste, vari documenti. ↩︎

  5. ibid., b. 38/1, fasc. 1947/Padova, Comunità israelitica di Padova a Unione delle comunità israelitiche italiane, 29 aprile 1947. ↩︎

  6. Giuseppe Bolaffio, Gli ebrei a Gorizia. Scomparsa di una gloriosa Comunità, in “Iniziativa isontina”, 13 (1971), pp. 37–46; citato in Pier Cesare Joly Zorattini, Prefazione a Adonella Cedarmas, La Comunità israelitica di Gorizia (1900–1945), Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, Udine 1999, p. 10. ↩︎

  7. Giuseppe Bolaffio, Sfogliando l’archivio della Comunità di Gorizia, in “La rassegna mensile di Israel”, vol. XXIII, n. 12 (dicembre 1957), p. 537. ↩︎

  8. Pier Cesare Joly Zorattini, Prefazione cit. ↩︎

  9. AUCEI, Fondo UCII, 1934–47, b. 35/C, fasc. 1944–1945. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, Comunità israelitica di Gorizia a Unione delle comunità israelitiche italiane, 9 dicembre 1945. ↩︎

  10. ibid., b. 35/3, fasc. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico. Biblioteche: circolari, riordinamenti, relazioni, Comunità israelitica di Gorizia a Unione delle comunità israelitiche italiane, 31 luglio 1947. ↩︎

  11. ibid., b. 35/C, fasc. 1944–1945. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, Comunità israelitica di Trieste a Unione delle comunità israelitiche italiane, 4 luglio 1946. ↩︎

  12. Silva Bon, Gli Ebrei a Trieste 1930–1945. Identità, persecuzione, risposte, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia - Libreria editrice goriziana, Gorizia 2000, p. 335. ↩︎

  13. Archivio della Commissione interministeriale per il recupero delle opere d’arte [ACIROA], cat. 3, pratica 232, fasc. 10, Comunità israelitica di Trieste a Ufficio recupero opere d’arte e materiale bibliografico - Ministero della pubblica istruzione, 18 ottobre 1949. ↩︎

  14. M. H., Da Trieste, “Israel”, a. XXX, n. 24 (24 maggio 1945; vedi anche la fotografia pubblicata nel n. 26 del 7 giugno 1945). ↩︎

  15. ACIROA, cat. 3, pratica 232, fasc. 10, Missione italiana per le restituzioni dalla Germania e dall’Austria a Ufficio recupero opere d’arte e materiale bibliografico - Ministero della pubblica istruzione, 12 agosto 1949. ↩︎

  16. Archivio Fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea [ACDEC], Fondo Massimo Adolfo Vitale, b. 1, fasc. 2, Comunità israelitica di Merano a Comitato ricerche deportati ebrei, 7 luglio 1948. ↩︎

  17. AUCEI, Fondo UCII, 1934–47, b. 35/C, fasc. 1944–1945. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, Comunità israelitica di Merano a Unione delle comunità israelitiche italiane, 12 dicembre 1945. ↩︎

  18. ibid., Comunità israelitica di Fiume a Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, 13 dicembre 1945. ↩︎

  19. ibid., appunto di una comunicazione orale della Comunità israelitica di Roma, 7 luglio 1946; Ugo Foà, Relazione del Presidente della Comunità Israelitica di Roma Foà Ugo circa le misure razziali adottate in Roma dopo l'8 settembre (data dell’armistizio Badoglio) a diretta opera delle autorità Tedesche di occupazione, in Ottobre 1943: cronaca di un’infamia, Comunità israelitica di Roma, Roma 1961, p. 20; Rosina Sorani, Dal diario di Rosina Sorani impiegata della Comunità di Roma nel periodo dell’occupazione tedesca, in ibid., p. 36. ↩︎

  20. ACDEC, Fondo Goffredo Roccas, b. 1, fasc. Comunità Israelitica di Roma c/ Governo federale tedesco. Estorsione 50 Kg. oro. Saccheggio biblioteca, memoria senza firma intitolata Invasione degli uffici della Comunità. Loro perquisizione ed asportazione di tutti i registri, di numeroso materiale d’archivio e di carte varie nonché della somma di L. 2.021.540 (29 settembre 1943). ↩︎

  21. Michele Sarfatti, Gli ebrei cit., pp. 240–1. ↩︎

  22. Michael Tagliacozzo, La Comunità di Roma sotto l’incubo della svastica. La grande razzia del 16 ottobre 1943, in Guido Valabrega (a cura di), Gli Ebrei in Italia durante il fascismo, Quaderni del Centro di documentazione ebraica contemporanea, n. 3, Milano 1963, p. 20. ↩︎

  23. Stefano Caviglia, L’identità salvata. Gli ebrei di Roma tra fede e nazione. 1870–1938, Laterza, Roma-Bari 1996, p. XII. ↩︎

  24. Riccardo Di Segni, Catalogue of the manuscripts of the Library of the Collegio Rabbinico Italiano, Rome, in “Alef Sefer”, 1990 special supplement, p. 1. ↩︎

  25. Rosina Sorani, Dal diario cit., pp. 36–37 ↩︎

  26. Ugo Foà, Relazione cit., p. 20. ↩︎

  27. ibid., pp. 22–23; Rosina Sorani, Dal diario cit., pp. 37–38. ↩︎

  28. Joshua Starr, Jewish Cultural Property under Nazi Control, in “Jewish Social Studies”, vol. XII, n. 1 (januar 1950), pp. 35–44; Donald E. Collins, Herbert P. Rothfeder, The Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg and the Looting of Jewish and Masonic Libraries during World War II, in “Journal of Library History”, vol. 18, n. 1 (winter 1983), p. 28. ↩︎

  29. ricerche effettuate: Estelle Gilson, The Fate of the Roman Jewish Libraries, in Giacomo Debenedetti, October 16, 1943. Eight Jews, University of Notre Dame Press, Notre Dame 2001, pp. 94–98. ↩︎

  30. Ariel Toaff, Stampe rare della Biblioteca della Comunità Israelitica di Roma scampate al saccheggio nazista, in “La bibliofilia”, a. LXXX (1978), n. 2, pp. 139–41; Estelle Gilson, The Fate cit., p. 96. ↩︎

  31. ACIROA, cat. 3, pratica 232, fasc. 4, appunto manoscritto su una lettera della Direzione generale antichità e belle arti - Ministero della pubblica istruzione a Ufficio recupero opere d’arte e materiale bibliografico - Ministero della pubblica istruzione, 7 giugno 1946. ↩︎

  32. Ivi, fasc. 3, ricevuta per presa in consegna, rilasciata dal rappresentante della Missione italiana per le restituzioni dalla Germania e dall’Austria al direttore dell’Offenbach archival depot, 3 febbraio 1948. ↩︎

  33. Riccardo Di Segni, Catalogue cit., p. 1. ↩︎

  34. AUCEI, Fondo UCII, 1934–47, b. 35/C, fasc. 1944–1945. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, Comunità israelitica di Bologna a Unione delle comunità israelitiche italiane, 4 luglio 1946. ↩︎

  35. Archivio centrale dello Stato [ACS], Repubblica sociale italiana - Presidenza del consiglio dei ministri [RSI-PCM], Atti del Consiglio 1943–45, b. 138, fasc. 7, Consiglio del 24 novembre; “Il regime fascista”, 26 novembre 1943; “Corriere della sera”, 30 novembre 1943; ACS, RSI-PCM, b. 67, cat. 5–2, fasc. 2823, sfasc. 1, testo del dlgs recante la data 2 marzo 1944; riportato in Michele Sarfatti, Documenti della legislazione antiebraica. I testi delle leggi, in “La rassegna mensile di Israel”, vol. LIV, n. 1–2, gennaio–agosto 1988, pp. 55–57. ↩︎

  36. ACS, RSI-PCM, b. 67, cat. 5–2, fasc. 2823, sfasc. 1, sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri ai ministri, 17 marzo 1944. ↩︎

  37. Cfr. Circolare a stampa n. 665 del Ministero dell’educazione nazionale - Direzione generale delle arti, firmata dal ministro dell’Educazione nazionale, indirizzata ai capi delle province, ai sopraintendenti e agli intendenti di finanza, datata 1º dicembre 1943, e altri documenti conservati in vari Fondi Prefettura degli Archivi di Stato provinciali. ↩︎

  38. ACS, RSI-PCM, b. 67, cat. 5–2, fasc. 2823, sfasc. 1, ministro delle Finanze a Presidenza del consiglio dei ministri e Ministero dell’educazione nazionale, 1 aprile 1944; circolare n. 41 del Ministero dell’educazione nazionale - Direzione generale delle arti ai sopraintendenti, 7 luglio 1944, conservata presso varie Sopraintendenze ai beni artistici. ↩︎

  39. ACS, Fondo Egeli, b. 20, Ente di gestione e liquidazione immobiliare a istituti gestori, 12 settembre 1944. ↩︎

  40. ACS, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Affari generali e riservati, cat. A5G-IIg.m., b. 437, fasc. 230/III, capo della polizia a questori, 5 febbraio 1944. ↩︎

  41. ibid., questore di Firenze a capo della polizia, 16 febbraio 1944. ↩︎

  42. ibid., questore di Mantova a capo della polizia, 24 febbraio 1944. ↩︎

  43. ibid., questore di Verona a capo della polizia, 4 marzo 1944. ↩︎

  44. ibid., capo della provincia di Ferrara a capo della polizia, 7 marzo 1944. ↩︎

  45. Archivio di Stato di Milano, Prefettura di Varese, Gabinetto, b. 4, fasc. DGPS. Divisione polizia frontiera, ministro dell’Interno a capi delle province, 11 ottobre 1944. ↩︎

  46. Michele Sarfatti, Le ‘carte di Merano’: la persecuzione antiebraica nell’Italia fascista, in “Passato e presente”, a. XII (1994), n. 32, pp. 119–28. ↩︎

  47. ACS, PCM,Gabinetto (1944–47), b. 1/1.2, Comitato di liberazione nazionale di Desenzano sul Garda a Presidenza del consiglio dei ministri, 9 giugno 1945, copia. ↩︎

  48. ACS, Ministero delle finanze, Servizio beni ebraici, b. 13, fasc. Biblioteche, Studi legali, Librerie ebraiche, capo della provincia di Vercelli a Ministero delle finanze, Ministero dell’interno e Ministero dell’educazione nazionale, 3 giugno 1944. ↩︎

  49. ibid., capo della provincia di Vercelli a Ministero delle finanze e Ministero dell’educazione nazionale, 8 luglio 1944; Direzione generale per la demografia - Ministero dell’interno a Ministero delle finanze, 12 settembre 1944. ↩︎

  50. ibid., Ispettorato generale per la razza - Presidenza del consiglio dei ministri a Ministero delle finanze, Ministero dell’interno e Ministero dell’educazione nazionale, 13 febbraio 1945. ↩︎

  51. Archivio di Stato di Vercelli, Fondo Intendenza di Finanza di Vercelli, mazzo 703, descrizione sommaria della biblioteca dell’Università israelitica di Vercelli, 11 agosto 1944. ↩︎

  52. AUCEI, Fondo UCII, 1934–47, b. 35C, fasc. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, sfasc. Circolare n.41, Comunità israelitica di Torino a Unione delle comunità israelitiche italiane, 19 agosto 1947. ↩︎

  53. Le romanzesche vicende del tesoro della Sinagoga, in “Sempre Avanti”, 16 luglio 1946. ↩︎

  54. ACDEC, AG, cat. 13B, fasc. Alessandria, relazione dattiloscritta non firmata Persecuzioni subite dalla comunità di Alessandria nel periodo 1938–1945; cfr. anche Giampaolo Pansa, Guerra partigiana tra Genova e il Po. La Resistenza in provincia di Alessandria, Laterza, Bari 1967, pp. 47–48, 61–64. ↩︎

  55. Carlo Brizzolari, Gli ebrei nella storia di Genova, Sabatelli, Genova 1971, pp. 341, 345. Per i registri oggi in possesso della Comunità Ebraica di Alessandria, cfr. Aldo Perosino, La Comunità ebraica di Alessandria dal 1842 a oggi: indagine statistica, in “La rassegna mensile di Israel”, vol. LXVIII, n. 2 (maggio–agosto 2002), pp. 48–51. ↩︎

  56. Marco Dolermo, Gli Ebrei di Acqui tra emancipazione e persecuzioni razziali: demografia di una Comunità in estinzione, in “Quaderno di storia contemporanea”, a. XXII (2000), n. 27, pp. 84–5, 102. ↩︎

  57. ACDEC, AG, cat. 13B, fasc. Alessandria, relazione dattiloscritta non firmata Persecuzioni subite dalla comunità di Alessandria nel periodo 1938–1945. ↩︎

  58. AUCEI, Fondo UCII, 1934–47, b. 35/C, fasc. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, sfasc. Circolare n.41, Comunità israelitica di Casale Monferrato a Unione delle comunità israelitiche italiane, 3 agosto 1947. ↩︎

  59. Archivio di Stato di Mantova, Fondo Banca agricola mantovana - Egeli, b. 3, fasc. 165, Ispettorato generale per la razza - Presidenza del consiglio dei ministri a capo della provincia di Mantova, Banca agricola mantovana e Ente di gestione e liquidazione immobiliare, 30 marzo 1945. ↩︎

  60. ibid., Banca agricola mantovana a segheria Bruti, 21 aprile 1945. ↩︎

  61. AUCEI, Fondo UCII, 1934–47, b. 35/C, fasc. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, sfasc. Circolare n.41, Comunità israelitica di Padova a Unione delle comunità israelitiche italiane, 1 agosto 1947. ↩︎

  62. ibid., b. 38/1, fasc. 1947/Padova, Comunità israelitica di Padova a Unione delle comunità israelitiche italiane, 29 aprile 1947. ↩︎

  63. ibid., b. 35/C, fasc. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, sfasc. Circolare n.7, Comunità israelitica di Verona a Unione delle comunità israelitiche italiane, 6 febbraio 1947. ↩︎

  64. ibid., sfasc. 1944–1945, Comunità israelitica di Parma a Unione delle comunità israelitiche italiane, 8 agosto 1946. ↩︎

  65. Gino Badini, L’archivio dell’Università israelitica, in Id. (a cura di), Il ghetto ebraico nella memoria dei documenti, Archivio di Stato di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1998, p. XXVI. ↩︎

  66. Antonio Zambonelli, Cinque secoli di presenza ebraica a Reggio Emilia, in " Gino Badini (a cura di), Il ghetto cit., p. XIII. ↩︎

  67. Drammatiche vicende hanno minato le schiere degli ebrei nella nostra zona, in “Il giornale dell’Emilia”, 22 febbraio 1948. ↩︎

  68. Archivio di Stato di Ferrara, Fondo Questura, Gabinetto riservato, b. 4P, cat. A4, fasc. Sinagoga. Sequestro di oggetti e valori, Verbale di sequestro dei locali della sede della Comunità israelitica di Ferrara compilato dalla Guardia di Finanza, 23 febbraio 1944, riprodotto in Paolo Ravenna, Il sequestro dei beni delle sinagoghe di Ferrara e altre notizie sulla comunità ebraica di Ferrara. 1943–1945, in questo stesso fascicolo de “La rassegna mensile di Israel”. ↩︎

  69. AUCEI, Fondo UCII, 1934–47, b. 35/C, fasc. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, sfasc. 1944–1945, Comunità israelitica di Ferrara a Unione delle comunità israelitiche italiane, 3 luglio 1946. ↩︎

  70. Archivio di Stato di Livorno, Fondo Questura, A1, fasc. Comunità israelitica di Livorno. Sequestro beni - Orfanotrofio israelitico di Sassetta. Sequestro beni, Legione territoriale dei carabinieri di Livorno - Stazione di Sassetta, verbale n. 49, 22 dicembre 1943 (copia conforme rilasciata il 15 marzo 1944 dal Comune di Sassetta). ↩︎

  71. AUCEI, Fondo UCII, 1934–47, b. 35/C, fasc. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, sfasc. Circolare n.41, Comunità israelitica di Livorno a Unione delle comunità israelitiche italiane, 12 agosto 1947. ↩︎

  72. AS Comunità ebraica di Livorno, fasc. Danni di guerra, copia della domanda di risarcimento per danni di guerra presentata il 31 dicembre 1946, 30 settembre 1955. ↩︎

  73. AUCEI, Fondo UCII, 1934–47, b. 35/C, fasc. Biblioteche, Archivi, Patrimonio archeologico, sfasc. 1944–1945, Comunità israelitica di Ancona a Unione delle comunità israelitiche italiane, 12 luglio 1946. ↩︎

  74. Klaus Voigt, La ricostruzione “virtuale” dell’archivio della Delasem, in questo stesso fascicolo de “La rassegna mensile di Israel”. ↩︎

  75. Umberto Nahon, La polemica antisionista del ‘Popolo di Roma’ nel 1928, in Daniel Carpi, Attilio Milano, Umberto Nahon (a cura di), Scritti in Memoria di Enzo Sereni. Saggi sull’Ebraismo Romano, Fondazione Sally Mayer, Gerusalemme 1970, pp. 216–217. ↩︎

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