Le disposizioni di carattere generale dell’Italia fascista sugli ebrei nella Francia occupata, novembre 1942 – luglio 1943

Questo studio ha per oggetto le disposizioni di carattere generale sugli ebrei nel territorio della Francia orientale occupato dall’Italia, emanate dalle massime autorità italiane dall’inizio dell’occupazione militare (11 novembre 1942) alla caduta del governo Mussolini (25 luglio 1943). Esso intende delineare i loro contenuti e il loro sviluppo cronologico.

Lo studio non si estende al di là di questo specifico tema. Esso quindi non prende in esame il contesto di cui quelle disposizioni fecero parte: la politica verso gli ebrei attuata o desiderata in quel territorio dalle autorità centrali e locali della Francia di Vichy e del Terzo Reich, le relazioni tra quei due governi e tra l’Italia ed essi, la politica attuata dall’Italia verso gli ebrei nel territorio nazionale e in altri territori da lei occupati e verso gli ebrei italiani nei territori sotto occupazione tedesca, la conoscenza che le autorità italiane avevano dello sterminio in atto, le reazioni degli ebrei, ecc. Inoltre non prende in esame né i profili degli enti e delle singole autorità che decisero le disposizioni, né l’attuazione concreta di queste. La ricostruzione di tutto ciò è ovviamente indispensabile per la comprensione della politica italiana e per la conoscenza di ciò che accadde; ma l’una e l’altra necessitano di questa preliminare ricostruzione specifica delle disposizioni italiane di carattere generale. Anche se le ricerche documentarie al riguardo non sono ancora concluse, il loro risultato attuale consente di delineare un primo quadro.

Il tema complessivo è stato trattato in molti studi: Carpi 1994; Fenoglio 2013; Rodogno 2003; Sarfatti 1998; Schipsi 2007; Voigt 1996; e altri.

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Il trattamento degli ebrei nella zona di occupazione militare era competenza innanzitutto delle forze armate italiane in loco, riunite nella 4a armata, in rapporto costante col Comando supremo. Esso si coordinava con il Ministero degli affari esteri e per alcune questioni con il Ministero dell’interno. Su alcuni aspetti, intervenne lo stesso capo del governo e dittatore Benito Mussolini.

La prima attestazione di una decisione italiana sul trattamento degli ebrei nel territorio francese occupato è contenuta in una breve sintesi del 3 dicembre 1942 della cronaca storica del Comando supremo: “Si comunica (foglio 13176 – all. 191) all’ufficio del generale germanico presso il Quartier Generale delle Forze Armate italiane in riferimento [= in risposta] al foglio 0437/42 del 30 novembre (v. all. al foglio) circa provvedimenti contro sudditi degli stati nemici e contro ebrei nel territorio francese metropolitano” (Diario VIII-I, 951). Non essendo conservati i due allegati (Diario VIII-II, 161), l’unica fonte documentaria oggi nota sul contenuto di quei “provvedimenti” è la descrizione che ne fece il 4 dicembre 1942 l’Oberkommando der Wehrmacht, e che presumibilmente ripeteva la descrizione ad esso inviata quel giorno stesso dal suddetto generale tedesco: “1. E’ stato ordinato l’arresto, nel territorio francese residuale occupato dagli italiani, di tutti i cittadini di Paesi nemici dell’Asse. 2. Nello stesso territorio tutti gli ebrei e le loro famiglie saranno internati dagli italiani” (ACDJC, 4 dicembre 1942).

Secondo la descrizione tedesca, la prima decisione era già operativa (“è stato …”) ed era pronta per passare alla fase attuativa, la seconda era in fase di preparazione (“saranno …”). Raffrontando le due formulazioni e tenendo conto della prassi di guerra, si può considerare che l’arresto dei nemici riguardava quelli adulti e abili, mentre l’internamento degli ebrei li concerneva proprio tutti.

Il 12 dicembre (sul documento vi è un “10” dattiloscritto, corretto a penna in “12”; forse per indicare il giorno dell’apposizione della firma), il Comando supremo scrisse al Ministero degli affari esteri e al Ministero dell’interno: “In seguito ad interessamento della parte germanica è stato Superiormente deciso l’immediato arresto di tutti i sudditi di Stati nemici ritenuti pericolosi e l’internamento degli ebrei residenti nel territorio francese metropolitano” (ACS, 12 dicembre 1942).

Il documento è il primo testo completo italiano oggi noto sul tema e ha il carattere della massima ufficialità. Esso attesta che la decisione era stata assunta da Mussolini. Va notato che esso contemplava l’arresto dei soli nemici “pericolosi” e che non conteneva precisazioni sull’internamento delle “famiglie” degli ebrei.

L’8 dicembre il Comando supremo preparò un Promemoria che io non ho reperito.

Qualche giorno dopo, il Ministero degli affari esteri rispose col seguente Appunto, privo di data: “In relazione al Promemoria n. 5357/C.S. dell’8.12.1941 [sic] del Comando Supremo (S.I.M.), questo R. Ministero degli Affari Esteri ha preso atto della decisione di procedere nei territori francesi metropolitani occupati dalle truppe italiane: – all’arresto dei sudditi nemici pericolosi; – all’internamento degli ebrei”. L’Appunto elencava i Paesi da considerare nemici; poi affermava: “In merito all’internamento degli ebrei, si è d’accordo. Naturalmente tale internamento dovrà essere applicato con gli stessi criteri seguiti nel Regno e quindi con dei riguardi per i vecchi, i bambini, le donne e i malati”; infine confermava l’applicazione nella zona di occupazione italiana della legislazione di Vichy sui beni degli ebrei (ACS, dicembre 1942).

Va notato che questi primi documenti non prendevano in considerazione le differenti cittadinanze degli ebrei da internare (italiana, francese, tedesca, diversa da queste, apolide).

Il 19 dicembre il Ministero degli affari esteri italiano comunicò all’Ambasciata italiana a Berlino l’istituzione di “un organismo di polizia italiano che opererà alle dipendenze del Comando della 4a armata e che avrà il compito di arrestare i sudditi nemici pericolosi e procedere all’internamento degli ebrei” (ACS, 19 dicembre 1942). L’informazione era destinata al governo tedesco.

Il 22 dicembre, lo stesso Ministero comunicò al proprio rappresentante presso la 4a armata e ad altri destinatari l’istituzione e le funzioni del suddetto “organismo di polizia”, “formato da funzionari ed agenti di Pubblica Sicurezza forniti dal R. Ministero dell’Interno”. Uno dei suoi compiti era “organizzare ed amministrare i campi di concentramento e le sedi di residenza obbligatoria”; la frase non precisava quanto fosse riferita ai nemici pericolosi e quanto anche agli ebrei. Riguardo all’internamento degli ebrei, veniva scritto, similmente all’Appunto qui sopra riportato, “i criteri da seguire non dovrebbero essere diversi da quelli seguiti nel Regno per alcuni ebrei stranieri e perciò qualche riguardo dovrà essere usato nei confronti dei vecchi, bambini, donne e malati”. E’ da notare la presenza dei vocaboli “alcuni” e “stranieri”; con ciò veniva segnalato sia che in Italia gli ebrei italiani non erano assoggettati all’internamento (salvo quelli “pericolosi”), sia che anche in Francia l’internamento degli stranieri doveva essere parziale. Relativamente ai beni, veniva confermata l’applicazione della normativa di Vichy, compresa la clausola ottenuta da Roma e Madrid: i beni confiscati a ebrei italiani e spagnoli dovevano essere affidati ad amministratori ariani di quelle nazionalità, e non a francesi (ACS, 22 dicembre 1942).

Il 28 dicembre il Comando supremo trasmise alla 4a armata le direttive di “arresto di tutti i sudditi di Stati nemici ritenuti pericolosi” e di “internamento degli ebrei”. La lettera riassumeva e precisava i vari aspetti menzionati nelle comunicazioni qui sopra richiamate: le misure dovevano essere rapportate alle “esigenze militari”, la loro gestione era “sotto l’alta giurisdizione” del comando della 4a armata, la loro attuazione era affidata a un reparto apposito di polizia, l’italianità dei beni degli ebrei italiani doveva essere difesa. Il Comando supremo informava inoltre di aver chiesto al Ministero degli affari esteri di invitare il proprio personale a vario titolo presente in Francia a “fornire indiscrezioni atte ad individuare persone ebraiche passibili di internamento” (AUSSME, 28 dicembre 1942). Quest’ultima frase sembra contenere due informazioni aggiuntive: 1) i militari (a Roma e in Francia) non si assumevano responsabilità relativamente all’identificazione generalizzata degli ebrei; 2) anche il Comando supremo ipotizzava un loro internamento parziale (altrimenti perché scrivere per gli ebrei “passibili di internamento” e mantenere il “tutti” per i nemici pericolosi?). Comunque sia, questi furono la data (28 dicembre) e il contenuto della disposizione operativa inviata alla massima autorità militare italiana in loco.

Nel corso del dicembre 1942 quindi le autorità italiane avevano elaborato e disposto una propria politica nei confronti degli ebrei (internamento in loco gestito dalle autorità italiane, a carattere non generalizzato), che era un po’ coordinata con quella tedesca, ma indipendente da essa, e che era del tutto autonoma da quella del governo di Vichy (che veniva tenuta in considerazione solo relativamente al trattamento dei beni).

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Proprio tra l’ultima decade di dicembre 1942 e l’inizio del 1943, i prefetti francesi del territorio occupato dall’Italia emanarono le disposizioni applicative delle nuove misure antiebraiche varate in quel mese dal governo di Vichy. Esse concernevano il trasferimento obbligatorio dalla fascia costiera in altri dipartimenti (talora sotto occupazione tedesca) degli ebrei stranieri giunti dopo il 1937, l’assegnazione di parte degli ebrei stranieri al lavoro obbligatorio, l’apposizione della menzione “juif” sui documenti d’identità di tutti (Carpi 1994, 87-92; Klarsfeld 1985, 13-17). Per Vichy la categoria “straniero” comprendeva anche gli italiani.

Ricevute varie informazioni al riguardo, il 29 dicembre il Ministero degli affari esteri scrisse al proprio rappresentante presso il comando della 4a armata e al Comando supremo che “le misure cautelari nei confronti degli ebrei stranieri ed italiani debbono essere adottate esclusivamente dai nostri organi”, secondo le modalità comunicate il 22 dicembre (ACS, 29 dicembre 1942). Il 2 gennaio 1943 una nuova lettera agli stessi destinatari, questa volta firmata dal ministro degli Affari esteri Galeazzo Ciano, ripeté i contenuti della precedente, precisando che ciò concerneva anche gli ebrei francesi (ACS, 2 gennaio 1943).

Per parte sua, il 30 dicembre il comando della 4a armata, basandosi su una comunicazione del Comando supremo che non ho reperito (e che quindi non è chiaro come fosse connessa alla lettera del 29 dicembre), aveva informato le strutture dipendenti che “Il Comando Supremo ha ordinato di vietare ai prefetti di effettuare internamenti di personale [sic] di razza ebraica”, invitandole a “interven[ire] per impedire ogni eventuale tentativo delle autorità francesi in esecuzione del disposto del governo di Vichy” (AUSSME, [30] dicembre 1942; per la data: Carpi 1994, 277-278, n. 24).

Una delle comunicazioni qui sopra riepilogate affrontava un altro aspetto della questione degli ebrei, sino a quel momento rimasto privo di indicazioni romane. Nella lettera del Ministero degli affari esteri del 29 dicembre era scritto: “Essendo stato chiesto se si possa agevolare il trasferimento nelle zone di nostra occupazione di ebrei stranieri che lo chiedessero, si precisa che non è nostro interesse favorire un afflusso di elementi indesiderabili nei territori occupati dalle truppe italiane”. La formula utilizzata (“non è nostro interesse favorire”) esprimeva una raccomandazione e non un divieto netto, ma era pur sempre un’indicazione.

Quindi negli ultimi giorni del 1942 le autorità italiane, proprio mentre concludevano la definizione della politica di internamento in loco degli ebrei stranieri (gestito dalle autorità italiane e a carattere non generalizzato) e la rendevano operativa, stabilirono ufficialmente che la competenza italiana in materia era assoluta ed esclusiva nei confronti del governo di Vichy, i cui ordini non dovevano essere eseguiti.

Poco dopo metà febbraio, in applicazione di una nuova disposizione di Vichy, le autorità francesi di alcuni dipartimenti della zona italiana arrestarono vari ebrei stranieri e ne trasferirono alcuni in zona tedesca. Le autorità militari italiane reagirono in modo deciso. Il 22 febbraio il comando della 4a armata informò Roma, chiedendo se le direttive di fine dicembre fossero tuttora valide (e preannunciando l’intenzione di arrestare i prefetti che le avessero ulteriormente infrante) (AUSSME, 22 febbraio 1943). L’1 marzo il Comando supremo rispose ribadendo che “arresto et internamento ebrei appartenenti qualsiasi nazionalità […] sono riservati at nostre autorità militari” (e invitando per il momento a “soprassedere arresto prefetti”) (AUSSME, 1 marzo 1943).

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Nel frattempo la Germania aveva deciso di sottoporre ufficialmente all’Italia alcuni aspetti del trattamento degli ebrei nel territorio francese sotto occupazione italiana.

Il 25 febbraio l’ambasciata tedesca a Roma presentò al Ministero degli affari esteri italiano un Appunto che conteneva in sostanza due richieste: “impedire che degli ebrei passino dalla zona occupata dalla Germania nella zona occupata dall’Italia”, arrestandoli e consegnandoli alla polizia tedesca (questione che – si precisava – era già stata oggetto di un Appunto il 3 febbraio), e “rendere veramente efficace” la collaborazione delle rispettive polizie, “concorda[ndo], di fronte al Governo di Vichy l’atteggiamento germanico e quello italiano […] nella questione degli ebrei”. A questo fine, si chiedeva di ritirare la protesta italiana di dicembre contro le azioni francesi di arresto e trasferimento obbligatorio (ASMAE, 25 febbraio 1943).

Il 9 marzo il Ministero degli affari esteri rispose con un proprio Appunto. Sul primo tema esso rispondeva: “[relativamente] all’eventualità che ebrei stranieri o francesi passino o tentino di passare dalla zona di occupazione germanica a quella di occupazione italiana, si fa presente che fin dal 29 dicembre 1942 le competenti Autorità Italiane hanno ricevuto istruzioni di respingere tali elementi indesiderabili”, e non faceva alcun riferimento alla richiesta tedesca di consegna. Sul secondo tema replicava: “Per ciò che riguarda i provvedimenti di sicurezza nei confronti di francesi o stranieri pericolosi o di razza ebraica, nei territori francesi occupati dalle truppe italiane, si fa noto che le Autorità Militari e di Polizia italiane, pur apprezzando l’offerta di collaborazione, provvederanno da sole alle misure necessarie e pertanto l’intervento di Polizia tedesca in tali zone si rende superfluo”, e non faceva alcun riferimento alla richiesta tedesca di ritirare la protesta di dicembre.

Il senso di queste ultime affermazioni era esplicitato in modo indiretto ma chiaro in un’altra parte dell’Appunto italiano, che trattava la collaborazione tra le due polizie relativamente agli ebrei del territorio sotto occupazione tedesca: per l’Italia tale collaborazione concerneva solo gli ebrei di cittadinanza italiana (per i quali i due governi avevano ora concordato il rimpatrio), e ne erano “esclusi i francesi e gli stranieri nei riguardi dei quali non poteva esserci alcuna intromissione da parte italiana” (ASMAE, 9 marzo 1943). La formula “alcuna intromissione” costituiva la base anche delle due risposte sugli ebrei del territorio sotto occupazione italiana.

Va rilevato che il termine “respingere” utilizzato il 9 marzo costituiva un indurimento della formula utilizzata il 29 dicembre (“non è nostro interesse favorire”).

Il 13 marzo (tale è la data apposta sulla lettera) il Ministero degli affari esteri inviò al Comando supremo e al Ministero dell’interno un’ampia sintesi dei due Appunti tedesco e italiano dei giorni precedenti. Va notato che nel riassunto di quello tedesco utilizzò il verbo “rifugiarsi” per definire il passaggio degli ebrei dal territorio tedesco a quello italiano. La lettera era sostanzialmente fedele all’Appunto del 9 marzo (compreso il riferimento al rimpatrio degli ebrei italiani dal territorio di occupazione tedesca), con alcune varianti. L’ultima frase del brano sui respingimenti (“si fa presente che … indesiderabili”) era sostituita da: “le Autorità competenti italiane prenderanno i provvedimenti necessari per respingere dalla nostra zona tali elementi”; in tal modo il riferimento a istruzioni già date e “ricevute” era sostituito da un “prenderanno”; inoltre scompariva “indesiderabili”. Nel brano sulla collaborazione e sui provvedimenti di sicurezza, la formula “provvederanno da sole” era rafforzata con “esclusivamente”, e l’ultima frase (“pertanto … superfluo”) era resa più netta: “quindi interventi di polizia tedesca in tali zone non possono essere accettati”.

 L’ultimo capoverso della lettera – che era firmata dal sottosegretario agli Affari esteri Giuseppe Bastianini – informava che si trattava di “direttive superiormente approvate” (ossia vistate da Mussolini, che dal 6 febbraio era anche ministro degli Affari esteri, oltreché della Guerra e dell’Interno) e invitava i due destinatari a “prendere con urgenza le disposizioni necessarie” (ACS, 13 marzo 1943).

 In estrema sintesi, il 13 marzo 1943 la politica italiana verso gli ebrei di qualsiasi nazionalità nel territorio francese sotto occupazione italiana fu definita nel seguente modo: 1) rifiuto di qualsiasi ingerenza o collaborazione della Germania relativamente ad arresti, internamenti, trasferimenti e deportazioni; 2) blocco di nuovi ingressi dal territorio sotto occupazione tedesca (e assicurazione di non ingerenza italiana relativamente agli ebrei non italiani in tale territorio).

Non è noto quando la lettera del 13 pervenne al Comando supremo e quando questi la comunicò al comando della 4a armata. Il testo che questo inoltrò il 26 marzo alle strutture dipendenti iniziava con il riferimento al rimpatrio degli ebrei italiani; proseguiva (con un’impostazione maggiormente decisa) con: “non possono essere accettati interventi della polizia tedesca nella zona da noi occupata, per attuare misure di sicurezza contro francesi o stranieri pericolosi [o] di razza ebraica ivi residenti, in quanto le nostre autorità militari e quelle della polizia italiana vi provvederanno direttamente” [la “o” qui aggiunta mancava nel testo, essa però era presente sia nelle lettere precedenti, sia in quella del Comando supremo qui sotto richiamata; la sua assenza comunque non modificava il senso generale della disposizione]; riproponeva senza varianti la formula “le autorità militari italiane prenderanno provvedimenti necessari per respingere ebrei francesi o stranieri che dalla zona di occupazione tedesca tenteranno di passare a quella di occupazione italiana” (AUSSME, 26 marzo 1943).

La comunicazione conteneva anche ulteriori informazioni sul respingimento, che qui verranno presentate in un paragrafo successivo.

Quindi nel corso del marzo 1943 le autorità italiane stabilirono ufficialmente che la competenza italiana in materia era assoluta ed esclusiva anche nei confronti della Germania, i cui interventi non dovevano essere accettati.

Va aggiunto che queste direttive furono diffuse (e applicate) anche nell’intera area balcanica. Il 24 marzo il Comando supremo le inviò ai comandi superiori militari italiani di Grecia, Egeo, Albania, Slovenia-Dalmazia e al governatorato del Montenegro. Il testo era identico a quello inoltrato il 26 marzo dal comando della 4a armata, eccezion fatta per l’indicazione al plurale delle “zone da noi occupate” nelle quali non potevano esservi interventi della polizia tedesca e per l’aggiunta di: “Questo Comando Supremo comunica quanto sopra per norma di codesto comando superiore per eventuali analoghe offerte da parte tedesca” (ASMAE, 24 marzo 1943).

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Il 17 marzo, ossia pochi giorni dopo la lettera del Ministero degli affari esteri del 13 marzo, e poco prima del suo inoltro da parte del Comando supremo, Mussolini ricevette l’ambasciatore tedesco a Roma. Il colloquio ebbe per tema proprio il trattamento degli ebrei nel territorio di occupazione italiana in Francia. Esso è stato oggetto di varie ricostruzioni (Carpi 1994, 128-132; Steinberg 1997, 134-136; Voigt 1996, 308-311; e altri), ma a mio parere attende ancora di essere disincagliato dall’interpretazione che l’ambasciatore comunicò ai suoi superiori e dalla memorialistica postbellica.

Comunque il colloquio non interruppe la catena delle disposizioni di marzo, né determinò la modifica della loro impostazione generale. Allo stesso tempo però, esso determinò delle modifiche di secondo livello, su alcune delle quali intervenne direttamente il dittatore.

In dicembre la competenza sugli ebrei era stata assegnata a un organismo di polizia allocato presso la 4a armata. Mussolini decise di revocare questa responsabilità all’esercito e di assegnarla a un alto dirigente della polizia, agli ordini diretti del capo della polizia; il 19 marzo scrisse al comandante della 4° armata: “Dalla data di arrivo del presente il problema degli ebrei dimoranti nei territori occupati dalle truppe italiane in Francia, passa alla Polizia Civile italiana. Nell’attesa che la Polizia italiana inizi il suo compito, nessuna modificazione deve essere portata allo stato di fatto” (AYV, 19 marzo 1943). La nuova struttura fu posta sotto il comando di un ispettore generale di polizia (Guido Lospinoso) e fu denominata Regio ispettorato di polizia razziale (va notato che fu l’unica struttura della polizia italiana che in quegli anni fu denominata “razziale”).

Secondo un Promemoria del Comando supremo del 3 aprile, essa aveva il compito di internare “tutti gli ebrei residenti nel territorio francese occupato dalle nostre truppe, scegliendo località distanti 100 kilometri dal mare” (AYV, 3 aprile 1943; anche in Diario IX-II, 306-309). In una lettera del 28 aprile al capo della polizia, l’ispettore generale scrisse che l’internamento concerneva gli “ebrei stranieri residenti nei dipartimenti costieri”, e comportava sempre il trasferimento di oltre cento chilometri dal mare (ACS, 28 aprile 1943). Di là delle differenti definizioni, la grandissima maggioranza degli ebrei viveva appunto nei dipartimenti costieri. Il Promemoria precisava anche che ciò avrebbe dovuto essere attuato “entro il mese di marzo”.

In sostanza venne impressa una forte accelerazione all’attuazione dell’internamento, e soprattutto esso tornò ad avere carattere generalizzato, ripristinando quindi ciò che era stato riferito dall’ufficiale tedesco il 4 dicembre.

Nel Promemoria del Comando supremo era inoltre scritto che l’ufficiale che portò il messaggio di Mussolini al comando della 4a armata – e al quale il Comando supremo stesso aveva dato “particolari direttive” orali – una volta rientrato a Roma relazionò di “avere precisato al suddetto comando [della 4a armata] i seguenti criteri informatori del provvedimento voluto dal Duce nei riguardi degli ebrei: 1° Salvare gli ebrei dimoranti nel territorio francese occupato dalle nostre truppe, qualunque sia la loro nazionalità […]; 2° L’Autorità militare non si interessa più della questione ebraica che passa alla Polizia italiana”. Riguardo ad alcune complessità di questa frase, a me pare ovvio che la formula “provvedimento voluto dal Duce” intenda semplicemente evidenziare che esso non era stato voluto dal Comando supremo stesso, e che il vocabolo “salvare” vada connesso ai “criteri informatori” imperniati sulle suddette “particolari direttive” date all’ufficiale dal Comando supremo, e che quindi l’utilizzo di “salvare” testimoni la sua convinzione che il nuovo provvedimento non contraddicesse le direttive del Ministero degli affari esteri del 13 marzo diramate dal Comando supremo il 24 marzo, nel senso che anch’esso comportava la non consegna alla polizia tedesca (neanche tramite quella francese) degli ebrei residenti nel territorio di occupazione italiana.

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Pochi giorni dopo il cambiamento suddetto, ne avvenne un altro, del quale non sappiamo ancora quanto fosse connesso all’istituzione di una linea di controllo di tutti i transiti tra i territori di occupazione tedesca e italiana (Schipsi 2007, 418-421), quanto alla direttiva del Ministero degli esteri del 13 marzo, e quanto a un’eventuale accelerazione impressa da Mussolini dopo il colloquio del 17 marzo. Esso è così menzionato nei documenti da me reperiti.

In una comunicazione inviata il 26 marzo dal comando della 4a armata alle strutture dipendenti (qui sopra già richiamata) era scritto: “Essendo in corso di attuazione un servizio di sbarramento da parte germanica e da parte italiana lungo la linea di demarcazione, denominata linea “RODANO”, sarà possibile impedire che elementi di razza ebraica passino dalla zona di occupazione germanica a quella italiana. Frattanto, in attesa che detti servizi entrino in funzione, i comandi dipendenti consegneranno alle autorità germaniche, che ne facessero richiesta, quegli ebrei che a partire da oggi si trasferissero in territorio da noi occupato, dopo averne accertata la data di trasferimento” (AUSSME, 26 marzo 1943).

Una comunicazione diramata il 18 aprile dal comando della divisione di fanteria Legnano alle strutture dipendenti, che costituiva un inoltro di una comunicazione diramata dal comando della 4a armata in data non nota, precisava che “gli ebrei affluiti dopo il 26 marzo u.s. dovranno pure essere assegnati a residenza forzata sotto controllo italiano, in attesa di essere consegnati alle autorità tedesche o francesi che ne faranno richiesta” (AUSSME, 18 aprile 1943; anche Rodogno 2003, 473-474).

Il 5 aprile l’ispettore generale di polizia Lospinoso scrisse al capo della polizia: “Per quanto concerne l’evasione degli ebrei dalla zona occupata dai tedeschi nella zona occupata da noi, è stato stabilito un servizio di vigilanza lungo la linea di demarcazione del Rodano, ed è stato concluso un accordo secondo cui gli ebrei evasi dopo il 26 marzo u.s. sono passibili di arresto da parte della polizia francese e anche da parte nostra, e di traduzione al luogo di provenienza. Nel caso dell’arresto operato dalla polizia francese, ci siamo riservato il diritto di controllo mediante anche l’interrogatorio dell’arrestato, oltre che all’esame dei suoi documenti” (ACS, 5 aprile 1943).

Salvo mio errore, il testo dell’accordo non è stato reperito. E’ anche possibile che esso concernesse il controllo di tutti i transiti, e che quelli degli ebrei fossero genericamente compresi in tutte le “evasioni” dal territorio di occupazione tedesco.

Comunque, per quanto concerne l’Italia i termini dell’accordo sembrano sufficientemente chiari: 1) respingimento immediato degli “evasi” intercettati sulla linea di demarcazione, 2) consegna alle autorità tedesche, anche con l’intervento della polizia di Vichy, di quelli che si erano inoltrati nel territorio di occupazione italiana.

Il primo punto costituiva l’applicazione di quanto prospettato genericamente a fine dicembre e poi disposto formalmente in quello stesso mese di marzo. Il secondo punto era logicamente connesso al primo, ma dai documenti qui citati risulta che le autorità militari e di polizia italiane stabilirono – si direbbe in modo autonomo e senza darne reale informazione agli altri contraenti – delle procedure che ne rendevano assai difficile (ma non impossibile) l’effettiva applicazione: l’accertamento della data del passaggio (che, in quanto clandestino, lasciava ben poche tracce) e la necessità di una richiesta nominativa per la consegna.

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Come accennato, all’inizio del 1943 il governo tedesco e quello italiano concordarono il rientro in Italia di tutti gli ebrei di cittadinanza italiana da tutti i territori controllati dal Terzo Reich; l’accordo concerneva anche i territori francesi (Sarfatti 2012, 259-262; Sarfatti 2007, 196-197).

Il 10 luglio 1943 l’ispettore generale di polizia Lospinoso telegrafò al capo della polizia che due ufficiali della polizia tedesca di Marsiglia gli avevano chiesto la “consegna da parte nostra degli ebrei tedeschi che si trovano nella zona occupata nostre truppe”, “ciò per reciprocità dato che ebrei italiani residenti in zona occupata dai tedeschi vengono come è noto dai tedeschi consegnati a nostre autorità per rimpatrio” (ACS, 10 luglio 1943). Il 15 luglio il capo della polizia Renzo Chierici rispose: “Vogliate aderire richieste Polizia tedesca per consegna ebrei tedeschi” (ACS, 15 luglio 1943).

La “reciprocità” invocata da parte tedesca era pienamente logica rispetto alla posizione sempre sostenuta da parte italiana; comunque la decisione italiana di procedere alla consegna modificò il senso complessivo della politica sino ad allora seguita (di là dall’accordo del 26 marzo). La richiesta tedesca e l’ordine del capo della polizia non prendevano in considerazione la data di arrivo degli ebrei tedeschi in Francia o nello specifico territorio di occupazione italiana.

Data la complessa storia del trattamento degli ebrei non italiani in tutti i territori occupati dall’Italia, e dato l’intervento personale di Mussolini del 19 marzo relativamente a quelli francesi, è difficile ipotizzare che il capo della polizia abbia deciso da solo, senza chiedere il consenso – anche generico – del sottosegretario all’Interno Umberto Albini e soprattutto del ministro Mussolini.

I cambiamenti verificatisi in Italia il 25 luglio ebbero riflessi su molti aspetti della questione qui esaminata (e provocarono l’annullamento di fatto dell’ordine di consegna del 15 luglio; Sarfatti 1998). Anche questa ricostruzione delle disposizioni di carattere generale dell’Italia fascista sugli ebrei nella Francia occupata deve quindi concludersi con quella data.

Ringrazio Luca Fenoglio per avermi gentilmente segnalato la notizia relativa al 3 dicembre 1942, che mi era sfuggita.


Riferimenti bibliografici e archivistici

ACDJC, 4 dicembre 1942 – Archives Centre de Documentation Juive Contemporaine, CXXVIa-16, Oberkommando Wehrmacht a Reichsführer SS, comandante Wehrmacht ovest, Ministero degli esteri, 4 dicembre 1942.

ACS, dicembre 1942 – Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Massime (1880-1956), b. 110, fasc. 16, sfasc. 1, ins. 46, Ministero degli affari esteri – A.G.4, Appunto, senza data [ma successivo di pochi giorni all’8 dicembre 1942], con annotato: “Segreto”.

ACS, 12 dicembre 1942 – Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Massime (1880-1956), b. 63, fasc. 60, sfasc. 21, Comando supremo a Ministero affari esteri-Gabinetto e Ministero dell’interno-Direzione generale pubblica sicurezza, 12 dicembre 1942, n. 4200/Segreto.

ACS, 19 dicembre 1942 – Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Massime (1880-1956), b. 110, fasc. 16, sfasc. 1, ins. 46, capo gabinetto Ministero degli affari esteri a Ambasciata Berlino, 19 dicembre 1942, telegramma n. 43770 P.R.

ACS, 22 dicembre 1942 – Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Massime (1880-1956), b. 110, fasc. 16, sfasc. 1, ins. 46, capo gabinetto Ministero degli affari esteri a rappresentante Ministero affari esteri presso Comando 4a armata e vari altri destinatari, tra cui Comando supremo-S.I.M. e Ministero dell’interno-Direzione generale della pubblica sicurezza, 22 dicembre 1942, telespresso n. 34/R./12579.

ACS, 29 dicembre 1942 – Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, 1943, b. 22, fasc. Razzismo I, sfasc. Francia, Ministero degli affari esteri a rappresentante del Ministero presso il comando della 4a armata e per conoscenza al Comando supremo e altri indirizzi, 29 dicembre 1942.

ACS, 2 gennaio 1943 – Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, 1943, b. 22, fasc. Razzismo I, sfasc. Francia, Ministero degli affari esteri a rappresentante del Ministero presso il comando della 4a armata e per conoscenza al Comando supremo e altri indirizzi, 2 gennaio 1943.

ACS, 13 marzo 1943 –Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Massime (1880-1956), b. 110, fasc. 16, sfasc. 1, ins. 46, Ministero degli affari esteri a Comando supremo, Ministero dell’interno, per conoscenza a rappresentante del Ministero presso il comando della 4a armata e altri indirizzi, 13 marzo 1943, telespresso n. 2315.

ACS, 28 aprile 1943 – Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Massime (1880-1956), b. 110, fasc. 16, sfasc. 1, ins. 46, ispettore generale di polizia Guido Lospinoso a capo della polizia, 28 aprile 1943.

ACS, 5 aprile 1943 – Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Massime (1880-1956), b. 248, fasc. 103, sfasc. 37, ispettore generale di polizia Guido Lospinoso a capo della polizia, 5 aprile 1943, con timbro “Visto dal Duce”.

ACS, 10 luglio 1943 – Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, gabinetto, ufficio cifra, telegrammi in arrivo, n. 16935, ispettore generale Lospinoso a capo della polizia, 10 luglio 1943.

ACS, 15 luglio 1943 – Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’interno, gabinetto, ufficio cifra, telegrammi in partenza, n. 45361, capo della polizia a ispettore generale Lospinoso, 15 luglio 1943.

ASMAE, 25 febbraio 1943 – Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri, Ministero affari esteri, Gabinetto 1922-1943, serie V, b. 15, fasc. AG Croazia 35, Ambasciata di Germania a Roma, Appunto, 25 febbraio 1943, copia.

ASMAE, 9 marzo 1943 – Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri, Ministero affari esteri, Gabinetto 1922-1943, serie V, b. 15, fasc. AG Croazia 35, Ministero degli affari esteri, Appunto, 9 marzo 1943, copia.

ASMAE. 24 marzo 1943 – Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri, Ministero affari esteri, Consolato Salonicco, b. 84, fasc. Misure razziali, Comando supremo a Supergrecia, Superegeo, Superalba, Governatorato Montenegro, Supersloda, per conoscenza Ministero degli affari esteri, 24 marzo 1943, n. 1274/AG, copia, allegato a Ambasciata d’Italia ad Atene a Consolato d’Italia a Salonicco, 18 maggio 1943.

AUSSME, 28 dicembre 1942 – Archivio Ufficio storico dello stato maggiore dell’esercito, DS SMRE, 2079-45, Comando supremo a comando 4a armata e comando 5a armata, 28 dicembre 1942.

AUSSME, [30] dicembre 1942 – Archivio Ufficio storico Stato maggiore dell’esercito, L3, b. 59, fasc. 13 (anche racc. 2119/1/2), Comando 4a armata a strutture dipendenti, [30] dicembre 1942, n. 4849/I, inoltro di trascrizione, fotocopia.

AUSSME, 22 febbraio 1943 – Archivio Ufficio storico Stato maggiore dell’esercito, L3, b. 59, fasc. 13 (anche racc. 1127, all. 56), Comando 4a armata a Superesercito e per conoscenza Comando supremo, 22 febbraio 1943, fotocopia.

AUSSME, 1 marzo 1943 – Archivio Ufficio storico Stato maggiore dell’esercito, L3, b. 59, fasc. 13 (anche racc. 1218, n. 4), Comando supremo a Comando 4a armata, 1 marzo 1943, fotocopia.

AUSSME, 26 marzo 1943 – Archivio Ufficio storico Stato maggiore dell’esercito, M3, b. 476, fasc. 3131 Circolari, Comando 4a armata a destinatari non menzionati, 26 marzo 1943.

AUSSME, 18 aprile 1943 – Archivio Ufficio storico Stato maggiore dell’esercito, M3, b. 476, fasc. 3131 Circolari, Comando divisione fanteria Legano a comandi dipendenti, 18 aprile 1943.

AYV, 19 marzo 1943 – Archivio Yad Vashem, O31/4-4, Benito Mussolini a generale Vercellino [comandante della 4a armata] e a CIAF, n. 9577/PR del Ministero degli affari esteri-Gabinetto, copia dattiloscritta con la scritta: “Allegato al foglio n. 1352 / Aff. Gen. in data 19.3.1943-XXI” (probabilmente apposta dal Comando supremo), fotocopia.

AYV, 3 aprile 1943 – Archivio Yad Vashem, O31/4-4, Comando supremo, Promemoria, 3 aprile 1943-XXI, dattiloscritto di sei pagine, fotocopia.

Carpi 1994 – Daniel Carpi, Between Mussolini and Hitler. The Jews and the Italian Authorities in France and Tunisia, Brandeis University Press, Hanover e London 1994.

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Diario VIII-II – Diario storico del Comando supremo, v. VIII (1.9.1942-31.12.1942), tomo II (Allegati), a cura di Antonello Biagini e Fernando Frattolillo, Stato maggiore esercito-Ufficio storico, Roma 1999.

Diario IX-II – Diario storico del Comando supremo, v. IX (1.1.1943-30.4.1943), tomo II (Allegati), a cura di Antonello Biagini e Fernando Frattolillo, Stato maggiore esercito-Ufficio storico, Roma 2002.

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Rodogno 2003 – Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa (1940-1943), Bollati Boringhieri, Torino 2003.

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