“Il perché del mio vivere”. Gianfranco Sarfatti per il 25 aprile



Gianfranco Sarfatti nacque a Firenze il 12 aprile 1922 da Gualtiero (1878-1953) ed Eloisa Levi (1883-1978), fratello minore di Giorgio (1916-2005) e Giacomino (1920-1985). Era ebreo.

Nel settembre 1938 fu espulso dalla scuola. Frequentò i corsi organizzati dalla Comunità israelitica e si diplomò da privatista. Fu escluso dal servizio militare e dall’università. Nel 1942 fu assoggettato al lavoro obbligatorio. Nell’ottobre 1942 iniziò un corso di marconista.

Lesse e annotò testi di filosofia e altri saggi. In un appunto di fine 1942 si dichiarò comunista.

Nel frattempo era rimasto l’unico figlio in casa: Giacomino e Giorgio erano emigrati rispettivamente in Inghilterra (1938) e Palestina (1939).

Dopo il 25 luglio 1943 fu uno dei principali animatori del Comitato studentesco dell’università di Firenze [vedi il testo Atto di fede dell’8 agosto 1943].

Sopraggiunto l’8 settembre, restò in clandestinità a Firenze, si iscrisse con altri del suo gruppo al Partito comunista, partecipò alla Resistenza in città (diffusione di stampa clandestina e recupero di armi e generi vari per i partigiani in montagna).

Nel frattempo iniziò a occuparsi della fuga clandestina in Svizzera dei genitori, nascosti fuori Firenze [vedi la lettera ai genitori del 6 febbraio 1944].

Sfuggito all’arresto il 24 febbraio, fu invitato dal partito ad abbandonare la città, ove la sua presenza era divenuta pericolosa per lui e per gli altri. Si inserì nella fuga progettata per i genitori e il 5 aprile i tre entrarono clandestinamente in Svizzera. Furono accompagnati fino a Varese dall’amica partigiana Tina Lorenzoni [menzionata nella lettera del 6 febbraio], poi caduta nella liberazione di Firenze.

In Svizzera riprese i contatti col Partito comunista. Si iscrisse all’università di Losanna.

Nell’estate 1944 il partito organizzò il rientro clandestino in Italia (Valle d’Aosta) suo e di altri militanti con capacità direttive. Lui abbandonò il campo di lavoro per internati di Bretaye [vedi la lettera ai genitori del 13-14 agosto 1944] e il 17 agosto – con altri – valicò le Alpi. Raggiunta Cogne, in quel momento zona libera partigiana, fu aggregato al locale distaccamento garibaldino e svolse attività di educazione politica e di pattugliamento; collaborò al giornale “L’Appello” [vedi le lettere ai genitori del 1° e del 25 settembre 1944]. Assunse il nome partigiano di Gaddo, emulando il Gad assunto in Palestina dal fratello Giorgio.

Alla fine di settembre fu nominato commissario politico della piccola formazione Emilio Lexert, nella zona di Fenis. In novembre la banda si spostò in alto, alla Morgnetta, sopra Fenis.

Il 21 febbraio 1945 truppe tedesche ben guidate assaltarono il luogo uccidendo i partigiani Aquila, Dottore, Maria, Mirko e Gaddo [Vedi la lettera del Partito comunista torinese a quello fiorentino del 7 giugno 1945]. Il diario che teneva è andato distrutto. I sedici partigiani salvatisi costituirono con altri gruppi della zona la 183° bis Brigata d’Assalto Garibaldi Emilio Lexert. Il loro (e nostro) 25 aprile è anche frutto suo.

Nota bibliografica

I documenti originali sono conservati dalla Famiglia Sarfatti.

Giovanni Verni, Il “Fronte della Gioventù” a Firenze durante la Resistenza, in “La Resistenza in Toscana. Atti e studi dell’istituto Storico della Resistenza in Toscana”, n. 8 (1970), pp. 22-103 [sul periodo a Firenze].

Michele Sarfatti, Gaddo e gli altri ‘svizzeri’. Storie della Resistenza in Valle d’Aosta, Istituto Storico della Resistenza in Valle d’Aosta, Aosta 1981 [sul periodo in Valle d’Aosta].

Aldo Braibanti, Lettera a Gianfranco Sarfatti, in Carlo Coccioli e Alberto Predieri (a cura di), 11 agosto. Scritti di partigiani, Edizione dell'ufficio stampa del comitato regionale toscano della A.N.P.I., Firenze 1945, pp. 55-60.

Saverio Tutino, La ragazza scalza. Racconti della Resistenza, Einaudi, Torino 1975, pp. 45-60 [romanzato relativamente alla morte].


ATTO DI FEDE

Noi giovani abbiamo il dovere di credere nella vita.

Credere nella vita vuol dire credere in noi stessi.

Ma poiché la nostra personalità non può compiutamente svilupparsi se non mettendosi in relazione con le altre persone che ci circondano, cioè la nostra vita solo nella società può realizzarsi, noi dobbiamo avere fermissima fede che l'umanità a noi contemporanea, e in particolare quella porzione di essa con la quale siamo uniti con più diretti vincoli (alludo al popolo italiano), sia capace di imporsi un assetto politico-sociale tale che garantisca alla gran maggioranza dei suoi componenti un periodo di pace e di fecondo lavoro.

Questa deve essere ed è la nostra fede.

Gli scettici, gli sfiduciati, i pessimisti anche se moralmente possano essere giustificabili, dal punto di vista sociale sono elementi sterili, e come tali non vanno presi in considerazione alcuna.

Non solo, ma anche questo noi risolutamente crediamo: che per quanto grandiosi siano gli eventi nei quali siamo coinvolti; per quanto ineluttabile possa sembrare l'azione di quelle forze che regolano il corso della storia; pure, dato che tutto ciò non esiste, almeno da un certo punto di vista, se non in quanto rappresentazione del nostro Io, la nostra azione individuale, lungi dall'essere trascurabile ed insignificante, può avere importanza grandissima, se non addirittura decisiva, nella risoluzione degli attuali problemi sociali.

Inoltre bisogna tenere ben presente, che l'immensa tragedia che noi viviamo, potrà avere la sua legittima catarsi, non per l'intervento estrinseco di un qualunque deus ex machina, ma soltanto se noi stessi, nel nostro intimo, la sapremo comprendere nei suoi motivi razionali ed etici, e se non sapremo dirigere la nostra azione in conseguenza di quelli.

Mi pare dunque di poter concludere che chiunque oggi non sia approdato al punto morto dello scetticismo, o non si sia segregato in uno sterile egoismo, deve in qualche modo secondo le proprie forze, prendere parte attiva nel promuovere quella rinascita morale e politica del popolo italiano alla quale con la parola e con l'esempio, già ci incitano e sospingono tanti nobili animi di lavoratori e di maestri.

I destini del popolo italiano, di questa parte dell'umanità erede di una così fulgida tradizione, sono affidati alla rettitudine e al coraggio di ogni singolo cittadino: ognuno di noi, in ogni momento, deve sentirsi pienamente responsabile delle sciagure e della prosperità cui vada incontro l'Italia.

Voi mi direte: troppo grande responsabilità. Ma io ritengo che, soprattutto in questi momenti, nessuna responsabilità possa apparire troppo grande al buon cittadino.

[Firenze] 8 agosto [19]43


[Firenze] lunedì 6 febbraio [1944]

Carissimi,

ho ricevuto finalmente la risposta circa quell’affare che vi interessava [la fuga clandestina in Svizzera]. Risposta affermativa e in complesso soddisfacente: £ 25.000 ciascuno; garanzia che si tratti di una cosa seria, non di una speculazione passibile poi di trasformazione in un vero e proprio ricatto.

La persona che si occupa di tale cosa è un amico di Mario B. [Mario Baer??] e di Giuliano T. [Giuliano Treves?] che già avevo conosciuto; l’ho potuto riavvicinare mediante un’amica della Tina [Maria Assunta Lorenzoni]. Egli è certamente una persona seria, e è in questo giro d’affari “ufficialmente”, per così dire: ossia non se ne è occupato occasionalmente per noi. Per questo lato quindi mi pare di avere imboccato la via giusta.

Circa le condizioni più dettagliate e i mezzi impiegati, essi verranno esposti personalmente a uno di noi (fin’ora hanno fatto da intermediarie la T. e la sua amica) solo quando avremo accettato in linea di massima il prezzo. Bisogna dare questa prima risposta il più presto possibile, in ogni modo prima della fine della settimana. L’operazione avrebbe luogo nella prossima settimana.

Questo in breve è quanto ho potuto sapere e concludere fino ad ora. Vi esporrò adesso un po’ alla meglio cosa io pensi di tutto quest’affare.

Per quanto riguarda la mia persona io intenderei assolutamente di restare dove sono. Perché? Non per sentimentalismo e nemmeno per voluttà di martirio: semplicemente per non imboscarmi, per rimanere dove la sorte mi ha messo, per fare quel poco che mi è dato di fare, per non abbandonare a metà strada coloro coi quali sino ad ora sono stato. Ma del resto sono sicuro che voi, anche se dispiacenti e delusi, mi comprenderete perfettamente, come sempre, in ogni circostanza della mia vita, avete fatto; e che, facendo magari forza a voi stessi, non cercherete di dissuadermi dalla decisione presa. In ogni modo ne parleremo meglio a voce: per scritto si assume un tono magniloquente … e non si conclude nulla.

La posizione vostra è invece molto diversa per un mucchio di ragioni che, mi pare, è inutile vi esponga. Quanto a dare consigli, in queste circostanze è difficile e da troppo grande responsabilità. Comunque, a mio avviso, voi dovreste accettare. Naturalmente (scusate Pappà e Mammà carissimi se mi permetto di assumere questo tono con voi) vi incito a riflettere sul da farsi non solo con attenzione, ma con freddezza e lucidità massime; senza cioè dare troppa retta (stavo per dire “punta”) al sentimento, e senza lasciarsi trascinare dalla pigrizia o da quel senso di passiva rassegnazione cui talvolta possono cedere coloro che hanno molto e ingiustamente sofferto. Troppe volte in questi ultimi tempi si sono rimpiante decisioni non prese o iniziative poco avvedutamente posticipate! Troppe volte non abbiamo avuto l’energia di affrontare subito disagi e rischi relativamente piccoli, affine di evitare quei disagi e quei rischi assai più grandi che oggi ci minacciano! Dunque né salti nel vuoto, né fatalismo.

Ritornerò adesso nel campo pratico, logistico-organizzativo. Se la vostra risposta è positiva, potrebbe Pappà venire a Firenze al più presto (penso mercoldì mattina); oppure far pervenire la vostra risposta, sempre al più presto, in casa della Luisa E. In questo secondo caso continuerei io le trattative i risultati delle quali vi comunicherei poi o per lettera o a voce secondo le circostanze. Nel caso che Pappà venisse giù, dovrebbe naturalmente andare subito dalla Luisa dove verrei io a trovarlo. Eventualmente potreste venir giù tutti e due: ma la cosa sarebbe forse affrettata e prematura. Insomma, anche per questo, sta a voi decidere. E con queste parole mi pare di aver esaurito l’argomento, per cui posso passare a più futili e piccole cose.

Ho avuto con grande piacere le vostre buone notizie (questa non è una futile cosa) apprese dalla viva voce della Sig.ra Mary e dalla letterona che essa mi ha consegnato. Grazie anche delle uova, della funicella, etc.

Io sto sempre benissimo come salute, come vitto e come alloggio: per ora mi faccio fare il pane dall’Ottavia, ma quasi certamente presto avrò la tessera [annonaria].

Ho cercato invano le castagne secche, ormai finite con grande dolore di Paolo.

L’Aspirina è anch’essa quasi introvabile: fin’ora ne ho “accaparrate” due bustine da due pasticche l’una!

Non ho ancora fatto ricerche per il Nivens: speriamo bene.

Sono ormai diversi giorni che non vedo i Romoli: l’ultima volta che li vidi mi dissero che a Vill’Alta ci sarebbero stati messi dei profughi abruzzesi dato che gli attuali inquilini [ossia i Sarfatti] hanno a disposizione anche l’alloggio di Firenze. La cosa è però ancora vaga e forse evitabile.

Circa l’appartamento di Firenze siamo ancora in alto mare: ma intanto il tempo passa …

Il Dani è partito e per ora non si è rivisto, in modo che per ora almeno i “colloqui” sono sospesi: in seguito vedremo.

In ogni modo non mi mancano i libri che mi permettono di passare piacevolmente le ore nella mia cameretta.

L’Edera sarà presto a Firenze, almeno pare. Ringraziamenti e saluti da tutti quelli che hai ricordato nella tua lettera. Ieri dall’Ottavia mangiai un gigantesco piatto di pastasciutta e uno squisito fritto di coniglio e patate. Giovedì sono invitato a colazione da Paolina.

Adesso mi pare di aver proprio vuotato il sacco e di poter terminare questa lettera che è, io credo, la più tremendamente lunga e la più tremendamente seria che abbia mai scritto.

Mille bacioni dal vostro Gianfranco


Svizzera, 13 agosto [1944]

Pappà carissimo, Mammina carissima,

oggi ho fatto tutti i preparativi e ho presi tutti gli accordi: soltanto ora ho qualche momento di tranquillità prima che vengano altri due compagni coi quali passerò questa tranquilla notte di vigilia [del rientro clandestino in Italia].

Così non vi scrivo che due parole.

Sapete già che faccio quello che faccio non per capriccio o per spirito di avventura: il mio modo di vivere e il perché del mio vivere da molti mesi non cerca di essere che un tuffarsi nell’umanità partecipando alla sua vita, dura o lieta che sia.

Se non agissi così rinnegherei me stesso, rimarrei privo di guida, avvilito, annientato: e quindi rinnegherei anche voi stessi che mi avete dato vita e educazione.

Forse non poche volte vi sono parso incomprensivo verso le vostre ansie e i vostri tormenti; ma in realtà li comprendevo pur bene. Anche ora li comprendo e li vivo fino in fondo, ma non posso non seguitare per la mia via: che è la via che voi mi avete sempre insegnata. Pensate che mentre sembra che tutto il mondo crolli e che le rovine debbano sommergere tutto, i vostri figli, per vie diverse è vero, guardano al futuro e alla ricostruzione futura dando a questa tutte le loro forze.

Voi soffrite: ma milioni di genitori sono stati e sono tutt’ora in ansia; e questo non deve più essere.

E come io ho riconosciuto il vostro dolore nel dolore di tutti i padri e di tutte le madri sofferenti, voi dovete riconoscere i vostri figli in tutti i bambini e in tutti i giovani che sono nati in questo mondo travagliato.

Vi scongiuro di stare tranquilli il più possibile; di lottare contro la tristezza; di essere fiduciosi, ché sarà cosa breve; di controllare i vostri nervi; di curare il vostro fisico; di serbarvi a me e ai miei fratelli, ché il ritornare fra le vostre braccia sarà per me una delle più belle ricompense.

Adesso qualche dichiarazione (vi do la mia parola di uomo e di figlio che non mento né esagero):

1°) E’ un’organizzazione seria, non una ragazzata o un’organizzazione di scapestrati.

2°) Vado in una estesa regione completamente controllata dai nostri. Gente che vien di lì ha detto che il vitto è buono e sufficiente; l’alloggio è confortevole (si dorme generalmente su materassi); l’equipaggiamento è anch’esso buono. Insomma è qualche cosa di molto vicino a un esercito regolare: e se non sarò armato ed equipaggiato come un anglo-americano, sarò certo più aiutato e nutrito di quanto non lo siano stati i nostri soldati sulle Alpi o in Grecia.

3°) La questione razziale non mi porterà affatto pregiudizio.

4°) Almeno per ora prevale l’azione di preparazione e di addestramento specialmente per le reclute.

5°) Farò una parte del viaggio niente popò di meno che in autocarro. Ho saputo che uno malato di ulcera può seguire la dieta adatta.

Inoltre vado via con abbastanza roba: Michelino [Castelnuovo] mi ha dato sacco da montagna e dei buonissimi indumenti di lana: forse ho un po’ abusato ma non ho avuto scelta: andare senza sarebbe stato un po’ disastroso.

Vi potete mettere d’accordo con la Mimma [Castelnuovo] per ritirare la mia roba dal campo. Vi sono dei libri della biblioteca della Maison du Peuple da restituire.

Potete mediante sempre la Mimma e i ragazzi Fiorentino attualmente a Bretaye regolare la mia situazione scolastica facendovi rilasciare diplomi e certificati o roba del genere dalla Segreteria italiana e da quella Svizzera.

Questa lettera vi verrà consegnata presto: penso domani o domani l’altro: però attendete 4 o 5 giorni a renderla nota.

Mi pare non avere altro da scrivere; ho poi scritto questa lettera in due riprese ed ora è tardi.

Mille bacioni dal vostro Gianfranco

14 mattina

Ancora un abbraccio prima della partenza.

G

Scarica l'originale della lettera: Gianfranco-Sarfatti-13ago1944.pdf


[Cogne] 1 settembre [1944]

Carissimi, credevo poter avere vostre notizie ma invece per ora non mi è stato possibile: spero comunque fermamente che voi stiate bene.

Qui (e non lo dico per scherzo) niente di nuovo: per ora non ho avuto occasione di dare un tangibile contributo militare alla Liberazione.

Visto che siamo entrati in un periodo piovoso, abbiamo preso alloggio in una casa. Dormo in un lettino; il vitto è buono a base di pane, fontina, polenta e carne. In paese mi compro della frutta e qualche bicchiere di vino. Ho avuto modo di fare qualche bella gita in questi posti meravigliosi: non ho mai avuto una così bella tintarella!

Penso che anche voi, come tutti, sarete convinti che siamo oramai vicini alla risoluzione finale: e se ancora continuano devastazioni e sofferenze, pure abbiamo la certezza che non è lontano il giorno della ricostruzione positiva.

Adesso faccio punto perché sta per partire il “camioncino” con coloro cui devo consegnare questo foglietto. Dunque abbiate fiducia, coraggio e pazienza ché sarà cosa breve.

Capite bene che non posso dirvi altro sulla mia situazione, ma di una cosa siate sicuri: che non ho fatto che dirvi la verità.

Gianfranco


X [Cogne], 25 Sett[embre] [19]44

  Pappà e Mammà carissimi,

con infinito piacere ricevetti il vostro foglietto, giuntomi miracolosamente: proprio non mi andava giù di essere partito senza avere avuto un saluto da Mammà. Spero che già fino da ora siate in un luogo più caldo, dato che oramai i primi freddi non sono lontani.

Io sto benissimo: abbiamo avuto dei giorni piovosi ma non ha mai fatto freddo, e oggi c’è un sole meraviglioso. Sono tornato ieri col mio distaccamento qui in paese, dopo il nostro turno al “posto di blocco” e così, dato che là non avevamo radio, sono poco al corrente sulla situazione europea: mi pare però che le cose vadano benissimo e che le previsioni e le speranze di noi tutti vadano ad una ad una realizzandosi. Anche qui i Tedeschi sono assai demoralizzati e non sono poche le diserzioni: più testardi i repubblichini. L’altro giorno ho avuto il battesimo del fuoco in una azione terminata in modo soddisfacente per noi senza che nessuno dei nostri cadesse. Scendiamo giù qualche volta per prelevare dei viveri.

Nei giorni che passo in paese mi occupo della vita politica cittadina che lentamente va riprendendo. Naturalmente anche in questo campo non mancano le difficoltà, ma si può dire che di giorno in giorno la situazione migliori: dopo l’organizzazione degli ammassi, le commissioni di fabbrica e poi le giunte comunali. Fin dai primi giorni è uscito un giornaletto murale del quale sono attivo collaboratore. Nei distaccamenti si tratta di interessare i ragazzi alla vita pubblica e di rendere chiari a tutti le ragioni e gli scopi della nostra lotta. Io mi trovo molto bene e sono molto affiatato coi miei compagni. Nonostante abbia assistito coi miei occhi a scene di lutto e di dolore e nonostante non manchino anche nelle nostre file gli opportunisti e gli ambiziosi, pure la pazienza, la lealtà e l’entusiasmo di molti, anzi dei più, fanno sì che mi conservi ottimista sul valore di questa nostra vita. E sono sicuro che anche voi, sebbene i duri casi di questi ultimi anni, non potrete non condividere questa mia posizione. Inutile dire che non ho più avuto notizie dei miei fratelli: se potete mandatemene voi.

Circa il vestiario non ho eccessive preoccupazioni: nel caso, più che improbabile, che dovessi restare a lungo quassù, avrei modo di procurarmi indumenti di lana sufficienti.

Salutate da parte mia tutti gli amici.

Mille cose affettuose e a presto da G

Cara Mimma, ti prego far pervenire questa mia lettera ai miei genitori.

Ho saputo che mi avevi scritto ma purtroppo non ho ricevuto nulla: in ogni modo mille ringraziamenti. Ho poco altro da dire oltre quello che ho detto ai miei. Parliamo spesso degli amici comuni sperando di poter presto riprendere a lavorare insieme. Anche qui facciamo lunghe discussioni ma fortunatamente prevalgono quelle su problemi concreti e urgenti. Ci è stata di grande utilità la roba giuntaci l’ultima volta, ed anzi ce la contendiamo avidamente.

Spero che tu abbia finito il lavoro in campagna e che tu sia ritornata in città per i tuoi studi.

Di a tuo fratello che il suo sacco e la sua roba di lana mi sono di graditissima utilità, di nuovo mille ringraziamenti.

Termino perché devo consegnare la busta. Cordiali saluti da G


Federazione Torinese del Partito Comunista Italiano

Torino 7.6.1945

Alla Federazione Provinciale Fiorentina del P.C.I. - Firenze

Cari compagni,

In risposta alla vostra richiesta di notizie sul compagno Gianfranco Sarfatti, è con grande dolore che dobbiamo significarvi la Sua gloriosa morta avvenuta in combattimento a Fenis (Val d'Aosta) alla fine di febbraio.

Inviato in Italia dal P.C.I. in Svizzera come quadro politico, il 10 agosto 1944 era entrato nella formazione Garibaldina nella Valle del Cogne; compagno pieno di fede e di attività diede un apporto grandissimo al Movimento di resistenza.

Nel settembre dello scorso anno fu inviato dal P. nella valle di Fenis con l'incarico di commissario politico del 183° bis Brigata Garibaldi.

Amato dai suoi uomini coi quali condivise le durezze della vita di montagna; esempio per il suo comportamento, vero comunista in ogni sua azione; seppe morire da eroe.

Noi che lo conoscemmo e con lui vivemmo giorni indimenticabili, Vi preghiamo di porgere le nostre profonde condoglianze ai famigliari.

Gloria eterna ai nostri caduti.

 La Segreteria

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